CIAO MAGAZINE

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ITALY ALOUD - Quando la poesia riesce a cambiare il mondo

Non ho seme da spargere per il mondo
non posso inondare i pisciatoi né
i materassi. Il mio avaro seme di donna
è troppo poco per offendere. Cosa posso
lasciare nelle strade nelle case
nei ventri infecondati? Le parole
quelle moltissime
ma già non mi assomigliano più
hanno dimenticato la furia
e la maledizione, sono diventate signorine
un po’ malfamate forse
ma sempre signorine.

(Patrizia Cavalli)

Patrizia Cavalli

Riusciranno invece certe parole, seppur ‘signorine’, abbellite, e non più furiose, a cambiare il mondo?

Leggendo la poesia di Patrizia Cavalli, tratta dalla raccolta Le mie poesie non cambieranno il mondo, sembra che non ci sia molta speranza.

Ma in realtà, vedendo quante persone si dedicano alla poesia non solo scrivendola, ma anche recitandola, leggendola e prendendone spunti per la vita, viene da pensare al contrario.

Qualche giorno fa è scomparsa Mary Oliver, all’età di 83 anni. Mary Oliver è stata sicuramente la poetessa più letta e più amata dal pubblico americano, ma altrettanto criticata perché, a detta di alcuni, le sue poesie erano troppo semplici, facilmente accessibili, scritte in un linguaggio disadorno, con parole sicuramente molto ‘signorine’, malgrado il Pulitzer, malgrado il National Book Award, e i molti meritati riconoscimenti. Oliver trattava temi che riportano alla poesia del passato, a Thoreau e Whitman. Camminando nei suoi amati boschi, la poetessa si rivolgeva spesso alla natura, ai suoi fenomeni, alla flora e alla fauna, ispirazioni indiscusse delle sue poesie.

Pur non essendo Mary Oliver una delle mie poetesse preferite – prediligo il crudo vigore e la sofferenza di Sylvia Plath, oppure, appunto, il pessimismo di Tiziana Cavalli, o le immagini quasi esoteriche di Alessandro Ceni – c’è qualcosa nella sua poesia che pur riportando il lettore alla semplicità (e anche alla gioia) della vita, non lo fa con banalità, bensì passando attraverso la complessità dell’animo umano. Ed essendo questa la rassicurazione che molti cercano, le poesie di Oliver sono spesso state ‘riproposte’ nei siti dedicati alla ‘wellness spirituale’, e anche nei post di Instagram, e ciò ha in parte sminuito il loro valore.

Proviamo a rileggere la sua poesia più famosa, Oche Selvatiche:

Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
Per centinaia di miglia nel deserto, per espiare.
Devi solo lasciare che il delicato animale del tuo corpo
ami ciò che ama.
Parlami della disperazione, la tua, e io ti parlerò della mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e le luminose perle di pioggia
Si stanno spostando attraverso il paesaggio,
sopra le praterie e gli alberi profondi,
le montagne e i fiumi.
Intanto le oche selvatiche, alte nella pulita aria blu,
di nuovo si stanno dirigendo verso casa.
Chiunque tu sia, non importa quanto solo ti senta,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti chiama come le oche selvatiche, stridenti ed eccitanti -
annunciando ripetutamente il tuo posto
nella famiglia delle cose.

Mary Oliver

È il posto nella famiglia della cose che ci riporta con i piedi per terra, pur con la testa piena di idee e anche speranze e sogni, che volano come oche selvatiche.

Credo, personalmente, nel potere catartico della poesia, e credo nel messaggio che ogni diversa manifestazione poetica di valore ci trasmette. Ascolto con interesse spoken word poetry, sempre emozionante nelle sue trascinanti recitazioni. Condivido la rabbia della poesia politica, impegnata, sofferta, che punta il dito. Mi calo nelle pieghe dell’animo tormentato di chi recita poesie intricate e intriganti, ricche di mistero e spesso quasi incomprensibili. 

