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ADDIO 2020 - Cosa ci riserva l’Era dell’Acquario?

Con l’arrivo del solstizio d’inverno, lo scorso 21 dicembre, siamo entrati nell’Era dell’Acquario. Non interessandomi di astrologia, questa rivelazione non mi ha toccata particolarmente ma da quel giorno, ogni tanto, mi risuona nella mente la canzone Age of Aquarius, magistralmente interpretata dalla potente voce di Marilyn McCoo dei Fifth Dimensions e parte del memorabile opening del film Hair, diretto da Miloš Forman: 

When the moon is in the Seventh House
and Jupiter aligns with Mars
then peace will guide the planets
and love will steer the stars.

(Quando la Luna entrerà nella Settima Casa e Giove si allineerà con Marte, allora sarà la pace a guidare i pianeti e l’amore a pilotare le stelle).

Leggo quindi dagli esperti di astrologia che, essendo Saturno entrato in Acquario il 16 dicembre, seguito a ruota da Giove il 19 dicembre, questa doppia transizione planetaria nel segno d’aria dell’Acquario ha inaugurato l’Era dell’Acquario, o meglio l’alba di questa era, perché l’allineamento si ripeterà ancora nei secoli a venire. Inoltre, Saturno e Giove si sono poi uniti il 21 dicembre, formando una grande congiunzione astrale che si verifica solo una volta ogni 20 anni. Sembra che ci siano tutte le premesse per accogliere un annus mirabilis, in contrasto con l’anno nefasto che ci stiamo lasciando alle spalle.

Ho pensato di conformarmi a questo diffuso desiderio di serenità guardando di nuovo il film Hair - un rifacimento del musical dallo stesso nome - e vi ho ritrovato quel senso di positività e speranza di cui abbiamo bisogno ora, malgrado il finale che capovolge una situazione apparentemente già ‘certa’. Pur essendo stato prodotto più di mezzo secolo fa, Hair è all’avanguardia nel trattare questioni quali la guerra, la droga, la bisessualità, le relazioni interrazziali e il rifiuto della monogamia (temi che allora erano considerati tabù), oltre al femminismo, al razzismo, al potere dei giovani e del far sentire la loro voce. L’Era dell’Acquario rappresentava, nel Sessantotto, il desiderio di emancipazione dell’individuo, di libertà, creatività, pace, e – in questo caso – di ribellione alla guerra in Vietnam, oltre alle già menzionate positività e speranza (in chiusura di film l’appello è, come nella canzone, ‘Let the sunshine in’, ‘ Fate entrare la luce del sole’).

In Hair, i due protagonisti principali sembrano inizialmente agli antipodi. Claude Hooper Bukowski (interpretato da un giovanissimo John Savage) è un ragazzo dell’Oklahoma – che potrebbe ben essere un discendente della famiglia Joad del romanzo Furore, di Steinbeck. Arriva a New York per visitarla in qualche giorno, prima di essere arruolato nell’esercito americano e partire per il Vietnam. George Berger (interpretato da Treat Williams) è, al contrario, un hippy per cui nulla nella vita sembra costituire un ostacolo. Bighellona in giro per Central Park con il suo gruppo di amici, vivendo con loro nella dimensione quotidiana dell’arrangiarsi, oltre a quella irreale delle droghe psichedeliche, e mantenendo una positività che lo sostiene in ogni situazione.

Claude e George si incontrano, si scontrano, condividono droghe col gruppo inseguendo una ragazza annoiata della sua vita di ricca privilegiata; finiscono persino in galera e ne escono grazie a un espediente di George. Poi, per Claude, il sogno finisce ed è ora di arruolarsi e partire per la sua ‘missione’, assolutamente non condivisa da George e dal suo gruppo di hippy. Dalla base militare in Nevada, manda una lettera alla ricca ragazza di cui si è invaghito; lei rintraccia George e, in gruppo, partono per un viaggio di 2000 miglia che da New York attraverserà l’America. Il finale è un gioco di mancate coincidenze che ci rammenta come la nostra sorte possa essere rovesciata nel giro di attimi.

Videoclip Hair Aquarius

Il 2020, nella sua unicità, ci ha trasmesso proprio questo messaggio di imprevedibilità. Malgrado il ripetersi di 20 e 20, in questo anno abbiamo imparato a non credere nelle ripetizioni, nei doppi. Tutto è sempre in mutamento, tutto si evolve, e le aspettative non giovano, perché possono facilmente essere disilluse.  Questo concetto è ben noto ai buddisti da 2563 anni e a tutti noi da quando siamo nati, ma ancora facciamo fatica ad accettarlo.

Questo nuovo virus si è propagato in fretta, seguendoci nei nostri spostamenti intercontinentali, interregionali, cittadini. A troppi ha portato via familiari, persone care, amici. Ha spento qualsiasi speranza di potercene liberare velocemente, come era stato per l’epidemia di SARS nel 2002. Ci ha messi a dura prova, incapaci di rimediare alla nostra fragilità. Soprattutto, ha dato alla parola ‘viaggio’ un nuovo significato. Non più il viaggio fisico, ma solamente quello interiore.

