HIP HOP – Un fenomeno culturale sempre più diffuso
L'arte è un prisma dalle mille sfaccettature e può assumere forme di espressione davvero inaspettate: una delle più diffuse degli ultimi decenni è l’Hip Hop.
Nato all’inizio degli anni Settanta negli ambienti afroamericani del Bronx, storico quartiere popolare di New York, questo movimento culturale si basa su quattro diversi elementi: la Breakdance o B-Boying (danza di strada), il Writing (che si esprime principalmente attraverso la street art e i graffiti), il DJing (ovvero l’arte di manipolazione del giradischi) e il Rap (una forma di oratoria musicale molto ritmata, uniforme e cadenzata).
Da allora, l’Hip Hop si è reso protagonista di una rivoluzione che ha interessato tutte le forme d’arte e dello spettacolo, dalla musica alla danza, dalla moda al design e al cinema trasformandosi, negli anni successivi, nella principale forza artistica statunitense e varcando i confini nazionali fino a diventare un imponente fenomeno commerciale e sociale: un vero e proprio stile di vita per i giovani di tutto il mondo.
In Italia, l’approccio all’Hip Hop risale all’inizio degli anni Ottanta grazie al primo tour mondiale di Afrika Bambaataa, padrino della Universal Zulu Nation: la più antica, grande e rispettata organizzazione Hip Hop al mondo, fondata sui principi dell’uguaglianza tra gli uomini, del rispetto per la madre terra e della giustizia universale, oltre che sulla condanna del razzismo e dell’odio. Hanno, inoltre, contribuito alla diffusione dell’Hip Hop in Italia, brani come Buffalo gals di Malcom McLaren (già creatore e impresario dei Sex Pistols) e film culto come Wild Style e Beat Street.
È solo a partire dagli anni Novanta, però, che il movimento esplode per merito di pionieri del genere quali Ice One, che diffonde in Italia il messaggio etico della Zulu Nation, fondando due dei più importanti gruppi Hip Hop del decennio: i Colle der Fomento (creati insieme a Danno e Masito) e Assalti Frontali. Nello stesso periodo emergono altri nomi come Radical Stuff, Power MC’s, Articolo 31, OTR, 99 Posse, Tormento (poi approdato nel duo dei Sottotono) e Frankie Hi Nrg.
Dopo un breve declino, che coincide con l’inizio del nuovo millennio, l’Hip Hop riprende nuova linfa per poi affermarsi definitivamente, intorno al 2015, come uno dei generi musicali più importanti del Paese, sia in termini di vendite che di attenzione da parte del pubblico.
Dalla danza al DJing, dal cinema al rap, l’Hip Hop italiano è divenuto oggi un fenomeno trasversale che interessa varie discipline. Non è difficile, oramai, trovare delle vere e proprie eccellenze in ogni settore e noi siamo andati a scovarne alcune, per potervele raccontare da vicino:
ER DRAGO: L’anima rap di Roma
Nell’attuale panorama rap italiano, uno dei nomi di maggiore risonanza è quello di Sandro Roia, in arte Er Drago.
“Fin da bambino - rivela - sono sempre stato affascinato dalla figura del drago: mi trasmetteva sicurezza per la sua imponenza fisica, senso di libertà per le sue ali e imbattibilità per la sua caratteristica principale, che è quella di sputare fuoco. Per strada, trovavo spesso oggetti in cui c'era raffigurato un drago (un portachiavi, un ciondolo, una figurina) e questa cosa mi ha suggestionato tantissimo. Per me la figura del drago è diventata un talismano. Crescendo, questo nome mi si è cucito addosso, fino a quando non l'ho fatto diventare realtà grazie alla musica”.
Grazie ad un amico scopre, all’età di undici anni, il mondo dell'Hip Hop ed inizia subito a comporre i primi testi:
“È stato amore a prima vista!” - afferma - “Le prime canzoni hip hop che ho ascoltato sono state Lose Yourself di Eminem e Sopra il Colle, dei Colle der Fomento: ho capito subito di aver trovato qualcosa che non avrei abbandonato mai più”.
