ELIŠKA KAPLICKÝ FUCHSOVÁ - Assessore alla cultura e turismo di Praga
In un pomeriggio di primavera, un bellissimo incontro con Eliška Kaplický, assessore alla cultura e al turismo della città di Praga e fondatrice del Prague Film Fund, un ente di finanziamento di opere cinematografiche ceche ed internazionali. Donna di grande forza, ispirata da un profondo amore per la sua città natale e con un’intelligenza politica e umana che applica quotidianamente nel suo lavoro, Eliska Kaplický sta contribuendo a far crescere Praga a livelli ancora più alti nel panorama delle capitali culturali europee.
Essendo io stessa una creativa, mi piace mettere insieme le persone e creare le condizioni necessarie affinché la creatività possa crescere. È questo ciò che rende tutti felici. Che facciano una torta o cucinino, che progettino una nuova automobile o qualunque cosa creino con le proprie mani; che siano politici o ambasciatori che usano le proprie competenze per aiutare gli altri. È così che lasci qualcosa di costruttivo dietro di te: il tuo lavoro. Spesso si incontrano quelli che vengono considerati i migliori politici, ma poi, quando vanno via, non lasciano nulla dietro di sé. La vita è breve e certe volte bisogna fermarsi e guardare a ciò che si è fatto. È come avere una missione. Quando ho deciso di dedicarmi alla politica, l’ho fatto perché sentivo di avere una missione. E oggi sono felice di poter guardare ai miei ultimi quattro anni sapendo di averla realizzata; ce l’abbiamo fatta. Basta anche un successo, non abbiamo bisogno di molte cose. Si tratta di simboli. Come la Cappella degli Italiani, che era un vero peccato non poter vedere aperta, proprio su una delle strade principali del centro storico di Praga e con tutti i turisti italiani che visitano la città. Per me significa moltissimo che l’Ambasciatore Aldo Amati si sia impegnato nel suo restauro e nell’apertura al pubblico. Noi gli siamo stati accanto perché significava moltissimo poterla vedere aperta e attiva e mostrare al mondo intero uno spazio che appartiene all’Italia e che è una meraviglia.
Cosa sente di aver imparato dai suoi studi alla scuola di cinema? Dalle sue parole, percepisco che le piace molto il lavoro di squadra. Questo approccio deriva dalle sue esperienze sul set? Del resto, si tratta sempre di potersi fidare delle persone e poter contare sul loro impegno: il cinema, come la politica, non è mai un one-man-show.
Si tratta di incontrare le persone. Mio marito, che era un architetto, partiva avendo un’idea, una visione, ne faceva un disegno o un modellino, e poi contava su moltissime persone attorno a lui per realizzare il suo sogno e la sua visione. Forse era proprio questo che ci rendeva così uniti; come film producer infatti, devi fare la stessa cosa: oltre a trovare le risorse, devi mettere a fuoco la tua visione, la sceneggiatura (cosa che per me è sempre stata molto importante) e da lì trovi il modo di trattare gli argomenti che interessano le persone in quel momento storico. Sento che la vibrazione della società in genere, in questo momento, è piuttosto materialista e io credo che abbiamo bisogno di visione; cosa che non è misurabile in base al profitto o al successo. Come usava dire Vaclav Havel, la cosa più importante è credere nella propria idea e perseguirla, a prescindere dal risultato. Ed è proprio questa la mia spinta, quello che ho imparato dai film e dalla realizzazione di mostre ed eventi culturali. Adesso metto insieme le persone per trasformare la città. Se guardo dalla mia finestra, vedo la casa in cui è nato Franz Kafka. Prima era vuota, chiusa, in stato di abbandono. La prima cosa che ho fatto, quando sono arrivata qui, è stata la sua ricostruzione e la sua apertura. La mia visione era ed è che tutti gli scrittori che vogliano scrivere di Praga, possano risiedere lì, vivere lì e scrivere il loro libro. E noi potremo essere fieri del periodo che avranno trascorso a Praga, anche perché la casa porta con sé l’eredità vivente di Kafka.
Sempre dalla mia finestra, vedo un palazzo che sognavo diventasse accessibile al pubblico. Anni fa, organizzavano una sorta di carnevale italiano ma la qualità era scarsa; io volevo fosse ai livelli di Venezia. Durante la Prague Fashion Week, finalmente abbiamo aperto il palazzo a party ed eventi, ma la strada per arrivare alla meta è stata lunga. Lo sforzo maggiore è stato proprio convincere un’istituzione come quella degli archivi della città di Praga, che fino ad allora aveva sede nel palazzo, della necessità di spostarsi altrove, fuori dal centro, affinché quel luogo potesse essere aperto al pubblico. È stato un grosso cambiamento per molte persone, anche piuttosto anziane, che lavoravano in pieno centro da anni; ma alla fine hanno capito.
Sostanzialmente credo sia importante rendere le cose possibili, tenendo a cuore le persone: è per loro che lavori; è una missione. Come film producer è lo stesso, non lavori solo per te stessa, ma per il pubblico e per il messaggio che vuoi dare. Di certo in questo mi hanno aiutato i miei studi e la mia formazione in ambito cinematografico, ma non si tratta neanche solo di lavoro, si tratta della mia vita. Io amo questa città, è qui che sono nata e cresciuta ed è per questo che voglio contribuire a renderla sempre migliore.
È di grande ispirazione sentirla parlare così. Non succede spesso.
Naturalmente l’aspetto della negoziazione esiste sempre; bisogna essere capaci di non scoprirsi troppo, specialmente quando si desidera realizzare un progetto specifico, perché altrimenti gli attori del gioco politico capiscono i tuoi punti deboli. È un lavoro di grande diplomazia da fare costantemente, come quello degli ambasciatori. Io sono nella stessa posizione e cerco di imparare continuamente dalle persone che incontro, per trarre il meglio da ognuno. Se c’è qualcosa di negativo – e mi creda, ce n’è parecchio – evito, ma nella maggior parte dei casi ci sono entrambi gli aspetti, buoni e cattivi.
I progetti non sono fatti solo di soldi; bisogna essere forti e umili allo stesso tempo. Se avessimo più donne in politica, sono convinta che le cose andrebbero meglio, perché ci sarebbe più empatia e comprensione reciproca e meno ego. A volte si perde, e va bene così; e va bene anche se si perde più di una volta e poi alla fine si vince: le cose arrivano al momento giusto; il tempo è una questione cruciale. Quando hai 4 anni per realizzare la tua visione e i tuoi obiettivi, non è un tempo molto lungo, specialmente se non hai un’idea molto chiara, un concept, e non hai regole da applicare o strumenti specifici; diventa tutto piuttosto difficile. Per questa ragione ho scritto un piano fino al 2021, grazie al quale tutti riusciamo a comprendere cosa vogliamo fare e cosa vogliamo da ciascuno. Abbiamo talmente tanti impiegati ed è molto importante spiegarsi con le persone e aprire loro gli occhi: molti vengono qui a chiedere soldi per alcuni progetti; io sono una specie di antenna nel raccogliere le proposte. Allora, se trovo un progetto interessante, cerco di farlo realizzare, anche perché stiamo cercando di migliorare l’offerta per attrarre una più alta qualità di turisti e viviamo lo stesso problema di quasi tutte le città europee.
Praga è piccola, come Venezia, e questa enormità di turisti rischia di distruggere la possibilità di vivere in città, cosa che potrebbe farci perdere la nostra cultura e la nostra identità, a causa dell’impatto forte esterno che subiamo. Allora rischiamo che nessuno voglia più vivere in una città così e si finisce per diventare una città morta. Quindi deve essere impegno di tutti prevenire il rischio, cercando anche di cambiare le leggi e aiutandoci l’un l’altro. Questo è un aspetto del lavoro che mi piace moltissimo perché significa proteggere il patrimonio culturale, mentre al tempo stesso si cerca di far crescere la città attraverso nuovi progetti architettonici.
Come riesce a far convivere questi due aspetti della città, secondo la sua missione? Perché qui c’è un patrimonio culturale enorme ma c’è anche così tanto nuovo che avanza. Come affronta questa situazione nella sua posizione?
Abbiamo di recente partecipato al MIPIM (market for financial investors in the architecture and property) presentando diversi nuovi progetti, tra cui quello di Piazza Venceslao e quello di Smichov, Praga 5, un nuovo distretto urbano, area in cui la nuova città sta sbocciando e dove abbiamo spazio per creare qualcosa di nuovo. Naturalmente però abbiamo bisogno di infrastrutture, poiché non è una zona esclusivamente commerciale o adibita ad uffici. Bisogna pensare alle persone che vivranno in quei luoghi. Credo che l’acquisizione più importante sia aver cambiato la relazione tra costruttori e città: un tempo i primi erano quelli che avevano soldi e potere senza necessità di confronto, mentre oggi abbiamo creato un’istituzione denominata “Institute of Planning” e uno splendido spazio chiamato CAMP (Centre for architecture and metropolitan planning) dove discutiamo i progetti con le persone che vivranno poi nei luoghi oggetto di pianificazione. Organizziamo tavole rotonde e mostre e ogni giorno c’è un qualche evento. È un bellissimo spazio espositivo con una caffetteria e una biblioteca, un luogo in cui le persone possono ricevere gratuitamente informazioni. Informazioni e comunicazione sono cruciali; il dialogo è fondamentale e credo di poter dire che, dopo tanti anni, finalmente siamo riusciti a creare un dialogo di confronto tra i costruttori e la città. Si tratta di superare lo stigma per cui i costruttori sarebbero sempre proni alla corruzione. Naturalmente bisogna creare discussione e confronto, deve essere un rapporto basato sulla fiducia. La nostra intenzione è aprirci sempre di più ai concorsi internazionali di architettura, che siano sempre più trasparenti e sempre più aperti ad architetti rinomati in Europa e nel mondo; a quel punto avremo risultati ancora migliori.
Il primo concorso di architettura fu indetto nel 2006 per la Biblioteca Nazionale, dopo la rivoluzione del 1989, e fu un fallimento. La città ha fatto degli errori in quella circostanza e fu una grossa occasione di crescita per tutti: per gli architetti, per i politici e per la gente. Abbiamo avuto l’opportunità di aprire gli occhi e capire da questo grande sbaglio; e oggi si fanno sempre più concorsi internazionali. Io ne sono felicissima perché oggi abbiamo tanti architetti noti a livello internazionale, che vengono qui e ristrutturano i nostri edifici per renderli più funzionali, più ecologici e anche più belli. Per fare un esempio, per il Centro Congressi, abbiamo scelto architetti che renderanno lo spazio più accessibile, più funzionale alle esigenze delle persone, più bello. E io penso che non si debba restare chiusi nel nostro piccolo mondo della Repubblica Ceca: dobbiamo aprirci di nuovo, come eravamo prima. Basta guardarsi intorno per notare quanti architetti italiani, ad esempio, abbiano realizzato progetti qui; quindi non si tratta di nulla di nuovo, ma vanno creati dei parametri e delle regole: è solo così che riusciremo a fare progressi.
Se la priorità è preservare il nostro patrimonio, dobbiamo anche creare leggi e regole per la vita in città. Nella città in cui si vive, ci sono cose che non si fanno, ma quando si è turisti, è facile che ci si lasci un po’ andare e ci si comporti in modo non appropriato. Magari un turista a Roma prende al volo un pezzo di pizza e lo mangia seduto su un monumento.
È per questo che bisogna che tutte le città insieme trovino il modo di affrontare la questione, specialmente quando si tratta di turismo di massa. Quindi, per quanto possa sembrare assurdo dover creare delle regole specifiche su temi che sembrerebbero potersi fondare semplicemente sul buon senso comune, in realtà è qualcosa che bisogna fare. Sono certa, tuttavia, che se ci lavoriamo tutti insieme, con le altre città europei, si potranno fare grandi progressi nel prossimo futuro.
Quale reputa sia stato il suo più grande successo, in termini di soddisfazione personale, da quanto ricopre questo ruolo?
Penso proprio aver aperto i luoghi che prima erano chiusi al pubblico: aver creato nuovi spazi che ora sono aperti agli abitanti della città e ai turisti. Mostrare la nostra identità, la nostra cultura. Per me è stato semplice, come con la casa di Kafka: mi sembrava incredibile che certi luoghi non fossero accessibili. E infatti è stato subito un successo, sostenuto da tutti, nessuno che si sia opposto. Un altro esempio è lo spazio lungo il fiume, vicino alla casa danzante, dove tanti cittadini praghesi e turisti si ritrovano nei weekend: il mio primo incontro relativo a quella zona, è stato sul tema “bagni”, ma non si trattava di normali bagni pubblici. La presentazione dell’architetto mi ha lasciato subito a bocca aperta: bagni ecologici e anche belli! Così ho portato immediatamente avanti la proposta; sa, io non sono il Sindaco, quindi non posso prendere certe decisioni, ma sicuramente posso parlarne. Quindi la sintesi è che, se vogliamo una qualità più alta di turisti, bisogna che ci prepariamo ad accoglierla. Adesso, per la primavera, stiamo preparando tutta l’area con la piscina accanto al fiume, una caffetteria, ovviamente dei bellissimi bagni. Sono stata molto felice della proposta dell’architetto e anche il Sindaco l’ha accolta con grande interesse. Come tutte le città europee in cui le estati stanno diventando sempre più calde, anche a Praga la gente vorrà trascorrere il tempo vicino al fiume, e noi dobbiamo trasformare gli spazi in luoghi piacevoli in cui vivere. Dobbiamo valorizzare i parchi e il fiume, trasformare i luoghi, aprirli, renderli accessibili e io sono stata fortunata ad avere una squadra capace di rendere tutto questo possibile.
Un’altra mia conquista, realizzata naturalmente con l’aiuto di molte altre persone, è stata la creazione del Prague Film Fund. Una delle ragioni del successo di questo progetto è proprio la serie di benefici che porta alla città di Praga.
Ma non sempre tutto avviene in modo così fluido. Proprio oggi, ad esempio, abbiamo deciso finalmente per l’installazione di una scultura di Federico Diaz, artista ceco-argentino, e il concorso era stato vinto da lui dieci anni fa per Praga 7, vicino allo stadio Sparta. Oggi finalmente, dopo non pochi sforzi, abbiamo dato il via libera all’installazione e ne sono molto felice perché si tratta di un’opera d’arte che rimarrà per sempre e trasformerà un altro spazio, aprendolo all’interesse del pubblico.
Qual è il suo prossimo sogno da realizzare?
Sono già molto grata dello stato attuale delle cose.
Con il documentario “Eye Over Prague” (2010) ha vinto diversi premi. Si tratta di un bellissimo tribute a suo marito, l’architetto di fama mondiale Jan Kaplický, scomparso nel 2009. Ci racconti di più su questo film.
Lo scorso anno sono stata a Modena per l’inaugurazione di una strada intestata a mio marito e sono rimasta veramente impressionata dal messaggio eterno che vive ancora nel film e da quanto possa dirci sulla necessità di imparare dagli errori del passato. Adesso mi è tutto molto più chiaro.
La prima parte si concentra sul progetto della Biblioteca di Praga, mentre la seconda si sofferma sul motivo per il quale, attorno all’argomento, si creò grande confusione. Da quando sono entrata in politica, capisco meglio come funzionano le cose e questo mi è servito anche per chiarirmi le idee in merito a quell’episodio specifico.
Il film racconta di fatti reali e ne sono fiera, perché questa è una storia che riguarda il nostro paese dividendolo in due fazioni: da una parte chi detestava il progetto e dall’altra chi lo amava. Il problema è che, ancora oggi, siamo allo stesso punto in cui eravamo dieci anni fa, e questo mi addolora e mi dà malinconia: di certo non mi trasmette sensazioni positive.
Ho fatto anche un altro film su come alcune opere d’arte ceche siano state trasferite presso un museo giapponese, nell’ambito di un gemellaggio; anche questo fatto ha creato un grosso dibattito; tuttavia, nella mia qualità di producer, sono molto felice di aver potuto realizzare la pellicola, che presto sarà distribuita e trasmessa anche dalla TV ceca.
Un’altra grande gioia per me è stato il Museo Enzo Ferrari di Modena, alla cui inaugurazione ho partecipato personalmente: è la possibilità di trasmettere l’eredità di un eroe italiano, grazie al progetto realizzato da un architetto praghese, Jan Kaplický. Non riesco ad immaginare nessun altro edificio tanto intriso di senso di libertà!
Sarà per questo che amo andare in Italia tanto spesso: percepisco la comprensione e il rispetto per la creatività. Questo è qualcosa che i cechi devono ancora imparare dagli italiani.
(Intervista pubblicata sul Blog di CIAOPRAG, il 17 aprile 2018)
In copertina: Eliška Kaplický, immagine di Alžběta Jungrová