Mentre mi presto ad accogliere il nuovo anno bloccata a Hong Kong, rifletto sul significato che un mio viaggio in Italia comporterebbe: quarantena di due settimane all’arrivo in Italia, seguita da lockdown regionale, e mega-quarantena di 21 giorni al rientro a Hong Kong, da passare obbligatoriamente in hotel, oltre a tre test da ripetere nei 21 giorni. Impensabile muoversi.

Tutti noi siamo ‘in gabbia’, soggetti a misure restrittive più o meno razionali, tutte volte a contenere il virus. Hong Kong pullula comunque di vita, ma dopo le ore 18 i ristoranti chiudono - i bar sono completamente chiusi da tempo - e qualsiasi occasione di ritrovo sociale è stata sospesa. In metropolitana compaiono le prime macchine che distribuiscono i test Covid-19 gratuiti fai-da-te (fornendo il risultato in due giorni), e ci si prepara alla campagna di vaccinazione, ponendo di nuovo speranze e aspettative in questo miracolo che la scienza ha prodotto in tempi brevissimi. È un’apparenza di normalità sconcertante, e anche a questo ci si deve adattare.

Hong Kong

Intanto, qui fa caldo, troppo caldo in questo inverno maledetto e io con invidia ammiro le fotografie del paesaggio innevato inviatemi dalle amiche italiane: anche loro per lo più chiuse in casa, incapaci di goderne appieno ma comunque appagate da tanta bellezza. In molti pensiamo che, in normali circostanze, avremmo accolto questo tenero miracolo bianco, che rende tutto più bello e silenzioso, sulla cima di una montagna alpina, in attesa del Capodanno. Ora siamo invece ‘felici’ di poterla almeno vedere, la neve, anche se solo in fotografia.

Cerchiamo, malgrado il dolore, le perdite, la depressione che ha colpito molti durante questi bui mesi, di rimanere con i piedi per terra (o nella neve) e ringraziamo, oltre alla scienza, la tecnologia, perché nonostante tutto ci ha permesso di comunicare con i nostri cari, di non rimanere in totale solitudine, di resistere, studiare e imparare, fare corsi online, diventando creativi, pensando in modo non convenzionale. In una parola, ci ha permesso di reinventarci. 

Che sia questo, quindi, un segno dell’Era dell’Acquario? La resilienza, la forza morale e spirituale, la creatività, la necessità di mantenere l’ottimismo, la fiducia in se stessi e soprattutto la volontà di mettersi in gioco? Ci troviamo ad abbandonare la nostra comfort-zone e ad accettare alternative di occupazione, di vita, che mai avremmo preso in considerazione. Quello che davamo per scontato non ha più valore ora, ha perso la sua ritualità. Il solo salire su un aereo per sorvolare la città atterrando esattamente nello stesso luogo è, per molti, diventato entusiasmante. Solo un anno fa, l’aereo era un bus che solcava le autostrade del cielo e nel giro di una notte ci lasciava su isole incantate dove l’inverno era estate, o su piste innevate in paesaggi fiabeschi.

Sono al momento ancora rare le uscite con la mascherina per incontrare i familiari e i pochi (mi raccomando) amici, e nella nostra forzata solitudine ci troviamo, quindi, a fare ‘viaggi’ interiori, che ci diano equilibrio, ottimismo. Viaggi che ci permettano di apprezzare ciò che abbiamo, e i legami importanti ai quali eravamo ‘abituati’. Ognuno di noi fa questi viaggi a modo suo: meditando, scrivendo, leggendo, suonando, cantando, studiando, dedicandosi ai più disparati hobby. Si spera che – come nel caso di Hairl’Era dell’Acquario ci porti un nuovo senso di comunità, accettazione e apprezzamento dell’altro oltre a maggiore rispetto per la nostra bistrattata Madre Natura.

Auguriamoci quindi un “Buon Anno” senza troppe aspettative, ma con il desiderio di accogliere ogni giorno in quanto foriero di nuove possibilità e di opportunità inesplorate.

Una bella citazione dal libro ‘When Things Fall Apart’ (in italiano: ‘Se il mondo ti crolla addosso’) di Pema Chödrön, insegnante, scrittrice, monaca buddista e madre, recita: “La vita è una buona insegnante e una buona amica. Tutto è sempre in transizione, basta rendersene conto. Niente si riassume mai in ciò che vorremmo. L’essere fuori-centro, sospesi tra due cose, è una condizione ideale, una situazione in cui non ci facciamo cogliere alla sprovvista e possiamo aprire i nostri cuori e le nostre menti oltre ogni limite. È una situazione molto tenera, non aggressiva e aperta”.

Trovate la versione inglese di questo articolo qui.

In copertina: la costellazione dell’Acquario
immagine di repertorio