Una passione, quella di Sandro, che prima di trasformarsi in musica aveva trovato espressione nella composizione di liriche:
“Già dalle elementari - confessa - mi piaceva scrivere racconti in prosa, poesie e pensieri. Con la scoperta del rap mi si è aperto un nuovo mondo, in cui potevo fondere i miei pensieri con la musica. Ovviamente i primi testi erano grossolani, poco metrici, e riprendevano molte delle parole dei gruppi che ascoltavo. Con il tempo e con moltissimo impegno, sono arrivato al livello di oggi”.
Dal 2010 comincia a proporsi agli open mic di Roma ed a partecipare a vari contest, collezionando un numero importante di vittorie e riuscendo ad affermarsi a livello nazionale. Nei suoi testi, non è difficile ritrovare gli elementi più tipici dell’hip hop:
“Mi ispirano un'infinita di cose: un tramonto, un'alba, la pioggia, il mare, le stelle, la notte, un film, un libro, ascoltare nuova musica, la solitudine, festeggiare, un sentimento provato o raccontato da un'altra persona. Probabilmente la cosa che mi aiuta di più è l’empatia. I miei testi contengono molti messaggi: la mia aspirazione è di aiutare a curare le ferite; quelle interne, che sono invisibili all'occhio umano”.
Recentemente è uscito il suo album Basalto, che vanta la prestigiosa collaborazione di Ice One e Danno:
“Danno è l’artista al quale mi sono sempre ispirato - afferma con entusiasmo - e che ho preso come punto di riferimento. Per me è stato una figura chiave sin dall'inizio del mio percorso musicale e, nel corso degli anni, ho avuto modo di condividere spesso il palco con lui. Da piccolo studiavo le sue mosse, i suoi modi di dire le cose, per cui tanto di quello che sono oggi lo devo a lui”.
E conclude: “Sono molto fiero di come Basalto sia stato accolto, recepito ed assorbito dalle persone e la conferma sta nelle date del tour, sia in Italia che all'estero. Sto già pianificando la seconda parte, che dovrebbe aver luogo durante la stagione estiva. Insomma, sto cercando di seminare il più possibile e far arrivare il mio nome e la mia musica ovunque”.
FILIPPO TONINI: Il campione di freestyle
Originario di Modena e reduce da una vittoria al Juste Debout Italy, Filippo Tonini approda alla danza e alla recitazione all’età di 8 anni, spinto da una grande passione per il teatro.
Negli anni si getta a capofitto nello studio della danza hip hop che, come da lui stesso dichiarato in più occasioni, gli permette di esprimersi pienamente attraverso movimenti elastici, una grande flessibilità ed il totale controllo del proprio corpo.
Prende quindi parte a diverse competizioni, sia nazionali che internazionali, distinguendosi per la qualità delle sue performance in manifestazioni quali Italia’s Got Talent 2016 e la finale mondiale del Redbull Dance Your Style World 2019 a Parigi. Compare, inoltre, in videoclip e programmi televisivi, esibendosi per nomi quali BMW, Coca-Cola, Puma, Polaroid, Versace o Disney Channel e rappresentando l’Italia al The Dance di Zurigo nel 2018.
Gli chiediamo il perché della sua predilezione per la danza hip hop rispetto ad altre:
“Si tratta - afferma - innanzitutto di un gusto personale, non soltanto a livello visivo ma perché è lo stile che più di ogni altro mi permette di essere me stesso. A volte, con le parole, faccio fatica a comunicare il mio pensiero ma sento che quando ballo riesco a connettermi con le persone al 100%: le porto nel mio mondo, ed è una sensazione davvero meravigliosa!”.
