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GIACOMO POLVERARI – Modello, attore e sommelier

Romano, 25 anni, modello e attore, Giacomo Polverari si è diplomato nel 2014 all’Istituto Cine-Tv Roberto Rossellini come operatore audiovisivo. Ha iniziato il suo percorso da attore nel 2013 partecipando ad un corso di teatro con l’associazione Humus. Gli studi sono proseguiti fino al diploma alla scuola d’arte drammatica ‘Teatro Azione’ di Roma. Si è poi trasferito a Milano per lavorare come modello per Dolce & Gabbana e Armani, e per il suo lavoro ha viaggiato in tutta Italia e all’estero. Per lo stilista Antonio Marras ha partecipato come performer allo spettacolo Mio cuore. Per proseguire il suo percorso nella recitazione ha poi scelto di tornare a Roma, dove è nato il suo interesse per il doppiaggio e dove si è cimentato in diverse esperienze cinematografiche. Quando si presenta l’occasione, lavora ancora anche come sommelier, e scrive poesie, monologhi e sceneggiature. Lo incontriamo per scoprire cosa lo ha spinto verso il mondo del cinema, della moda e dello spettacolo in generale.

Giacomo Polverari, un percorso iniziato con la recitazione per poi approdare al lavoro come modello. Cosa ti ha portato verso il mondo della moda?

Diciamo che è iniziato tutto un po’ per gioco. Le persone che mi conoscevano mi vedevano crescere in altezza e mi facevano spesso complimenti per l’aspetto fisico. Ho ascoltato i loro consigli di mettermi in gioco. In realtà non ho mai avuto le idee abbastanza chiare su quello che volevo fare, ho sempre avuto il sogno sin da bambino di fare l’attore. Era un sogno che allora sembrava irrealizzabile e quindi lo avevo accantonato. Poi ho incontrato un modello con molta esperienza che mi ha invitato ad entrare nel mondo della moda tramite l’agenzia per cui lui aveva lavorato. Mi sono presentato all’agenzia - all’epoca avevo 17 anni - sono entrato a farne parte e vi sono rimasto per circa un anno. C’era un’opportunità in Cina. Io avevo i capelli lunghi e la richiesta era proprio per un modello con le mie caratteristiche. Essendo però per me un periodo un po’ particolare della mia vita, mi rasai i capelli a zero e persi l’occasione dell’exploit orientale. Per un periodo ho smesso con questa professione, ma poi ho deciso di riprovare. Sono stato a Milano per sei mesi e ho lavorato per i grandi brand. Ora sono più orientato verso il cinema.

Cosa rappresenta per te la bellezza? Quanto è conciliabile con la recitazione?

Nella recitazione la bellezza mi crea abbastanza problemi, perché vengo etichettato. Io, da attore, prediligo i ruoli da antagonista, il cattivo, quello che vuole recitare sporco, con il volto scavato. Sono contento se mi affidano queste parti, perché mi incoraggiano ad affrontare il ruolo. Invece interpretare il bello, il buono, il principino, mi limita, mi destabilizza. La bellezza, nel mio campo, non mi facilita le cose. Come qualsiasi professionista che si rispetti, naturalmente, vorrei essere valutato per il mio talento: vorrei diventare un bravo attore e non essere soltanto un bell’attore.

Tra le tue esperienze ci sono anche il doppiaggio e la partecipazione a diversi cortometraggi. Cosa ti affascina del cinema e del teatro? Quali attori sono per te un punto di riferimento?

Ho ottenuto parti in cortometraggi e ho sempre doppiato me stesso. Ho fatto dei corsi perché ritenevo fossero utili per la mia formazione, per il mio bagaglio culturale di attore. Amo sia il teatro che il cinema: sono due approcci completamente diversi e molto dipende anche dai metodi di recitazione che vengono utilizzati. Nel teatro mantieni il personaggio dall’inizio alla fine durante il tempo limitato dello spettacolo, e in quell’arco temporale tu ‘sei’ quel personaggio. In teatro, c’è anche un livello di energia diverso. C’è il pubblico, lo percepisci e lo vivi completamente; per non parlare della recitazione, decisamente diversa rispetto al cinema. Nel cinema, ad ogni ciak è facile uscire dal personaggio, a meno che tu non abbia una concentrazione tale da mantenerlo. Io rimango nel personaggio anche nei momenti di pausa, poiché prediligo il “metodo Stanislavskij”. (Questo metodo si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore. Si basa sulla esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo, n.d.r).

Ti abbiamo visto sfilare in una puntata di Amici di Maria De Filippi. Cosa ne pensi dei “talent show”?

L’esperienza ad Amici è stata divertente, una bellissima opportunità: ricoprivo il ruolo di modello. Il programma è molto seguito in tutta Italia. Nei tre scambi con Panariello mi sono divertito. Avrei voluto interagire di più, sorridere, essere più naturale davanti agli spettatori, ma mi sono attenuto al ruolo. I talent show non li seguo: guardo poco la televisione, quindi non sono in grado di esprimermi in merito.

Lavori anche come sommelier. Dall’eleganza nel vestire alla raffinatezza dei sapori. Come hai iniziato?

Nel ruolo di Sommelier, mi reputo bravo a interpretare il vino e abbinarlo al piatto. Ho iniziato grazie a mio padre, che è sempre stato un amante del vino. Sin da piccolo mi ha educato bene nel bere e nel mangiare. Quando ho compiuto 18 anni mi ha regalato un corso completo da Sommelier. Mi sono diplomato con la Fondazione Italiana Sommelier, un ambiente che mi ha affascinato molto, e continuo tuttora a lavorare quando ci sono grandi eventi.

In copertina:
Giacomo Polverari per
11:11 Management © Roberto Baruffi

Crediti fotografici:
Trittico in alto, nell’ordine: ©Dolce & Gabbana, ©Vogue, ©I’M - Isola Marras
Slideshow:
foto 1 (con sciarpa) e 2 (con bolero) © Emanuel Russo (
@mannyzone) per 11:11 Management
foto 3 (L’Officiel) e 4 (con cappello) © Fabrizio Perrini (
@fabrizioperrini) per L’Officiel Baltics
foto 5 (con anelli) e 6 (torso nudo) © Roberto Baruffi (
@robertobaruffi) per The Fashion Model Management