Tutte queste sensazioni, provenienti dall’ascolto dell’altro che recita o legge, così come le emozioni di una serata da cui esco sempre arricchita e tuttavia più leggera, non avrei potuto provarle se non avessi iniziato a frequentare, negli ultimi due anni (anche se più assiduamente nell’ultimo anno), i ritrovi di Peel Street Poetry, un gruppo di poeti che si incontra regolarmente dal secondo al penultimo mercoledì del mese, ormai da tredici anni. Fondato dall’intraprendente poetessa Nashua Gallagher, nacque quasi per caso un giorno che Nashua, ancora ragazzina e gironzolando per il centro di Hong Kong, entrò in un bar chiamato Joyce Is Not Here, frequentato da un eclettico mix di persone. A Nashua piacque molto e lo scelse come luogo nel quale svolgere i compiti scolastici. Fu proprio tra un compito e l’altro, scambiando le proprie poesie con quelle di un altro appassionato frequentatore del locale e anche lui poeta, e supportata da Joyce – la proprietaria del bar – che iniziarono i ritrovi del mercoledì. Si trasformarono in poetry nights dove, con l’aiuto di un microfono, si tenevano sessioni di open mic, ovvero di lettura libera di poesie.

I locali a Hong Kong aprono e chiudono a una velocità sorprendente, per cui – da allora – il gruppo ha cambiato un paio di ritrovi (passando per il Peel Street, da cui ha preso il nome). Ma la tradizione ora continua presso Social Room e le riunioni settimanali si sono arricchite di eventi ‘speciali’ a scadenza annuale, come la Shakespeare Night o la serata dedicata alla poesia della diaspora africana. E speriamo che ora anche la poesia italiana e/o dedicata all’Italia diventi uno di questi.

Parlando con alcuni appassionati frequentatori del gruppo di poeti – molti dei quali sono professori universitari appassionati di letteratura italiana – è nata nel settembre scorso l’idea di organizzare una serata dedicata alla poesia italiana, o alla poesia a ‘tema Italia’, in italiano e in inglese. Abbiamo fissato una data, il 16 gennaio 2019, ci siamo riuniti per il programma, abbiamo deciso di coinvolgere un gruppo musicale italiano (i grandi Alessandro Paparelli e Marco Iannelli, a cui sono infinitamente grata) e così, anche con l’appoggio del Consolato Italiano, dell’Associazione Donne Italiane, dell’Istituto di Cultura e della Società Dante Alighieri, che ci hanno aiutato a pubblicizzare l’evento, è nato il primo Italy Aloud!

Eravamo quasi scettici del risultato, essendo questa un’iniziativa mai proposta prima che riguardava un tema ‘ristretto’ legato alla lingua italiana (che a Hong Kong ben pochi conoscono) e all’Italia. E invece abbiamo registrato il tutto esaurito; molta gente è dovuta rimanere in piedi e – nonostante ciò – si è fermata fino a tardi.

Di questo evento, inaspettatamente, si è parlato anche in Italia, e sono stata subito contattata da una web-radio e da un magazine digitale che mi hanno richiesto un’intervista.

La maggiore soddisfazione è stata però vedere l’enorme interesse della gente che ha preso parte a questo evento, tra cui moltissime facce nuove. Abbiamo letto sonetti di Dante e Cavalcanti, poesie di Michelangelo (sì, proprio Michelangelo Buonarroti), Umberto Saba, Eugenio Montale e di contemporanei quali Milo de Angelis, Patrizia Cavalli, Alessandro Ceni, Lucia Gazzino. Un amico attore coadiuvato dalla sua collega ha messo in scena uno sketch dall’opera teatrale di Dario Fo Una coppia aperta, quasi spalancata. E per finire, abbiamo presentato poesie scritte da noi, sempre a tema Italia.

Ecco, in quella serata, con la ‘grande’ poesia che abbiamo letto e recitato, appartenente a tempi a noi lontani e vicini, abbiamo sentito e trasmesso quello che in inglese si definisce vibe. Abbiamo visto visi contenti e soddisfatti, abbiamo condiviso – soprattutto – moltissime emozioni. E qualcosa è cambiato.

Vorrei poter dire personalmente a Patrizia Cavalli che sono convinta che la poesia (anche la sua) cambierà il mondo, sicuramente, ma lo farà in punta di piedi, seminando parole nei luoghi più inaspettati e aridi, che improvvisamente si trasformeranno in rigogliose foreste. Ma ci vorrà pazienza, e soprattutto molta, moltissima passione.

In copertina: Ritratto allegorico di Dante Alighieri, autore sconosciuto (1530 ca.)