JANINE PIBAL - I suoi Cleo e Cornelius in mostra al Getty Museum di Los Angeles
Nata in Winsconsin e californiana d’adozione, Janine Pibal è dirigente presso l’ufficio del Direttore del Getty Museum (Manager, Office of the Director and Museum Councils at the J. Paul Getty Museum) ma anche attrice, burattinaia e scrittrice. L’ultima pubblicazione è “Cleo e Cornelius” una storia illustrata per bambini di cui Janine è coautore assieme ai colleghi Elizabeth Nicholson e Nick Geller. Il libro è stato pubblicato in concomitanza con la mostra: “Oltre il Nilo: l’Egitto e il mondo classico”, inaugurata al Getty il 27 marzo scorso e che avrà luogo fino al 9 settembre. Ci troviamo a Los Angeles di fronte a uno scenario che più America non si può, eppure è un modo di dire siciliano che il pensiero mi suggerisce incontrando Janine: “Dovunque la tocchi, suona”, vale a dire “colei che riesce bene in tutte le cose”.
Janine, vorresti raccontarci del cammino che ti ha portato a lavorare al Getty Museum, in uno dei luoghi più iconici della città, in cima alla collina, con una delle viste più belle di Los Angeles e sull'Oceano Pacifico?
Sono d’accordo: le vedute dal Getty Center sono davvero spettacolari e sicuramente arricchiscono l'esperienza estetica del visitatore. C'è bellezza in ogni angolo, dentro e fuori le gallerie. Oltre al Getty Center, inaugurato nel 1997, il museo ha un’altra sede: Villa Getty a Malibu, inaugurata nel 1974, che ospita le opere di arte antica. Tutto il resto della collezione, ovvero dipinti, disegni, sculture e arti decorative, fotografie e manoscritti è esposta al Getty Center. Insieme, i due musei ricevono più di due milioni di visitatori ogni anno, dei quali circa la metà proviene da fuori da Los Angeles.
Ritengo un privilegio lavorare al Getty. Sono entrata a far parte dello staff dell’ufficio del direttore poco più di dieci anni. La mia vita artistica, in precedenza, riguardava principalmente le arti letterarie e lo spettacolo, ma suppongo sia normale che un percorso professionale abbia delle svolte uniche e inaspettate. Sono cresciuta a Sheboygan Falls, nel Wisconsin, e sin da quando posso ricordare mi sono sempre dilettata a sperimentare con la scrittura e il disegno; l’amore per il teatro, si è palesato anch’esso abbastanza presto. Non ho smesso mai di esibirmi. Ho conseguito la laurea in discipline dello spettacolo presso il St. Olaf College; nel frattempo ho completato uno stage in drammaturgia al Teatro de la Jeune Lune di Minneapolis (vincitore del Tony Award) e poi l’approdo in Inghilterra, Londra e la Lancaster University per un corso di drammaturgia. Nel 2001, mi sono trasferita da San Francisco a Los Angeles e, poco dopo, mi sono diplomata al Second City Conservatory, come autrice di sketch comici e improvvisazione. Ho continuato a esibirmi in una serie di progetti cinematografici e teatrali, fino a quando il mio percorso mi ha portato alla porta dell'ufficio del direttore del J. Paul Getty Museum.
Qual è il progetto che in questi anni al Getty ti ha dato più soddisfazioni?
Il mio lavoro al Getty è incredibilmente interessante e gratificante e sono particolarmente entusiasta di aver avuto l'opportunità di essere la co-autrice, insieme ai colleghi Elizabeth e Nick (e alla meravigliosa illustratrice Michelle Thies) del libro per bambini “Cleo e Cornelius”, della Getty Publications. Ebbene, questo racconto di “due città e due gattini" è stato ispirato propria dalla mostra in corso, che esplora l'interazione culturale e artistica tra la civiltà egizia, greca e romana, dall'età del bronzo fino alla caduta dell’Impero romano. Nel libro vi sono illustrati alcuni degli oggetti egizi e romani esposti, ma non solo.
