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ROMA - La città degli echi, delle illusioni e del desiderio

Oltraggiata, umiliata e offesa ma sempre bellissima. Eterna eleganza di Roma, “la città degli echi, delle illusioni e del desiderio”, così come la definì Giotto. Nel tardo pomeriggio di un giorno qualunque di primavera, il traffico scompare tra le vie del centro e si dilata in periferia; il sole tramonta e dipinge di avorio striato e rosa pesca le facciate delle abitazioni. Percorriamo in bici le rive del Tevere: Roma sembra innalzarsi ed emergere in tutto il suo splendore millenario. La città, capitale d’Italia e patrimonio dell’umanità, nonostante le immense difficoltà resta uno dei simboli del vecchio continente. All’inizio del terzo millennio la sua imponenza resta intatta, indelebile e allo stesso tempo fragile ma sempre con la forza della vecchia Roma caput mundi.

Cento volti, mille monumenti, immense piazze e fontane maestose, capaci di stregare e far innamorare. Come dimenticare la celebre scena del film La dolce vita in cui Anita Ekberg, alias Silvia, entra nella Fontana di Trevi e invita il suo Marcello (Mastroianni) a raggiungerla? “Marcello, come here!”. Come resistere a tanta bellezza e maestosità? Non si può. Non si deve resistere a un museo a cielo aperto, ad un salotto della bellezza. 

Erano gli anni Sessanta, Roma diventa il simbolo della Dolce Vita, del lusso e della stravaganza. Gregory Peck e Audrey Hepburn, a bordo della loro Vespa in Vacanze Romane, scrivono la storia facendo emergere una straordinaria città in bianco e nero. Palazzi e alberghi che custodiscono tradimenti e misteri. Una città divisa in tanti volti diversi. Un’importanza raccontata in tutti i libri di storia dell’arte, dipinta, scolpita da artisti e raccontata da poeti, viandanti e mercanti. La Roma delle leggende e dei sette Re, delle terrazze mozzafiato del Pincio e del Gianicolo, dei Musei Vaticani. Roma è capace di far convivere, in pochi metri, i palazzi severi dello Stato con i mercati storici e pittoreschi di Campo de’ Fiori, il barocco di Piazza San Pietro e l’eleganza del Rione Monti, su cui domina una straordinaria Chiesa della Santissima Trinità dei Monti, recentemente restaurata. Ma non solo.

Scena di un mercato romano

Improvvisamente, percorrendo in bici a testa bassa le rive dell’enorme serpentone d’acqua che taglia la città, ci accorgiamo che le persone aumentano. Residenti, turisti, curiosi? Chissà! Ciò che conta è solo una cosa: godersi Roma, baciata dal sole. Il tratto più bello per ammirare i monumenti è quello che dal Ponte Sublicio arriva a Ponte Milvio, lungo circa otto chilometri. Intanto le panchine un po’ trascurate si riempiono, forse per una tregua, forse per un po’ d’aria fresca, o forse, semplicemente, un motivo non c’è. Ed ecco che si vedono i tetti in cotto di Trastevere e, più in là, il campanile della chiesa di Santa Maria in Cosmedin, con la famosa Bocca della Verità.

Giunti nei pressi di Ponte Garibaldi, bastano altri due passi per arrivare a Campo de’ Fiori, piazza della statua di Giordano Bruno (arso vivo in questo luogo nel 1600), della movida notturna e del mercato del mattino. Un open space variegato e pittoresco che non ha tregua, che fermenta in qualsiasi ora del giorno e della notte. Ancora avanti, decisi e mirati, e si arriva al ponte Vittorio Emanuele II e poi a ponte Sant’Angelo. Fu voluto dall’imperatore Adriano per collegare il suo mausoleo con la riva sinistra del Tevere. Solo nel 1669 venne, però, arricchito con statue di angeli ideate dal Bernini.

Abbandoniamo la bici: lo spettacolo, adesso, deve essere visto a piedi. Camminiamo e ci appare una sorprendente Piazza del Popolo, dominata dalla sua Fontana dei Leoni. Villa Borghese ed il Pincio ci osservano dall’alto. Improvvisamente, arrivando da via del Corso e via dei Condotti, fulcro dell’alta moda e del lusso romano, la visuale si dipinge di rosa e fucsia in ogni loro variante. Le azalee dominano piazza di Spagna e creano uno scenario da cartolina. Turisti da ogni dove e ogni come che domandano, perché? Perché tanta bellezza?

La Barcaccia del Bernini, a Piazza di Spagna, e sullo sfondo la scalinata di Trinità dei Monti

Migliaia di foto scattate ogni minuto: non si può non immortalare un momento di pura poesia. A destra, una delle figlie del Bernini: la Fontana della Barcaccia, sfregiata, restaurata e poi ferita ancora, ma sempre riemersa con grande dignità al suo antico splendore. Ci perdiamo tra vicoli e ponti, fino ad arrivare a Fontana di Trevi ed ad immergerci nella leggenda: se si vuole tornare a Roma, obbligatorio lanciare una monetina nella fontana.

Sulla nostra strada ancora viuzze e vicoli che respirano arte e storia e poi, di colpo, Piazza Navona, che culla serena la sua Fontana dei Quattro Fiumi. Continuiamo, instancabili, la nostra passeggiata, fino ad arrivare al Re: l’imponente Colosseo ci appare, come un miraggio, da Via dei Fori Imperiali. Dopo tanta maestosità e poesia ci accorgiamo che è scesa la sera. Il buio travolge Roma, la avvolge, sembra quasi che la protegga come una madre gelosa fa con il proprio pargolo. Ancora più magia: le luci si accendono, le trattorie si affollano, il profumo di carbonara, di carciofi e pecorino sale e rapisce i nostri sensi. Improvvisamente, da un’osteria del centro il volume si alza e Antonella Ruggiero canta .. “Roma bella tu, le muse tue...”; un’auto interrompe l’atmosfera, suonando a un pedone distratto ... “asfalto lucido... Arrivederci Roma...”.

(Articolo pubblicato sul Volume 6 di CIAOPRAGA)

Una trattoria di Trastevere