LUCA VULLO - Ambasciatore della gestualità italiana e voce degli emigranti
Luca Vullo è uno scrittore, regista e produttore che ha realizzato potenti documentari, riconosciuti a livello internazionale. Ad esempio Dallo Zolfo al Carbone, nel 2008, è un film antropologico sociale che racconta le conseguenze del patto italo-belga del 1946 e la vita dei minatori siciliani in Belgio, dopo la seconda guerra mondiale. In qualità di esperto di lingua siciliana e italiana, linguaggio del corpo e comunicazione non verbale, il regista ha inoltre scritto e diretto, nel 2011, un breve documentario dal titolo La Voce del Corpo, che ha vinto diversi premi a livello internazionale: da allora, il regista è spesso ospite di università o istituzioni italiane in giro per il mondo, che lo invitano per tenere seminari, lezioni, screening o per dibattiti sul linguaggio del corpo e la gestualità italiana. Più di recente, Vullo ha realizzato a Londra un documentario dal titolo INFLUX, sul tema dell'immigrazione italiana in Gran Bretagna: lavoro che ha già presentato presso molti centri culturali e università sia in Europa che negli Stati Uniti.
Sei siciliano ma ormai da anni risiedi in Inghilterra. Come mai hai deciso di trasferirti?
In Italia stavo soffrendo molto, lavoravo tantissimo con progetti di vario tipo in scuole, carceri e con privati ma purtroppo non guadagnavo nulla perché nessuno mi pagava. La frase ricorrente che mi ossessionava era: per ora è tutto bloccato. Avevo in progetto la partenza ma non avevo ancora deciso dove. Poi ho conosciuto una ragazza che viveva a Londra ed è scattata la scintilla. A quel punto ho deciso di seguire il flusso della vita e mi sono trasferito a Londra, che non era tra le mie mete.
Sei scrittore, regista e produttore ma, soprattutto, documentarista. Com’è nata questa passione?
La passione di raccontare storie si vedeva sin da bambino. Il cinema documentario è stato il mio primo amore, e si sa che il primo amore non si scorda mai. Il primo lavoro interamente ideato, scritto, girato, montato e prodotto è stato proprio un documentario e dopo averne visto i riscontri molto positivi ho capito che era la mia strada da seguire. Amo osservare la realtà, analizzarla con la mia sensibilità e poi raccontarla agli altri.
Fin dal 2008, con “Dallo Zolfo al Carbone”, pur analizzando tematiche che partivano dalla Sicilia, il tuo lavoro ha assunto una dimensione internazionale che ti distingue dai tuoi colleghi italiani. Cosa ti ha ispirato a intraprendere questo percorso?
Quando ho scoperto il patto segreto Italo-Belga del '46 ho sentito immediatamente l'esigenza di raccontare questa storia importante per il nostro paese, che purtroppo non è mai stata inserita nei libri di storia ed è stata dimenticata da molti. Nello stesso momento a Lampedusa esplodeva il fenomeno degli sbarchi e ho pensato che forse, ricordare la storia vissuta dai nostri connazionali all'estero, avrebbe permesso di comprendere e accettare empaticamente molto meglio la storia contemporanea, che ci vedeva come paese ospitante. In questi casi non pensi alle strategie di distribuzione internazionale o al tuo pubblico: quello che ti spinge è la necessità di raccontare la verità.
Nel tuo campo lavorativo, hai notato delle differenze tra il modo di lavorare in Italia e quello di altri paesi?
In Italia non si valorizzano le risorse, non esiste la meritocrazia, si fa fatica a fare squadra, siamo schiacciati dal giudizio e dell'invidia ed è più importante avere le conoscenze giuste piuttosto che dimostrare le tue vere qualità. Da quando mi sono trasferito a Londra e ho cominciato a lavorare all'estero, mi sono disintossicato da tutto questo.
Con “La Voce del Corpo” sei diventato ambasciatore nel mondo della gestualità italiana. Da cosa nasce questa idea?
L'idea era quello di presentare al mondo un aspetto positivo e affascinante della nostra cultura che spesso viene visto solo come stereotipo e folklore.
L'obiettivo era trasmettere che in realtà la gestualità italiana, una delle più ricche e straordinarie al mondo, racchiude in sé aspetti linguistici, di comunicazione, culturali, storici, socio-antropologici, di intelligenza emotiva, di grandi doti istrioniche e teatrali e senza dubbio aiuta a comprendere meglio la mentalità di questo popolo, che comunica tantissimo con il corpo e con il viso.
Come è stata accolta nei vari Paesi in cui l’hai esportata finora?
Con grande successo ed entusiasmo ad ogni incontro. La curiosità e il fascino per i gesti italiani è indiscutibile. Spesso vengo richiamato dalla stessa università più volte, perché richiesto dagli studenti. Oramai è diventato anche un vero e proprio spettacolo che sto esportando in tutto il mondo anche in contesti extra-universitari, presso gli Istituti di Cultura Italiana, le associazioni culturali, i teatri ed altri locali.
In un anno in cui il tema dell’emigrazione è divenuto centrale, sia in Europa che in altre parti del mondo (ad esempio negli Stati Uniti), come si colloca INFLUX?
INFLUX è un’autoanalisi collettiva del popolo italiano realizzata a Londra, una delle città più influenti al mondo, per comprendere chi siamo, come stiamo, perché partiamo e cosa cerchiamo, come ci adattiamo e cosa diamo al mondo. Il film in fondo parla di gran parte degli italiani emigrati, a prescindere dalla località scelta, ma di certo viene presentato il confronto tra la cultura italiana e quella inglese e londinese nello specifico. Credo che dopo il BREXIT il film acquisisca un'importanza anche di carattere storico perché è la voce della comunità italiana in UK, una delle comunità più numerose che ha deciso di vivere in Inghilterra e che adesso si ritrova ad essere in un paese non più comunitario.
A quale progetto stai lavorando, ora?
Mi sto dedicando alla distribuzione di INFLUX e alla diffusione della mia attività didattica e di spettacolo con la gestualità italiana in giro per il mondo; sto anche iniziando a scrivere il mio primo film lungometraggio, oltre che lavorare ad altri progetti, dei quali sentirete parlare presto.
Sogni nel cassetto?
Tanti, e il mio obiettivo è renderli concreti al più presto.
(Intervista pubblicata sul Volume 1 di CIAOPRAGA)