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SYNDROME MAGAZINE - Perché le donne fanno ridere

Il senso dell’umorismo ha le proprietà di un liquido: si adatta a un contenitore, ne riflette i colori, spesso ne assorbe persino la temperatura. Rispecchia, in poche parole, non solo la società, ma la cultura, il paese, la lingua e, non ultimo, il genere sessuale.

La satira si nutre di senso dell’umorismo, ma lo utilizza come strumento per stimolare una reazione rispetto a un punto di vista istituzionale che si considera come debole o fallace. Tradizionalmente i giornali di satira hanno criticato i costumi, sono fioriti attorno al nocciolo duro della politica, hanno strapazzato le vicende storiche offrendone un volto diverso, spogliando gli stereotipi dall’ipocrisia e sfidando persino la censura.

Mettere in luce le carenze di certi comportamenti e le problematiche che ne derivano in modo che risultino assurde, persino divertenti, è un’arte potentissima: non solo consente di raggiungere le masse, ma spesso ne smuove le coscienze.

Il punto di vista, però, è rimasto per lungo tempo di appannaggio maschile, così come i settori a cui veniva applicato. Il linguaggio e lo humour si sono adeguati, infarciti di doppi sensi e: “Pardon, signora, non mi ero accorto che era presente”.

Fino a un pomeriggio del 2012. Una pagina di Facebook, in italiano, raccoglie battute e riflessioni comiche: un gruppo chiuso che però accetta utenti di ogni genere, a patto che siano divertenti. Le migliori battute sono selezionate e pubblicate online. In questo modo la satira ha una diffusione immediata. All’interno di questa palestra ci sono anche molte donne che utilizzano il luogo per esprimersi e sperimentare nuove forme di scrittura.

Tra di loro si crea internamente una sintonia virtuale accomunata da una consapevolezza: la risata unisce. Come e più che al fronte o in seguito a un’esperienza dolorosa, ridere agisce come un collante che crea coesione e solidarietà. Ma è immensamente più piacevole.

Non sono le prime ad accorgersene, in Italia. Il concetto di ironia aveva già mostrato una nuova versione al femminile grazie ad attrici come la Littizzetto o giornaliste come la Lucarelli, per menzionarne solo due tra le più celebri. La novità non è solo la donna che sa scherzare sulla realtà in cui è immersa, ma la sua capacità di osservarsi con un occhio esterno in modo autocritico e dialettico, facendo leva sui propri errori o difetti. La satira femminile, in questo senso, è uno strumento che funziona a 360°.

Come in ogni fase di grande fermento, la lingua evolve: prende di petto gli stereotipi maschili, ne scimmiotta il linguaggio, ride dei cliché. Soprattutto, sorprende.

L’obiettivo è strappare i laccetti a un’immagine di donna che soffoca come un corsetto di altri tempi, e che ha stufato non solo il pubblico femminile, ma i molti uomini che non sono più (o esclusivamente) arroccati all’ultimo trentennio di veline e soubrette.

Mancava ancora la forza del numero, una voce che fosse corale e non solo l’espressione di una visione individuale.

Si mette in piedi una palestra rosa all’interno di una pagina definita la “cucina”, un luogo conviviale che stimola la creatività e dove ci si può raccontare tra un bicchiere di vino e l’altro.

Dopo un anno le parole volano oltre le mura domestiche e sfondano i cavi di Internet: il gruppo finalmente si conosce di persona. È amore a prima vista, anzi, molto meglio: la percezione positiva di avere occhi che vedono, bocche che parlano e orecchie che ascoltano. Insieme.

Gli incontri si infittiscono, sempre all’insegna di cibo e aperitivi, e alla faccia delle calorie. In fondo il lavoro ha bisogno di essere sostenuto. Nasce Syndrome. L’idea è che alle donne è sempre attribuita una sindrome di qualche genere: pre-mestruale, post-partum, dell’astinenza sessuale.

Alla “sindrome” intesa come sentimentalismo, fragilità e incapacità di ragionamento la rivista propone una medicina perfetta: riderci su. Perché non sia più un pretesto di esclusione o sottomissione. Il motto è: "noi siamo la Syndrome, e siamo la cura".

Il progetto editoriale scaturisce dalla presenza nel gruppo di una donna con una storia speciale. Poetessa e giornalista iraniana, attivista politica, si espone in prima linea per raccontare la vita nel suo paese e il regime che lo affligge.

Le violenze subite e i ripetuti arresti non le impediscono di mantenere una voce ironica, spesso tagliente, nella consapevolezza del potere di resistenza della satira in quanto mezzo espressivo non convenzionale. Il giornale per cui collaborava è stato chiuso, tutta la redazione arrestata.

Dopo vari processi e condanne, ora è in attesa dell’ennesima sentenza e ai domiciliari con il divieto di pubblicare su qualsiasi social. Manda gli articoli per Syndrome con mezzi da spionaggio russo, sotto pseudonimo, ma con la sua foto senza il velo pubblicata sul sito.

Il pensiero è stato: quante donne ci sono nel mondo con questa forza? Questo coraggio? Questo desiderio di farsi ascoltare? La risposta si sta componendo di nuove collaboratrici ogni giorno. E di nuove lettrici.

Il progetto Syndrome, partito con battute di satira, è cresciuto prestissimo con una forte presenza sulle piattaforme social. Il formato grafico è rosa, anzi un fucsia più grintoso, con un taglio nero sullo sfondo che ricorda la tela di Fontana (o forse altro, chi lo sa).

Ma è dal 2016 che, finalmente, il progetto si configura nella sua interezza. Nasce Syndrome Magazine.

La rivista si compone di risorse multimediali e categorie di lettura: notizie fresche di giornata, rubriche femminili “rivisitate”, ma anche articoli estratti da blog di scrittrici internazionali con un occhio sul mondo.

La redazione è composita. Ci sono medici, giornaliste, avvocati, attrici, impiegate, casalinghe, mamme e single convinte. Mille professionalità e mille teste, donne di tutte le età e orientamento sessuale, in pensione, professioniste o studentesse. C’è un’anima fortissima, la fondatrice, che ispira e tiene insieme il gruppo, incita e guida, sgrida e tira bacchettate ma sempre con una pacca amorevole: Charlie Syns. Senza di lei, la montagna non si sarebbe smossa, Maometto starebbe ancora a casa sua.

In “cucina” si trascorrono le ore fino a notte fonda elaborando idee, condividendo spunti per articoli e battute, spesso accavallando gli orari di due professioni diverse.

“Mi piace avere la Syndrome, diffonderla, riconoscerla in altre persone (anche uomini!).” ha detto una delle scrittrici, interrogata sul senso del progetto. “Abbiamo bisogno di essere infettati da creatività, voglia di fare e di esprimersi. Per me la rivista rappresenta uno spazio di libera espressione, di incontro e di confronto. Una possibilità di costruire quel tipo di mondo in cui mi piacerebbe vivere.”

(Articolo pubblicato sul Volume 5 di CIAOPRAGA)