DACIA MARAINI - Una casa di donne
Anni Settanta… la società in subbuglio… voci che si fanno sempre più forti fino a diventare grida: grida di emancipazione, di rivalsa, miste a voglia di cambiamento.
Molte sono voci di donne. Parlano di libertà sessuale, dopo secoli in cui erano state costrette al silenzio da parte dei padri.
Tra queste voci si solleva quella della scrittrice Dacia Maraini, a cui siamo grati per averci donato alcune tra le opere più belle della storia della letteratura italiana moderna.
La libertà di scelta, di desiderio, di agire sul proprio corpo fino a venderlo per prostituzione, è il tema della sua pièce teatrale Una casa di donne, scritta negli anni Settanta e interpretata oggi dall’attrice Ottavia Orticello, diplomata alla prestigiosa Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico.
Ne ho parlato direttamente con l’autrice, nel corso di una video intervista da me condotta per la Cambridge University Italian Society, di cui sono Presidente:
“La prostituzione non esiste in natura – afferma la Maraini – è un prodotto culturale”.
Ai primordi dell’umanità la donna aveva un ruolo sacro, in quanto rappresentante di quella madre Terra a cui dobbiamo quanto di più prezioso esista al mondo: l’esistenza medesima.
“Le cose cambiarono – prosegue l’autrice, citando un’interpretazione del padre Fosco, che fu un grande etnologo – quando nacque la proprietà. Fu questa la genesi del patriarcato e dell’idea di possesso che nella prostituzione avrà la sua estrema materializzazione”.
L’idea di comprare e vendere il sesso, di usufruire del corpo femminile come un oggetto usa e getta, è opera umana, troppo umana: non c’entra nulla con la natura.
“In Italia – spiega la Maraini – la prostituzione ha cambiato completamente volto. Se negli anni Settanta a vendere il loro corpo erano donne maggiorenni che sceglievano questo lavoro come via d’uscita dalla condizione di povertà a cui la società le aveva relegate, oggi il quadro è completamente diverso: a prostituirsi sono ragazze minorenni, spesso immigrate, che subiscono la brutale prigionia di una schiavitù non voluta”.
Purtroppo, l’arcaica idea del possesso continua a mietere vittime: non c’è giorno in cui i giornali non danno la notizia di donne che vengono barbaramente uccise per un motivo banale o per aver rivendicato la loro libertà di non amare più quel carnefice che si era presentato sotto le mentite spoglie del benefattore.
“Si tratta di uomini deboli – afferma l’autrice – uomini che non accettano l’idea che le donne siano esseri umani liberi tanto quanto loro, e non oggetti da usare a proprio piacimento”.
Ecco, allora, che l’ombra della proprietà si fa sempre più grande.
Tuttavia, il femminicidio non è il destino ineluttabile di una società senza speranza: “L’educazione civica, se impartita sin dall’infanzia, può invertire la rotta”, restituendoci una società più sana, dove il rapporto tra uomini e donne sia basato sul rispetto reciproco.
Dopo essere stata per lungo tempo strumento di sopraffazione, la cultura può e deve salvarci, rimettendo al centro la natura e l’esistenza di ognuno di noi come essere unico e irripetibile. Coltivando con cura la madre Terra, può nascere una nuova stagione: la stagione dell’umanità.
In copertina: Dacia Maraini
Vi invitiamo a guardare la video intervista integrale, in inglese: