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FRANCO MARIA RICCI - Designer, collezionista, editore ed ideatore di labirinti

Franco Maria Ricci è una delle personalità più complete e complesse del panorama artistico italiano. Nasce nel 1937 a Parma e in questa città inizia la sua attività nel 1963 come artista grafico. Progetta marchi, manifesti, pubblicazioni aziendali e intanto studia l’opera, i caratteri, lo stile di Giambattista Bodoni. L’interesse e lo studio di Bodoni lo portano alla decisione di ristampare la sua opera fondamentale: il Manuale Tipografico. Con questi tre volumi tirati in 900 esemplari numerati nasce, nel 1965, la casa editrice Franco Maria Ricci. Negli anni successivi Ricci crea le sue collane: Quadreria, Segni dell’Uomo, La Biblioteca di Babele (diretta da Borges), Grand Tour, Signorie, Principati e Antichi Stati d’Italia, le Guide Impossibili. Nel 1982 dà vita alla rivista d’arte che lo ha reso celebre nel mondo, FMR, di cui lascia la direzione nel 2004, per dedicare gran parte del suo tempo alla costruzione di un labirinto nella campagna parmense, aperto al pubblico il 28 maggio 2015.

 

 

Foto: Archivio di Franco Maria Ricci

Nato a Parma e innamorato del manierismo. Cos’altro la lega alla sua città?

Sia la città sia il territorio circostante sono ricchi di bellezze artistiche e architettoniche, che spesso ho mostrato anche nei miei volumi. È proprio questo tessuto di piccole città e borghi che circondano Parma, ognuno con una sua identità, un suo capolavoro, come la Rocca di Fontanellato con la camera di Diana e Atteone interamente affrescata dal Parmigianino o la rocca Meli Lupi di Soragna, con la sua galleria dei ritratti, a legarmi a questi luoghi.

Rimanendo in tema di manierismo, nel XVI secolo, grazie a Rodolfo II, Praga ne divenne il maggiore centro europeo. Ha mai visitato la capitale boema? Se sì, cosa l’ha colpita di più?

Sono stato a Praga ma più che un singolo luogo mi ha colpito l’atmosfera della città, che nel corso del tempo ha attirato moltissimi artisti. Uno che mi piace ricordare e a cui ho dato spazio sulle pagine della mia FMR è Adolf Kohn, pittore autodidatta che nelle sue piccole tele non si stancò di raffigurare il ghetto di Praga, con le sue case, le sinagoghe, gli abbaini, le tegole, gli empori con le loro merci espanse sui marciapiedi… Aiutati dalla sua arte modesta, ci addentriamo nel vuoto scenario dove, tra artigiani, finanzieri e rabbini, il Golem, patriarca dei robot, visse la sua vita, non meno effimera ed enigmatica della nostra.

Prima di entrare nel mondo del lavoro si era dedicato allo studio della geologia. Dopo la laurea, però, ha intrapreso la carriera di editore ed artista grafico. Come mai questo cambio di direzione?

Tornato da un viaggio in medio oriente, un apprendistato in una compagnia petrolifera per cui lavoravo, fui coinvolto da alcuni amici nell’organizzazione del Festival del Teatro Universitario. Erano gli anni Sessanta, partecipavano al Festival tutte le università europee: Praga, Parigi, Lisbona… I miei amici vollero che mi occupassi della pubblicità e dell’immagine del Teatro e io lo feci. Il vero punto di svolta fu, però, nel 1963. Occupandomi di grafica e di tipografia e abitando a Parma, l’incontro con l’opera di Bodoni fu inevitabile e fu un vero e proprio colpo di fulmine. All’inaugurazione del Museo Bodoniano ebbi l’occasione di vedere il Manuale Tipografico, e proprio in quell’occasione decisi di ristamparlo, intraprendendo così la carriera di editore.

Come si è collocata la sua attività editoriale nell’Italia della Transavanguardia, caratterizzata da mode espressive in continua evoluzione?

