ARIELLA REGGIO - Da Giorgio Strehler a Woody Allen
Ariella Reggio è nata a Trieste il 6 settembre 1936. Dopo essersi diplomata al Liceo Classico, studia recitazione alla scuola Silvio D'Amico di Trieste. Entra poi a far parte della compagnia di prosa della RAI. Negli anni ’60 si trasferisce in Inghilterra, dove rimane per cinque anni e collabora con la BBC, conducendo trasmissioni culturali radiofoniche e televisive. Tornata in Italia, continua a lavorare come attrice teatrale in varie sedi, incluso il Piccolo Teatro di Milano di Giorgio Strehler ed il Teatro della Tosse di Genova. Inizia, inoltre, una lunga collaborazione col Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e partecipa a numerose operette al Teatro Verdi di Trieste. Nel 1976 è tra le fondatrici del "Teatro Popolare La Contrada", che ora ha sede a Trieste presso il Teatro Orazio Bobbio. In seguito collabora attivamente nella produzione della Contrada, in testi sia comici che drammatici, oltre che con il Teatro Stabile di Firenze, in “Ti ho sposato per allegria” e “Il compleanno”. Nel 1988 recita in televisione ne La Coscienza di Zeno, miniserie in due puntate con Johnny Dorelli e Ottavia Piccolo, diretta da Sandro Bolchi. Nel 2006 lavora al film “Il giorno più bello”. Nel 2008 è nel cast del film “Si può fare” e della miniserie TV “Rebecca, la prima moglie”. Nello stesso anno è nel cast della serie televisiva “Tutti pazzi per amore”. Nel 2010 recita in un episodio di “Boris” e nel 2011 partecipa alla miniserie TV “Atelier Fontana – Le sorelle della moda”. Nel 2012 è nel cast del film “To Rome with love”, diretto da Woody Allen. Nel 2014 le viene conferito, dai cronisti del Friuli Venezia Giulia, il premio San Giusto d’Oro. Nel 2016 entra a far parte del cast di “Calendar Girls”, commedia teatrale con Angela Finocchiaro, che sarà in tour fino al febbraio 2017.
Nata e cresciuta a Trieste, qui ha anche studiato recitazione. Pensa che questo contesto le sia stato d’aiuto nell’intraprendere la professione di attrice?
Certamente! Trieste è, ma soprattutto è stata, una città di confine con grandi cambiamenti storici, e questo influenza sicuramente la vita delle persone e la loro cultura. Inoltre, è sempre stata una città molto "teatrale", se così si può dire: probabilmente si tratta di un'eredità viennese! Ma credo che sia stato importante soprattutto il periodo storico, più che la città. Alla fine degli anni ‘50, quando finito il liceo mi sono iscritta alla scuola di recitazione, tutto era in "divenire" sì, ma tutto era fatto con grande serietà. I miei maestri erano davvero bravi (citerò fra tutti Francesco Macedonio), i colleghi capaci e generosi e, soprattutto, il lavoro dell'attore era rispettato. Aggiungerei anche un po' di talento da parte mia, nonché il fatto che la TV non imperversava in modo così violento e invadente.
Quanto, invece, le è stata utile l’esperienza maturata successivamente, in ambito internazionale?
Se per esperienza internazionale si intende il mio lungo soggiorno londinese negli anni ‘60 (ripeto: anni 60! Anni speciali), bene..., anche questa è stata un'esperienza fondamentale per la mia vita, di allora e di oggi! E siccome il lavoro dell'attore si nutre soprattutto di vita, credo che mi abbia dato moltissimo. È vero che ho lavorato alla BBC, e ciò mi ha gratificata, ma la cosa più importante è stata conoscere e ammirare il teatro inglese, nutrirsi di quei talenti meravigliosi che continuo ad ammirare tantissimo. Quanto sono bravi! Sanno recitare con semplicità ed interiorità.
Nel 1976 è stata tra le fondatrici del "Teatro Popolare La Contrada”. A distanza di quarant’anni, quanto è cambiato il teatro italiano?