Il libro tratta, appunto, di temi “vecchi come il mondo”, ma che assumono oggi una rilevanza particolare…
Il tema educativo del libro è il commercio nel Mediterraneo antico: i gatti erano tra le tante cose che migrarono attraverso il mare da una cultura antica all'altra. Arte, religione e storie, come le favole di Esopo, (la storia è vagamente ispirata alla favola di Esopo “Il topo di città e il topo di campagna”) viaggiavano tra l’Egitto, la Grecia e Roma. Il viaggio di Cleo e Cornelius tocca anche argomenti quali abbandonare la propria zona di comfort per scoprire una nuova cultura. Cleo, che è il coraggioso dei due, parte dall’Egitto su una nave diretta a Roma, mentre l’amico Cornelius si trova suo malgrado a seguirlo, nonostante sia molto reticente a lasciare tutto per un’improbabile avventura in terra straniera.
I due affronteranno una città, Roma, in cui gli animali domestici preferiti, al contrario dell'Egitto, sono i cani. In qualche modo, l'esperienza dei nostri personaggi parla ai giovani lettori delle differenze e delle peculiarità riscontrate nell'esplorazione di un mondo completamente nuovo. Un altro aspetto della storia, che credo trasmetta un messaggio positivo, è come Cleo e Cornelius non abbiano bisogno di essere d’accordo riguardo ai loro sentimenti e impressioni sul paese straniero che visitano. Il giovane lettore può identificarsi con ciascuno dei due in modi diversi. I bambini sono certamente complessi, e un giorno potrebbero aver voglia di intraprendere avventure, come il coraggioso Cleo, o scegliere di adagiarsi su di un morbido cuscino, come Cornelius.
La mostra sta per concludersi. Come sta andando? Hai potuto raccogliere le reazioni dei bambini? Sono stati discussi in qualche modo questi temi?
La mostra sta andando davvero bene. Finora ha registrato oltre 330mila visitatori, che rappresenta oltre la metà dei visitatori del solo Getty Center in un anno. Anche i bambini sembrano apprezzare molto il libro. Alcuni amici mi hanno riferito di lettori entusiasti allo store ed è davvero una grande soddisfazione vedere grandi e piccini in giro per le gallerie con il libro sottobraccio. Abbiamo anche realizzato pupazzi di Cleo e Cornelius e quando il loro geniale creatore, Nate Hernandez, ci ha consegnato entrambi nell'atrio del Getty's Museum, si è sentito una vocina esclamare: "Cleo e Cornelius!" I nostri stanno acquisendo i fan ed è meraviglioso! In luglio abbiamo organizzato una lettura e un'esibizione dei pupazzi in occasione di un evento per le famiglie al Getty e abbiamo ricevuto molti riscontri positivi. Contiamo di portare il programma nelle biblioteche e nelle scuole in autunno. Sarebbe interessante interrogare i bambini per sapere quali temi sono emersi durante la lettura.
Come e quando ha avuto origine l’idea di Cleo and Cornelius?
Ho incontrato la mia adorabile amica Elizabeth al Getty diversi anni fa (Senior Editor alla Getty Publications, nonché coautrice e redattrice del libro). Nel 2017, mentre studiavo per conseguire il master in scrittura per ragazzi nel Vermont, lei mi parlò di alcune sue idee per un libro e mi propose di collaborare. Poi chiedemmo a Nick di unirsi a noi. Per quanto riguarda l’illustratrice, Michelle Thies, presi il suo biglietto da visita a una conferenza per autori e illustratori di libri per bambini qui a Los Angeles. L'illustrazione nel biglietto mostrava un gorilla che abbracciava tutto contento un gattino dall'aspetto un po’ reticente all’abbraccio e, da allora, conservo l’immagine nel mio portafoglio. Ho pensato subito a lei per Cleo e Cornelius. Una bella collaborazione tra amanti di letteratura e gatti. Io, tra l’altro, ho lavorato al libro da casa con il mio gatto Diefenbaker: una musa ronfante sulle mie ginocchia.
A proposito di città come viaggio della speranza: Los Angeles è la meta di molti artisti, è La La Land, città dei sogni, ma anche dei sogni infranti. Quanto è stato determinante per te, come artista, il fatto di esserti trasferita lì?
