"ENNIO" DI GIUSEPPE TORNATORE - C'era una volta il mondo di Morricone
Qualche giorno fa mi trovavo nella seconda città d'Irlanda, Cork. L’incolore prospettiva di un ordinario viaggio di lavoro si è illuminata quando il collega e amico che mi aveva invitato, Daragh, ha suggerito di partecipare alla serata di chiusura del Festival del Cinema Italiano che si svolgeva in un teatro del centro.
Proiettavano Ennio di Giuseppe Tornatore e, nonostante fossero vicini al tutto esaurito, Daragh è riuscito a trovarmi un biglietto. Ci siamo così seduti comodamente su due poltroncine di terza fila e, mentre scorrevano i titoli di coda, non avevo dubbi: avevamo visto un grande film su un grande uomo, e ricevuto pure una lezione di umiltà.
Ennio è un documentario biografico, un misurato ma sentito omaggio di Giuseppe Tornatore a uno dei più grandi musicisti del Novecento. Nel film, Tornatore si è come “trattenuto”, per due motivi. In primo luogo, il regista avrebbe potuto parlare a lungo di Ennio Morricone, dato che i due hanno lavorato insieme in diversi film. In particolare in Nuovo Cinema Paradiso (1988), La leggenda del pianista sull’oceano (1998) e più recentemente in Baaria (2009).
Tornatore, invece, compare solo un paio di volte tra le decine di musicisti famosi, registi e amici a cui più volte viene chiesto di esprimere la propria opinione o raccontare un aneddoto. Ancora più importante, Tornatore si è trattenuto dal punto di vista cinematografico, e infatti è difficile riconoscerne la mano: il regista ci fa quasi dimenticare che stiamo guardando un film.
All'inizio non sembra così. La prima sequenza è molto elaborata, con la cinepresa al seguito di un anziano Morricone che fa una serie di esercizi fisici sul pavimento di parquet del suo appartamento. I movimenti della cinepresa e l'inquadratura sono piuttosto evidenti, quindi la presenza del regista è palpabile. Tuttavia, la scena dura solo pochi minuti.
Successivamente, il film assume una forma più convenzionale, alternando interviste in studio a spezzoni di concerti, scene da film di repertorio o vecchi filmati di Morricone. È come se, da quel momento in poi, Tornatore avesse assunto il ruolo più discreto di storico e montatore, lasciando Morricone e la sua musica al centro della scena.
La lezione di umiltà di cui si diceva ha a che fare con la nostra comprensione dell'enorme talento e preparazione che si trovano dietro all’apparente semplicità di alcuni dei brani musicali più famosi di Morricone.
Tutti coloro che amano la sua musica, o che hanno letto della sua vita, sanno che musicista serio fosse, a partire dagli studi di composizione all’elitario Conservatorio Santa Cecilia di Roma, sotto la guida di Goffredo Petrassi.
Sappiamo anche del suo coinvolgimento nella musica sperimentale contemporanea che, negli anni Sessanta, ha esplorato la musica atonale fino ai suoi estremi più irritanti. E sappiamo quanto velocemente il mondo musicale italiano avesse scoperto la sua straordinaria capacità di produrre melodie orecchiabili, che ci sarebbero rimaste impresse una volta ascoltate.
Non importava che si trattasse di arrangiamenti di musica leggera o di colonne sonore di film d'autore, spesso accompagnati da effetti sonori insoliti come quelli di lattine, campane, fischietti e fruste.
Morricone lo sperimentatore, e Morricone il compositore melodico, hanno prodotto la più strana miscela di musica apprezzata dai fini conoscitori così come dagli amanti del pop. Tutto questo ha fatto di lui uno dei musicisti più ricercati della sua generazione. E uno dei più innovativi.
Lo testimonia la lunga serie di personaggi leggendari che ne tessono le lodi: da rock star come Bruce Springsteen a colleghi compositori (una lista capeggiata da John Williams e Hans Zimmer), da registi che hanno lavorato con lui come Sergio Leone, Oliver Stone, Quentin Tarantino e altri ad attori iconici come Clint Eastwood: la crème de la crème della musica e del cinema contemporanei.
Nonostante tutte queste lodi, nel film traspare anche la fragilità umana di Morricone. La pellicola ci mostra fino a che punto il suo senso di autostima sia stato sfidato dalla freddezza mostrata dai suoi coetanei, che si consideravano compositori “seri”, o dalla mancanza di riconoscimento formale da parte dell'establishment hollywoodiano. Ci è voluto un premio di consolazione alla carriera, nel 2007, prima che il Maestro potesse aggiungere la statuetta d'oro alla sua collezione di premi.
Morricone era un convinto difensore del suo status di compositore. Produttori, registi e giornalisti a volte si trovavano spiazzati, dopo avergli chiesto di cambiare il suo modo di comporre o dopo avergli rivolto la domanda sbagliata.
Ho avuto il privilegio di intervistarlo nel lontano 2006 e quando, ingenuamente, gli avevo chiesto se il brano di chiusura de La leggenda del pianista sull’oceano, scritto dall'ex membro dei Pink Floyd Roger Waters, fosse il risultato di una collaborazione tra i due, avevo sentito le fiamme dell'inferno lambire le suole delle mie scarpe.
Dopo alcuni secondi di risentito silenzio, mi aveva fatto capire che la canzone di Rogers era poco più di una macchia sulla partitura che aveva composto. Ero passato rapidamente ad altri argomenti e lui aveva ripreso il suo solito atteggiamento calmo e amichevole.
Un punto culminante di Ennio è l’estratto dell’appassionato discorso di Tarantino durante gli Academy Awards del 2016, quando il regista insistette sul fatto che si sarebbe dovuto considerare Morricone come uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, insieme a Bach e Mozart.
Forse è troppo presto per una simile consacrazione. Tuttavia, non c'è dubbio che Morricone sia stato uno dei compositori più rivoluzionari e influenti della sua generazione. Le colonne sonore dei film sono ciò che gli ha dato maggiore notorietà; ma ha lasciato un repertorio altrettanto impressionante di composizioni che vanno dalle canzoni pop alla sinfonia classica, come quella composta dopo gli eventi dell'11 settembre 2001. Negli ultimi anni della sua vita, era di gran lunga il compositore vivente più popolare al mondo.
Solo alla fine del film, ci ricordiamo di aver visto un documentario realizzato da un grande regista. E la cosa migliore, questa volta, è che Tornatore ha fatto un passo indietro, lasciando che la vita e le conquiste di Ennio Morricone parlassero da sole.
Copertina: Ennio Morricone
(immagini per gentile concessione di dogwoof.com)