In questi quarant’anni il teatro è cambiato tantissimo. Quello italiano in peggio, e mi dispiace dirlo. Attori giovani e bravissimi non hanno lavoro, mentre dei "mostri" televisivi, che non sanno nemmeno parlare, riempiono palcoscenici e platee. Poi il pubblico capisce e giudica, ma prima accorre al nome televisivo. I teatri stabili pubblici non fanno il lavoro che dovrebbero, o almeno non tutti, cioè promuovere il nuovo e non solo “fare cassetta”, come i privati.
Nel 2012 ha lavorato con Woody Allen in “To Rome with Love”. Com’è stata questa esperienza?
Woody? (Lasciate che lo chiami così!): lavorare con lui è stata un’esperienza entusiasmante e inaspettata. Essere stata scelta, assieme ad altri, tra centinaia di provini fatti che, pare, lui abbia visionato personalmente, è stata già di per sé una grande soddisfazione...anzi, quasi svenivo!
Pensi che l'avevo visto suonare in un pub di New York, più di quarant’anni fa, e mai nella vita avrei pensato di poter avere una simile fortuna. Insomma, tutto può accadere!
Il film, dicono i critici, non era tra i suoi migliori, ma a me non importa. Sono stata diretta da un mito, per di più gentile, simpatico, ironico: proprio come ti aspetti che Woody Allen sia. Che meraviglia! Esperienza, purtroppo per me, unica, ma ne godo ancora e ne conservo gelosamente il ricordo. E Penelope Cruz, poi: anche lei deliziosa! Persone speciali, ma senza nessuna prosopopea, nessun accenno di spocchia.
La sua è una carriera a 360 gradi. Preferisce il teatro, il cinema o la televisione?
Preferisco, senza dubbio, il teatro, anche perché credo che da lì parta e sia partito tutto. Infatti gli attori cinematografici stranieri fanno tutti teatro. In Italia, invece, non è così. Al contrario, parecchi registi cinematografici non ci vanno neppure, a teatro! Non ne sanno nulla (quelli di oggi, perché se penso a Luchino Visconti o a De Sica, ovviamente il discorso cambia). Dicono che recitiamo troppo. Può darsi… Comunque mi piacerebbe poter conoscere meglio la macchina da presa. Grazie a Maremetraggio, ad esempio, e ad una telefonata di Maddalena Mayneri, che all’epoca conoscevo appena, ho girato da protagonista un corto: “Per Agnese”, diretto da Massimo Cappelli e con la partecipazione di Ricky Tognazzi: secondo me, un gioiellino! Dopodiché ho avuto pochissime altre occasioni di interpretare dei personaggi, piccoli o grandi che siano: perché per me l’importante sono i personaggi, non il numero di pose. In quanto alla televisione il lavoro è diverso, di solito più a "catena di montaggio", ma ti da una popolarità tale che continuerei a farla volentieri! La fiction “Tutti pazzi per amore” mi ha fatto conoscere da moltissima gente, soprattutto giovani, quindi ben venga! Ogni mezzo per comunicare va bene, purché sia fatto con professionalità ed onestà.
E riguardo ai ruoli: comici o drammatici?
Anche per i ruoli posso dire la stessa cosa: l’importante è quello che dici e come lo dici. Certo, la risata del pubblico ti gratifica subito e far ridere davvero è difficile, ma nei ruoli impegnativi e drammatici gratifichi di più te stesso, però comunicare emozioni forti è come vincere una grande sfida. Penso, comunque, che un attore debba fare di tutto, possibilmente bene e soprattutto con serietà professionale. Basta vedere, ad esempio, come lavorano attrici inglesi come Maggie Smith, Vanessa Redgrave, Judy Dench: i miei miti!
Sogni nel cassetto?
Sogni? Da giovane ne avevo tanti. Alcuni sono riuscita ad esaudirli (avere un mio teatro, o lavorare con Strehler ad esempio), altri, invece, no (lavorare con Peter Brook), ma ora, alla mia età, chiedo solo alla vita di permettermi di lavorare a lungo, perché il teatro mi piace e mi rende felice. È uno dei pochi mestieri in cui puoi dare e ricevere fino alla fine dei tuoi giorni, senza sentirti vecchio, o meglio, senza farti pesare la vecchiaia che comunque, se sei fortunato, arriva.
(Intervista pubblicata sul Volume 3 di CIAOPRAGA)