CIAO MAGAZINE

View Original

PAOLO GALLO - Responsabile delle Risorse Umane al World Economic Forum di Ginevra

Paolo Gallo è responsabile delle Risorse Umane al World Economic Forum a Ginevra ed autore de La Bussola del Successo, edito da Rizzoli. Nella sua carriera – presso la Banca Mondiale, Citigroup, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e all’International Finance Corporation di Washington – ha lavorato in 70 nazioni diverse e collaborato con ogni genere di organizzazioni. Speaker in eventi internazionali sulla leadership e lo sviluppo personale, è transformational coach per persone che vogliono cambiare la propria vita, non solo professionale. Scrive su Harvard Business Review Italia, su Forbes e sull’agenda del blog del WEF e collabora con l’Università Bocconi e la Ashridge Business School in Gran Bretagna.

Ginevra

Dott. Gallo, la sua vasta esperienza lavorativa spazia – per citarne alcune – dalle banche d’investimenti alle risorse umane, alla Banca Mondiale e infine al World Economic Forum, dove attualmente si occupa di implementare ‘strategie per il capitale umano’. Cosa hanno significato, per lei, questi diversi passaggi di carriera?

Ho sempre avuto il desiderio di imparare e di confrontarmi con realtà diverse, giocando sempre “fuori casa”. Lavoro all’estero da 25 anni: Stati Uniti, Inghilterra e Svizzera. Questo desiderio non mi è mai mancato, neanche dopo quasi trent’anni di carriera. Mi affascina sia risolvere problemi contestuali e relazionali che concettualizzare, e poi implementare, soluzioni sistemiche, come ad esempio disegnare programmi di formazione manageriale, per far acquisire competenze e comportamenti specifici.

La missione del World Economic Forum è di coinvolgere i vari leader mondiali affinché si raggiungano scopi comuni, volti a promuovere progetti che abbiano un impatto positivo sulla società. Come identifica il suo ruolo nell’organizzazione, tenendo conto di questa missione?

Dico sempre che, sia alla Banca Mondiale che al World Economic Forum, assumo “missionari, non mercenari”; persone che sono guidate da un profondo senso di “mission purpose”, motivate non solo da fattori economici. In altre parole, le competenze sono necessarie ma non sufficienti: conta anche il cuore, quello in cui si crede.

Lei ha lavorato in più di 70 paesi. Qual è quello che più l’ha colpita, dal punto di vista dell’etica del lavoro, e cosa ha tratto da questa esperienza di continuo contatto con realtà culturali diverse?

Credo di essere fortunato ad aver lavorato in tantissimi paesi: ho imparato molto da ogni esperienza. Sicuramente, ci sono paesi che amo in maniera particolare come il Brasile, l’Etiopia, il Marocco, la Cambogia, il Giappone ma il punto è un altro. Nei paesi più poveri – ed ho lavorato in molti di questi, come ad esempio nello Zimbabwe – la gente non vuole carità, ma opportunità e rispetto. Certo, tra un paese e l’altro si notano facilmente grandi differenze – si pensi al cibo, alla musica, alle tradizioni, alla religione – ma abbiamo tutti gli stessi valori: amore per la famiglia, senso del rispetto, dignità, voglia di crescere.

Cosa ha significato essere italiano nei vari, importanti contesti internazionali in cui ha lavorato? Ha incontrato discriminazioni o pregiudizi? O forse la sua nazionalità l’ha aiutata?

Se mi avessero dato un euro per ogni battuta ricevuta sull’essere italiano (“guarda, il mafioso!”), adesso guiderei una Ferrari. Certo, ci sono stati molti momenti che, soprattutto all’inizio della mia carriera, mi hanno fatto soffrire, ma essere italiano mi ha permesso di avere la creatività ed il senso dell’umorismo che ci contraddistinguono e che, credetemi, aiutano molto!

Emerge, dai suoi discorsi, un’immensa fiducia nei giovani. Che consigli può dare ai ragazzi italiani che escono dall’università dopo avere investito in anni di studio e non trovano un impiego nella propria patria? È sufficiente credere nei propri sogni?

Sognare sì, ma con realismo. Se fossi il Ministro dell’Istruzione, renderei obbligatoria una esperienza all’estero. Non per “scappare”, ma per imparare. Nel mio libro La Bussola del Successo, cerco di aiutare le persone a scoprire la loro passione e a trovare la loro strada. Insegno all’Università e nutro un enorme rispetto per i giovani e per gli sforzi che fanno ogni giorno, in un clima sempre più difficile. Quando mi laureai, ricevetti nove offerte di lavoro; adesso, forse, non ne riceverei neanche una.

Lei individua nel fallimento il meccanismo indispensabile alla crescita professionale e personale. Ma come reagire con positività quando i fallimenti non fanno che generare delusione e mancanza di fiducia in noi stessi?

Il fallimento non è l’opposto del successo ma, piuttosto, il processo per arrivarci. Quando si fallisce, non ci si deve sentire delusi ma porsi delle domande: cosa ho imparato? Quali opportunità vedo? Cosa posso fare, la prossima volta, di diverso?

Ci parli de “La Bussola del Successo”, il suo ultimo libro.

Innanzitutto, mai mi sarei aspettato che arrivasse alle quinta edizione, per essere poi tradotto in molte lingue. Ho ricevuto oltre duemila messaggi da persone che hanno letto il libro ed ho capito che sono riuscito ad aiutare molta gente, anche semplicemente a porsi le domande giuste. Il libro non fornisce risposte prefabbricate, né tantomeno sostiene che “se fai così diventi ricco”: quello lo lascio fare ai ciarlatani. La Bussola del Successo si basa su alcune domande: Come faccio a scoprire la mia passione? Che differenza c’è tra passione e talento? Come faccio a “capire” una organizzazione? Come faccio a conquistare fiducia? Di chi mi posso fidare? In questo viaggio, il lettore arriverà alle domande finali: Cosa vuol dire avere una carriera di successo? Cosa vuol dire rimanere liberi?

Quale è il consiglio che può dare a chi fosse intenzionato a seguire una carriera nelle risorse umane o nel ‘coaching’?

Sono due carriere diverse, che partono dal desiderio di aiutare le persone e le organizzazioni a funzionare meglio. Posso solo dire questo: se scegliete una carriera nelle Risorse Umane, preparatevi a momenti meravigliosi e ad altri spaventosamente difficili. Se avete fiducia in voi stessi e negli altri però, ne vale davvero la pena.

(Intervista pubblicata sul Volume 8 di CIAOPRAGA)