“In Italia - prosegue - non solo la danza ma la cultura hip hop in generale, ha assunto connotati e significati diversi rispetto a quelli che può aver rappresentato negli Stati Uniti, alla sua nascita. Non solo perché nel nostro Paese il movimento è più giovane, rispetto a quello americano, di almeno un paio di decenni ma anche perché l’Italia è intrisa della tradizione classica. Soprattutto nella danza, fino a poco tempo fa l’insegnamento si concentrava in gran parte sul balletto e, proprio per questo, per molti anni i ballerini hip hop hanno studiato per conto loro. Solo di recente stiamo assistendo alla nascita e diffusione di accademie hip hop, probabilmente favorite anche dall’avvento delle reti sociali”.
“Adoro fare show e creare coreografie - conclude - ma il freestyle è la forma che più di qualunque altra mi dà la possibilità di esprimermi. Nel freestyle nessuno ti può dire come muoverti: è lì che viene fuori la vera essenza di un ballerino!”.
DJ STILE: Scratch, remix e produzione
Pioniere del rap italiano, Federico Ferretti, in arte Dj Stile, inizia a militare nella scena hip hop italiana nei primi anni Novanta esibendosi, successivamente, insieme ad artisti quali Frankie Hi-NRG, Assalti Frontali, Neffa e Tiromancino. Collabora, inoltre, alla realizzazione di alcuni loro album oltre che a produzioni di Litfiba, Almamagretta, 99 Posse e molti altri.
La sua influenza musicale spazia dal funk all’Hip Hop, dal rock a “qualsiasi cosa abbia un groove distinguibile”, per usare le sue parole. Nel suo lavoro dimostra un’incredibile abilità nel condire con cut e scratch le perle funk degli anni Settanta ed i classici dell’Hip Hop.
Nel 2019 pubblica il vinile Turntablist Toolz Vol. II, seguito dello storico primo volume, uscito nel 1996 e curato proprio da Dj Stile per Irma Records. Il vinile inaugura anche una nuova collana di uscite targata Aldebaran Records: “Turntablist Toolz Vol. II” è, infatti, il primo capitolo di Dj Stile Presents, una raccolta che conterrà vinili con all’interno breaks per scratch di vari Dj e produttori, selezionati direttamente da Dj Stile.
Your browser doesn't support HTML5 audio
Il DJ nell’ambito Hip Hop si distingue, principalmente, per un approccio istintivo e viscerale, con dei tempi di azione e manipolazione dei suoni molto più serrato rispetto a qualsiasi altro genere musicale, che porta il ruolo del DJ ad essere protagonista rispetto alla musica proposta: cosa mai avvenuta prima in modo così netto.
Federico approfondisce il discorso, spiegandoci quali sono, a suo avviso, le caratteristiche di un Dj Hip Hop rispetto ad altri stili:
“La differenza è abissale” - afferma.
“L’Hip Hop è nato dal reggae, con DJ Kool Herc che dalla Giamaica ha portato il sound system nei quartieri di New York. Da qui, come sappiamo, il genere si è diffuso su scala mondiale. Quindi l’Hip Hop ha origine nelle dance hall, anche se successivamente ha subito le influenze del funk e, in generale, di tutta quella musica suonata, come si dice in gergo, con batterie ‘spezzate’. Mentre i DJ che fanno altri generi di musica, spesso hanno a che fare con strutture ritmiche più semplici, nell’Hip Hop bisogna essere più attenti al ritmo, alla musica, e quindi si richiedono una preparazione tecnica ed una conoscenza musicale più approfondite”.
“Nel corso degli anni - prosegue - la parte tecnica è stata molto estremizzata. Dal DJ Hip Hop è nato il concetto del Loop (Definito da Erik Hawkins, come "il campionamento di una performance che è stato mixato in modo da ripetersi senza interruzione quando la traccia è suonata dall'inizio alla fine”, ndr), che ha poi influenzato tutti gli altri generi. Di fatto, i DJ Hip Hop sono quelli che più pesantemente hanno influito sugli altri generi. Questo per far capire il loro livello tecnico, che negli anni è andato sempre crescendo fino al punto di far diventare, in epoca moderna, il giradischi un vero e proprio strumento, con scratch e suoni ritmici modulati. Inoltre, nell’Hip Hop, si agisce molto di più all’interno di una singola traccia. Mentre gli altri DJ tendono a far sentire di più i dischi e a costruire uno show nell’arco di due ore, un DJ Hip Hop riesce ad esprimersi anche in un quarto d’ora. Direi, quindi, che l’aspetto fondamentale è quello di avere una grande padronanza e conoscenza dei dischi”.