Con i miei libri ho codificato uno stile poi ripreso e copiato da molti altri editori. L’attenzione a tesori sconosciuti e inediti, la precisione nei dettagli, l’accurata scelta delle immagini, rese ancora più incisive dall’impiego del nero, che dà risalto alle opere… Oggi sembrano cose naturali ma all’inizio furono una vera scoperta. E poi la dedizione ai progetti di cui mi occupo. Allora come oggi l’editoria è un mondo frenetico, specie quando si parla di internet; nella mia casa editrice un singolo libro è sempre stato frutto di un lavoro che dura molti mesi… in alcuni casi anni!

La Biblioteca di Babele - Archivio di Franco Maria Ricci

Nella sua biografia viene definito “un collezionista accanito, la cui passione è in grado di unire le epoche e i luoghi più disparati”. Le sue pubblicazioni spaziano dal Rinascimento al Barocco, dall’Europa cristiana alle Indie orientali ed occidentali. Se potesse scegliere un luogo ed un’epoca in cui vivere, quali sarebbero? 

Sono un Neoclassico nel gusto e nello spirito, quindi forse sceglierei la Parma di fine Settecento, quando la città diventa un laboratorio ricco di presenze importanti: per circa mezzo secolo un architetto come Alexandre Petitot, oltre a insegnare all’Accademia di Belle Arti, operò direttamente sul tessuto urbano della città, e Bodoni, sublime tipografo, lavorava alla corte ducale, mentre Boudard cambiava il volto dei giardini ducali.

Nel 2005, in collaborazione con l’architetto Pier Carlo Bontempi, ha avviato la costruzione di un labirinto nella campagna parmense. Qual è lo scopo del progetto?

Il Labirinto della Masone è molte cose e io e i miei collaboratori facciamo di tutto perché diventi ogni giorno più versatile: luogo di svago e meta del week-end per un Teseo di oggi, magari con famiglia, Museo, Biblioteca, casa editrice (l’equivalente moderno e computerizzato di quegli “scriptoria” del Medioevo da cui uscivano meravigliosi codici miniati), luogo di ristoro, ma anche cuore popolare e piazza di uno borgo immaginario fatto di molti borghi, attivo e pulsante di vita. Al di là delle circostanze che hanno presieduto alla sua nascita, e che ho raccontato molte volte, questo miscuglio regolato di vegetazione e architettura, di opere d’arte, di libri, di percorsi destinati a suscitare perplessità, è nato, credo, da un desiderio profondo che mi ha accompagnato sin da giovane: diventare un luogo.  Ho sempre voluto che le mie case, nel senso più lato del termine, i miei uffici, le librerie, tutti i luoghi che ho disegnato e arredato, sparsi per il mondo, rispecchiassero le mie inclinazioni estetiche, la mia attenzione per la forma, il mio stile (giacché credo di averne uno). E così è accaduto anche in questo caso; insomma “le Labyrinthe c’est moi”; ma ovviamente è anche un lascito, visto che durerà più di me. La Fondazione Franco Maria Ricci, cui il Labirinto appartiene e che ha il compito di garantirne la continuità, ha un suo Statuto che individua due scopi: custodire e promuovere la conoscenza delle opere custodite nel Museo e nella Biblioteca, oltre che la difesa e il restauro ambientale della Pianura padana. Una Pianura che è uno scrigno di bellezze ma che, posseduta dal demone dell’operosità, in anni recenti si era un po’ trascurata, si era lasciata andare.   

Geologo, grafico, editore, collezionista, ideatore di labirinti. Quale di queste definizioni la rappresenta meglio? 

Forse nessuna di queste. Un neoclassico: così qualcuno mi ha definito ed è una definizione che accetto e faccio mia; sono convinto che la Bellezza futura possa germogliare solo da quella che ci è stata trasmessa. Custodirla, averne cura è il nostro primo dovere. È stata questa tensione alla ricerca della bellezza che ha sempre guidato il mio cammino. Così come Bodoni, vorrei poter dire “Je ne veux que du magnifique, je ne travaille pas pour le voulgaire”.

(Intervista pubblicata sul Volume 7 di Ciaopraga)

Enciclopedia di Diderot e D'Alambert - Archivio di Franco Maria Ricci