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IGOR CASSINA – La fabbrica dei sogni

“Ci sono uomini speciali. Che sanno lasciare il segno, che vanno oltre gli schemi e la storia, perché sono loro a scriverla”. Questo è l’incipit di Ilaria Leccardi nel libro Igor Cassina. Il ginnasta venuto dallo spazio, dedicato allo straordinario ginnasta italiano che fu il primo in assoluto a vincere un oro olimpico alla sbarra nelle Olimpiadi di Atene 2004, entrando di diritto nell’Olimpo delle divinità sportive ed imprimendo nelle memoria collettiva a livello internazionale il diadema più prezioso di cui è intarsiata la sua corona: il Movimento Cassina. L’atleta inizia a 15 anni a lavorare su questa figura complicatissima – un doppio salto teso con avvitamento – presentandolo per la prima volta ai Mondiali 2011.

“Guardatelo bene! È un punto esclamativo pervaso di energia venuto dallo spazio. Si chiama Igor Cassina! Si chiama Igor Cassina e non ce n’è per nessuno!”, commentavano Carmine Luppino ed Andrea Fusco durante la telecronaca delle Olimpiadi di Atene (mentre i cronisti internazionali si beavano della visione sublime del “Cassina element”, ndr) dopo l’ineccepibile, quasi aliena, performance di Igor all’attrezzo della sbarra, da cui poi il titolo del libro della Leccardi. Eppure l’eccezionalità della storia di Cassina risiede nei suoi inizi, scardinando prepotentemente i più banali luoghi comuni e sovvertendo il concetto romantico di “genio e sregolatezza”.

Igor, mi racconti i suoi primi passi

Ho cominciato con il judo perché mia sorella lo praticava. Ma a 5 anni sono passato alla ginnastica artistica.

Il suo talento si è subito palesato?

Non avevo alcun talento, anzi rispetto agli altri bambini facevo molta fatica. La mia fortuna è stata quella di avere la palestra di Meda vicino casa, allora la palestra di ginnastica artistica più attrezzata. La prima volta che l’ho vista è stato subito amore.

Come può arrivare, un bambino senza alcuna predisposizione per una particolare disciplina, all’oro Olimpico?

Con il duro lavoro. Ogni giorno.

Mi faccia capire meglio. Partiamo dai suoi genitori: come si sono relazionati con il bambino Igor?

Mio padre Carlo e mia madre Tiziana sono state e sono tuttora le persone più importanti della mia vita. Loro mi hanno sempre sostenuto ma mai illuso. Vedevano che facevo fatica ma hanno assecondato il mio desiderio di allenarmi due o tre ore al giorno purché andassi bene a scuola. Gli dicevano che ero gracilino e con le leve lunghe. Ma loro, senza esercitare alcuna pressione, non mi hanno mai incentivato a “volare basso”; anzi, mi ripetevano: “impegnati ed otterrai quello che vuoi”. Mi hanno insegnato a sognare senza mai ingannarmi.

Qual è stato il momento in cui ha capito che ce la poteva fare?

A 14 anni ho avuto il primo assaggio, vincendo il Campionato Juniores. Poi a 17 anni, a Trieste, ho vinto il Campionato Italiano Assoluto in una gara senior: primo italiano nella storia a vincere contro i senior, Boris Preti incluso. In quella gara ho presentato il Movimento Kovacs, teso con avvitamento a 360° sull’asse longitudinale, ideato negli anni Settanta da un ginnasta ungherese. Da lì, l’ho sviluppato insieme all’allenatore e così è divenuto il Movimento Cassina (denominazione assegnata nel 2002 dalla federazione internazionale nel riconoscere l’unicità del gesto, ndr).

A questo punto, ci sfati un altro luogo comune…

Nella ginnastica artistica il rapporto peso/potenza ti facilita. Nel mio caso, nonostante non fossi sciolto, con impegno, costanza e molta testa, ho fatto la differenza. Sono riuscito a portare una situazione di svantaggio a mio vantaggio, nella sbarra. Sono riuscito ad adattare le mie caratteristiche all’attrezzo ed, essendo anche molto sensitivo, guardavo e riguardavo i VHS ed acquisivo facilmente le nozioni nella mia testa. Immagazzinavo il gesto tecnico, le sensazioni, che poi rivivevo sull’attrezzo. Con il tempo è arrivata la forza ed 1 più 1 ha fatto 4. È come dire che tu hai in testa quello che devi fare ma non riesci a tradurlo; poi con il tempo e l’allenamento, all’improvviso arriva.

Ma allora avere talento cosa significa per lei?

La maggior parte degli atleti che hanno un talento particolare poi non riescono ad esprimerlo perché manca la qualità principale, che è quella di lavorare su se stessi. Una volontà che parte dalla testa, il  volere veramente realizzare qualcosa. Tanti atleti  si sprecano, raggiungono il top poi si buttano via, perché situazioni esterne li distraggono e, se quella non è la passione della tua vita, sfuma facilmente. Quindi ritengo la testa il più grande talento.

Sarà stato difficile studiare ed allenarsi tanto. Suggerirebbe alla scuola italiana di modernizzarsi ed inserire i crediti sportivi?

Lasciamo stare. Ai miei genitori i professori ripetevano: “Vuole che suo figlio studi o che faccia l’atleta?”. E loro rispondevano: “Entrambi”.  Il credito è in assoluto un concetto positivo nella vita, a prescindere che si faccia sport o no. Quando il ragazzino o l’adolescente s’impegna, deve essere premiato l’esito finale. Quando l’insegnante vede che c’è impegno e volontà nel ragazzo, deve avere più comprensione e non mettere i bastoni tra le ruote.

Lei si è cimentato anche con l’esperienza di allenatore. Le sono capitati genitori che tentavano di ingerire con il suo lavoro?

Naturalmente sì.  È nell’indole dell’essere umano ingerire. L’importante, però, è dare subito a tutto un certo equilibrio e spiegare che l’allenatore ha il suo ruolo e la sua buona esperienza, con umiltà perché si ha tutto da imparare sempre, ma con il rispetto dovuto. Tutto va considerato crescita personale.

Darebbe un consiglio a genitori ed allenatori?

Il consiglio è capire da entrambi i lati che bisogna partire dal presupposto che chi è lì cerca di fare il meglio possibile. Naturalmente, tenendo in considerazione che nessuno è perfetto e tutti possiamo sbagliare. Ma le condizioni necessarie sono il rispetto e l’educazione, che sono i valori che i miei genitori mi hanno trasmesso.

Quali sono stati i suoi idoli?

Boris Preti, Yuri Chechi, Gianmatteo Centazzo, Ruggero Rosato. Poi ho avuto la fortuna di iniziare a collaborare da qualche anno con un altro mio idolo, Alex Viligiardi. Con lui seguo un progetto legato alla nutrizione, che portiamo anche nelle scuole e nelle strutture sportive con cui collaboriamo.

Per il benessere, quanto è importante l’alimentazione e quanto lo sport?

Il benessere di una persona dipende per l’80% dalla nutrizione e per il 20% dallo sport. E quello che sto facendo nei miei progetti è proprio sensibilizzare le persone a migliorare la qualità della loro vite, facendo sport insieme a loro e spiegando loro qualche regola alimentare e d’integrazione. Tutto qua.

Oggi qual è il suo sogno?

Rendere il mondo più sano e più felice. Fare sport con le persone e insegnar loro a raggiungere i propri sogni.   

 

In copertina: Igor Cassina

(immagine di Lidia Costantini, per gentile concessione di Igor Cassina)