Essendo uno dei pionieri dell’hip hop italiano, Federico Ferretti ha avuto modo di esserne protagonista sin dall’inizio. Gli chiediamo com’è cambiata, secondo lui, la scena nel corso di questi decenni:
“La scena - ci dice - è cambiata tantissimo, perché all’inizio l’Hip Hop si muoveva in contesti molto più piccoli, in ambito underground. Di conseguenza, aveva un mercato di nicchia, un po’ come tutti i generi al loro esordio. E come tale si trattava, perlopiù, di una imitazione dell’estetica di quello americano. Parliamo di inizio/metà anni Ottanta. Dopo qualche anno, però, anche in Italia il genere si è raffinato parecchio, perché c’è stato un impegno incredibile da parte dei pionieri “quelli veri”, vale a dire la generazione subito prima di me. Alla fine degli anni Ottanta sono usciti dischi credibilissimi, anche in inglese, come quelli di Ice One con la Mad DJ’s Band e i Power MC’s o in seguito dei Radical Stuff”.
“La situazione - continua - è diventata interessante al principio degli anni Novanta, quando si è iniziato a rappare in italiano. Gli spazi erano i centri sociali e le tematiche erano a sfondo sociale e politico. Insomma, l’Hip Hop iniziava a strutturarsi in maniera importante. Infatti è lì che c’è stata la seconda ondata dell’Hip Hop in Italia, sviluppatasi in una forma che poteva anche aderire meglio al nostro Paese, perché si trattavano tematiche tutte italiane con un’estetica americana. All’inizio la sintesi non era perfetta ma, con il tempo, vi sono state produzioni tipo quella dei Sangue Misto (SXM, 1994) che definirei ‘il disco dei dischi’: un disco che si poteva considerare anche politico, ma questo perché i testi raccontavano spaccati di vita della mia generazione alle prese con la società del periodo; un discorso molto più assimilabile alla poesia di un Vasco Rossi agli esordi, per intenderci. La differenza con oggi è totale, nel senso che adesso l’Hip Hop non solo è accettato dal mercato ma ne è addirittura un elemento trainante e, dovendosi interfacciare con folle più ampie, ovviamente deve affrontare anche discorsi e necessità diverse. Tuttavia, nel mainstream esistono artisti come ad esempio Ghali, che riescono ad avere un grande seguito pur diffondendo messaggi importanti. Ne menziono uno, ma ce ne sono sicuramente anche tanti altri”.
“Anche oggi – aggiunge – esiste una scena underground perché, comunque, l’Hip Hop è presente a tutti i livelli. Forse la parte underground è quella più hard core, perché cerca di mantenere vivi i capisaldi dell’Hip Hop di prima generazione. È, pertanto, molto più fedele allo stile degli anni Novanta e in qualche caso, a mio avviso, diventa anche un po’ pretenzioso, perché è giusto che ci sia un’evoluzione. La perfezione sarebbe avere una sintesi tra i differenti stili. Troppa modernizzazione, a noi ‘anziani’, può disturbare; però anche noi, al nostro esordio, abbiamo fatto cose che non erano paragonabili a nulla di precedente, usando riferimenti che venivano dal jazz, dal funk, dai suoni classici, perché la musica aveva ancora tanta strada da fare”.
“Oggi - conclude - nella musica Hip Hop si punta a suoni diversi mantenendo struttura, melodie e riferimenti che col passare del tempo diventano sempre più vaghi. Però ci sono generi che evolvono, si sviluppano e possono diventare anche altro. Un esempio è quello del rock, che ha dato origine ad un’infinità di generi diversi. Quindi è abbastanza naturale aspettarsi un’evoluzione”.