Dopo aver recitato in vari progetti teatrali e cinematografici a San Francisco, ho sentito che era arrivato tempo di trasferirmi. Un attore che fa sul serio col proprio lavoro, prima o poi arriva a Los Angeles. È la capitale mondiale dell’industria cinematografica, dopo tutto. Ho sempre creduto nel perseguire i propri sogni, a costo di correre dei rischi. Si può trovare la propria realizzazione o semplicemente anche solo sentirsi in pace con se stessi per averci provato. Certamente, i sogni e la realizzazione di essi tendono ad essere molto più illuminanti e gratificanti quando ispirano o aiutano gli altri e/o aiutano a creare un mondo migliore, in maniera più o meno plateale. Il tuo sogno può persino diventare il tuo sostentamento ma, anche se così non fosse, ritengo che la ricerca stessa del sogno sia altrettanto preziosa e che appaghi la propria vocazione. Ho potuto sperimentare come un sogno può cambiare forma e trasformarsi lungo la strada. Il mio percorso di attrice mi ha portato a un certo punto a diventare burattinaia e a portare i miei “puppets” in teatro e in televisione per poi passare ad insegnare quest’arte agli adulti. Mi sono anche innamorata della narrazione ed ho iniziato a scrivere libri per intrattenere i lettori più giovani. Il mio amore per la recitazione non è finito, ma piuttosto si è trasformato e ampliato per includere altri campi creativi: sono scrittrice, burattinaia, speaker e insegnante di tutte queste discipline.
Tu sostieni che siamo tutti creativi e che speri di ispirare i giovani e i meno giovani a trovare la loro propria - unica – voce. I sostantivi “voce” e “vocazione” (voice and vocation) hanno la stessa etimologia: dal latino “vocare”, che significa “chiamare”, “invocare”. Chi o cosa deve invocare chi pensa di non essere creativo, per avere accesso alla sua innata creatività?
Lo storytelling è un potente mezzo di comunicazione. Noi ricordiamo più facilmente informazioni o dettagli importanti se trasmessi attraverso delle storie. Anche le storie stabiliscono connessioni e tutti noi abbiamo voci uniche come narratori. Ci sono una vasta gamma di esercizi di scrittura che possono aiutare a scoprire e sviluppare questa voce originale. Mentre le nostre prospettive crescono e cambiano attraverso le esperienze di vita, la conoscenza e l'impatto degli altri, noi siamo costantemente alla riscoperta e alla ridefinizione della nostra voce. Mi piace il parallelo tra "voce" e "vocazione" basate sulla radice latina! Quando gli scrittori parlano di un personaggio con una "voce" forte o originale, si riferiscono a come lo spirito, la mentalità, i sentimenti, la prospettiva, la personalità e l'esperienza complessiva del personaggio si fondano per creare un punto di vista distinto. Naturalmente, questo punto di vista è trasmesso attraverso le parole su una pagina. Allo stesso modo, le nostre “voci uniche” evolvono e cambiano in base numerosi fattori: i tratti della nostra personalità, i comportamenti, le opinioni, le esperienze e le sensazioni sul nostro passato e sulle speranze per il futuro. Quando ci identifichiamo come cantastorie con voci uniche, non solo acquisiamo un senso più ampio delle nostre identità, ma incoraggiamo anche le connessioni attraverso ciò che le nostre storie ispirano agli altri. Creatività è un termine legato all’arte, ma l'arte può essere anche intesa come lavorazione, artigianato, innovazione, immaginazione e originalità. Ognuno ha punti di forza, le proprie competenze, la conoscenza di particolari discipline, la propria carriera, talenti o attributi emotivi o fisici che possono avere un impatto di qualità e migliorare il mondo. Ci vuole talento per vivere anche un solo giorno nella propria vita. Riconoscendo questi elementi che possiedono arte e creatività, ci si può avviare verso un processo di realizzazione dei propri doni, al proprio fiorire. La scrittura esplorativa in questo è uno strumento potente. A volte il semplice riconoscimento delle nostre caratteristiche creative può portare a un cambiamento nella vocazione o a sondare come questi attributi possano influire positivamente sulla nostra vita e sulle vite degli altri.
C’è un’altra tua osservazione che mi affascina: "Come scrittori siamo essenzialmente burattinai linguistici". Nei tuoi seminari, guidi gli studenti alla consapevolezza del potere del linguaggio e a un uso della parola che abbia un impatto positivo. Hai pensato di usare i burattini come strumento terapeutico per patologie specifiche del linguaggio, come l’autismo?
Penso che molti burattinai si innamorino del mondo dei burattini, in parte per la sensazione magica di portare sensibilità, umorismo, emozioni - VITA - a un burattino. I co-fondatori della “Handspring Puppet Company" Adrian Kohler e Basil Jones suggeriscono che i pupazzi devono sempre sforzarsi di essere vivi... e solo noi possiamo farli vivere. Un attore si deve impegnare per morire sul palco, ma un pupazzo deve lottare per vivere. Non è una metafora della vita? Il mio mentore, Michael Earl, ha insegnato a noi studenti che un fantoccio deve respirare. Tutta la vita inizia con il respiro, e se riesci a far credere al pubblico che il burattino respira, allora fai credere loro che il burattino sia vivo. Quando muovi un fantoccio a mano o con un’asta, rendi il suo carattere e le sue emozioni attraverso i movimenti della bocca e delle braccia e il modo in cui "respira”. Alcuni di essi hanno occhi mobili con cui possono sbattere le palpebre. È straordinario come piccoli movimenti della mano e del corpo possano dare vita ad un pupazzo portandolo dentro alla nostra realtà. Partendo dal fatto che un pupazzo può risultare estremamente realistico, penso che possa essere usato come strumento terapeutico in vari modi. I creatori di Sesame Street hanno introdotto un personaggio autistico di nome Julia che è stato accolto con entusiasmo dai gruppi di sensibilizzazione sull’autismo. Una scena tra pupazzi che possono avere differenze con le quali i bambini non sono familiari, ma che trasmetta apprezzamento e positività può stimolare il bambino ad acquisire conoscenza e comprensione di queste differenze.
Non appena sono entrato in casa, mi sono sentito osservata da qualcuno alla mia destra. Non era qualcuno, ma i pupazzi della tua creazione. Devo dire che sembrano tutti dotati di personalità ben spiccate!
Hanno davvero personalità molto diverse! In questo momento ho tredici pupazzi e ognuno di loro ha una storia legata a momenti particolari della mia vita. Due dei miei pupazzi sono stati realizzati da mio fratello Doug, un brillante burattinaio. Quei pupazzi hanno un significato particolare, non solo perché li ha fatti lui, ma anche perché uno di essi è il Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie che è stato rappresentata al "Getty Underground" e l'altro è il gatto Brow, uno dei gatti che ho avuto e che è l’ispirazione per un'altra storia. A dirla tutta, c'è anche il pupazzo "Janine" che avevo ideato io per uno spettacolo teatrale, ma che in realtà ho usato durante una mia conferenza all’Istituto di Belle Arti del Vermont, "Scrittori come burattinai: creazione di personaggi e storie attraverso i principi dello spettacolo". Alla fine della conferenza, "Janine" ha terminato la lezione da sola e ha risposto alle domande del pubblico.
C’è una figura pubblica, contemporanea o meno, che potrebbe essere trasformata in un pupazzo per la tua collezione?
Ho diversi pupazzi di ispirazione letteraria nella mia collezione e credo che uno ispirato a Thomas S. Eliot sarebbe davvero appropriato. Era un amico dei gatti, ha scritto “I gatti tuttofare” e uno dei suoi aforismi più famosi è: "Solo coloro che si spingono troppo lontano potranno scoprire quanto lontano si può andare”. E questo è un consiglio che i gatti prendono decisamente alla lettera!
Grazie di averci ricevuti, Janine. Un’ultima domanda, hai qualche progetto in cantiere che vorresti anticipare ai nostri lettori?
Attualmente sto sottoponendo all’editore un romanzo per gli studenti di scuola media. Questa volta intendo servirmi del genere del mistero per introdurre il realismo nella finzione (“real life fiction”) per i giovani lettori. Il protagonista che risolve i misteri è…un gatto. Non è egiziano, ma è comunque viziato e adorato!