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ANTONIO SPAGNUOLO - Sulle tracce dell'illuminazione poetica

Nato a Napoli nel 1931, Antonio Spagnuolo è una figura di spicco nel panorama culturale italiano. Poeta e saggista, è specialista in chirurgia vascolare presso l'Università Federico II di Napoli.

Fondatore e direttore di pubblicazioni quali Prospettive culturali e Iride, ha contribuito alla valorizzazione di firme autorevoli. Ideatore e caporedattore della rivista Realtà, durante l'epoca di Aldo Capasso e Lionello Fiumi, ha tracciato un'impronta indelebile nel mondo della letteratura, dirigendo anche la celebre collana L'assedio della poesia. Attualmente, continua a esercitare un'influenza significativa nell'ambiente editoriale come responsabile della collana Frontiere della poesia contemporanea per l’editrice La Valle del Tempo.

Lo abbiamo raggiunto per esplorare il suo contributo nel contesto della poesia italiana contemporanea.

Qual è il nucleo del suo lavoro poetico? Cosa cerca di comunicare attraverso le sue poesie?

Ogni poesia ha un momento di sospensione del pensiero errante e cerca di illuminare con i suoi versi il segreto che si annida nel subconscio. Cercare un nucleo che sia alla base del mio lavoro poetico è molto difficile, perché la mia ricerca della parola ormai conta oltre sessantacinque anni e durante questi lustri sono più volte cambiati gli stimoli al dettato.

Può raccontarci un po' di più sulle tematiche principali che affronta nella sua poesia e come queste si riflettono nelle sue opere più importanti?

Il bagliore della mia lunghissima esperienza di scrittura ha, come prevedibile, diversi e vari momenti di intervento. Le tematiche, quindi, sono state molteplici. Partendo dagli anni Cinquanta dello scorso secolo, potrei individuare momenti dedicati alla poesia classicheggiante (vedi D’Annunzio e Leopardi), con momenti indirizzati ai problemi sociali e politici; e ancora, parentesi che affondano radici nel quotidiano. Infine, con le mie ultime pubblicazioni, l’incursione violenta della memoria. Il ricordo dell’amore sublime che mi ha legato per oltre sessant’anni alla mia Elena, donna di principi elevati e di passioni ardenti, deceduta improvvisamente dodici anni fa.

Quale ruolo gioca l’esperienza personale nella sua scrittura poetica?

Un ruolo di primaria importanza lo ha giocato la mia professione. La medicina è senza alcun dubbio una materia umanistica e, aggiunta agli studi del liceo classico, predispone a un continuo confronto con l’altro, con il dolore, con le problematiche dell’uomo qualunque, imponendo con saggezza la capacità di ascoltare.

Come si relaziona con il linguaggio e la forma poetica nella sua opera?

Linguaggio e forma nella mia opera hanno subito, nello svilupparsi, molti cambiamenti e la mia ricerca ha sfiorato i momenti del futurismo, dell’avanguardia, dell’ermetismo, dell’investigazione, proponendosi di volta in volta con la musicalità variegata del verso.

Nel corso della sua carriera ha fondato e diretto diverse riviste e collane editoriali. Qual è stata l’esperienza più significativa tra queste e perché?

Con orgoglio posso dire di aver dato vita ad alcune riviste che hanno lasciato un segno nel panorama culturale dello scorso secolo. La più importante secondo me è stata Prospettive Culturali, che tra il 1960 e il 1980 ha avuto collaboratori di tutto rispetto come Domenico Rea, Stelio Maria Martini, Michele Prisco, Mario Pomilio, in un continuo delizioso agone di alta cultura.

La sua poesia ha ricevuto l’attenzione di diverse pubblicazioni accademiche e di ricerca. Qual è il contributo che crede che la sua poesia abbia portato al panorama letterario contemporaneo?

Domanda impertinente! Non saprei individuare un particolare contributo apportato dalla mia poesia, ma mi affascina sapere che moltissimi giovani mi seguono con attenzione e con rispetto.

In copertina: Antonio Spagnuolo
immagine per gentile concessione dell’intervistato