GIULIA “CHIMP” GIORGI: L’Hip Hop Cine Fest
Figura poliedrica, Giulia Giorgi spazia artisticamente dal makeup effetti speciali, alla calligrafia araba, alla regia. Ballerina di breakdance e membro della Wildup b-girl Crew è da sempre attiva per la promozione della cultura hip hop a livello trasversale attraverso l’organizzazione di jam, eventi, dibattiti, progetti internazionali e documentari, tra i quali: Bboy Event, Funky Afternoon ed il progetto Hip Hop For Euromed.
Dopo aver partecipato al suo primo film come ballerina (Crew to Crew, Lionsgate/Pandora) decide di avventurarsi nel mondo del backstage, dedicandosi al makeup.
Motivata dall’idea che l’unione sia la chiave del successo, fonda Baburka Production, cooperativa di produzione cinematografica indipendente. È anche co-fondatrice di EffectUs, associazione italiana di effetti speciali di trucco ed organizzatrice dell’omonimo evento culturale. È inoltre promotrice de Il Cartello degli Indipendenti, network di produzioni ed operatori del cinema indipendente basato sullo scambio reciproco del sapere.
Con Baburka, Giulia ha ideato L’Hip Hop Cine Fest Roma, che si terrà presso lo Spazio Diamante il prossimo 13 e 14 giugno.
“Si tratta - ci spiega - di un evento di due giorni che include proiezioni, incontri, networking ed opportunità per i giovani cineasti, connessi al mondo Hip Hop nelle sue varie sfaccettature: dal background degli autori, alla colonna sonora, allo stile fotografico, alle tematiche trattate. Ciò significa che si concentra, attraverso tutti i generi filmici, su storie prodotte e dirette da amanti di questa cultura universale. Il cinema e lo strumento video sono il mezzo che ha permesso la diffusione della cultura Hip Hop a livello mondiale, dando vita ad un meraviglioso processo di gloCalizzazione della cultura Hip Hop, che ha messo radici creando scene peculiari in tutti i paesi. Molte delle persone che hanno vissuto sin dagli inizi, ed hanno documentato, lo sviluppo di questa cultura, sono ancora tra di noi ed è importante cercare di diffondere la documentazione del passato, implementare quella del presente e preparare quella per il futuro”.
“Ecco perché - prosegue - sono previsti numerosi workshop all’interno del festival, come quello intitolato Imprenditoria Hip Hop, che vuole mostrare casi di successo in cui sono stati trasposti alcuni principi di vita in ambito professionale, dall’estetica all’approccio lavorativo. Un altro workshop sarà dedicato alla Cinematografia Hip Hop, per ripercorrere la storia del cinema in questo universo. Ci saranno, inoltre, sessioni più tecniche come Distribuzione Indipendente o Come fare un pitch di un proprio progetto, dedicati ai videomaker e produttori underground che vogliono farsi portavoce di questa cultura con gli strumenti adatti. Ovviamente, in chiave Hip Hop, non mancheranno Party e Dj set in onore dell’anniversario della WildUp Crew, dando spazio alla breakdance ed al turntablism; ci sarà poi un tour di street art, a cura di Muri Sicuri, ed una mostra fotografica, ad opera di Up Factory, per toccare con mano anche il mondo dei graffiti e una sessione di freestyle curata dai Roma Underground, organizzatori del Freestyle Tournament Italiano Fight Club. Sarà, infine, dato spazio alla Slam poetry grazie al premio Dubito, che presenterà i vincitori di un video concorso da lanciare a breve”.
“Pertanto - conclude - il festival tratterà l’Hip Hop e le sue discipline a 360 gradi, dando spazio a tutte le voci che costruiscono la scena giorno dopo giorno, attivamente!”.
In copertina: Hip Hop Google Doodle © Google
materiale audiovisuale per gentile concessione degli intervistati
(Servizio realizzato in collaborazione con Andrea Piangerelli)