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IL GRANDE GATSBY – Lo specchio di un'epoca

Trascorrere un anno di studi nello stato di New York mi sta offrendo la grande opportunità di immergermi totalmente nella cultura americana, spingendomi a voler approfondire la conoscenza di alcuni autori statunitensi. Tra questi, forse perché stregata dalla società descritta nei suoi romanzi, mi ha colpito in particolare Francis Scott Fitzgerald e, più di ogni altro, quello che è largamente considerato il suo capolavoro: Il Grande Gatsby.

Leggere questo libro mi ha catapultata nell’affascinante ‘Età del Jazz’, amplificando le sensazioni della mia incredibile esperienza americana, grazie alla quale ho potuto vedere con i miei occhi molti dei luoghi descritti da Fitzgerald nel romanzo e vivere le sue storie in maniera molto più intensa rispetto a quanto letto nel passato.

Francis Scott Fitzgerald

Considerato uno dei più grandi autori del ventesimo secolo, Francis Scott Fitzgerald nasce nel 1896 a Saint Paul, in Minnesota, da una famiglia molto conservatrice. Scrive vari racconti prima di approdare, nel 1913, all’Università di Princeton. Nel 1917, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, si arruola nell’esercito senza aver terminato gli studi. Per lui, arruolarsi, vuol dire combattere in Europa per difendere gli ideali di giustizia e libertà. Viene, invece, destinato in Kansas e poi trasferito in Alabama, luogo nel quale conosce Zelda Sayre, che sposa nel 1920.

Dopo varie difficoltà pubblica, nel 1920, il suo primo lavoro: Di qua dal paradiso. Il romanzo diviene, in poco tempo, un best seller e per lo scrittore inizia un periodo di spensieratezza, in cui si intravede l’anima della generazione perduta degli anni Venti.

Nel 1922 esce Belli e Dannati, l’opera che lo lancia nell’alta società di New York. I viaggi in giro per l’Europa si susseguono fino a quando la coppia decide di fare ritorno a New York insieme alla figlia Frances, soprannominata Scottie, stabilendosi definitivamente a Long Island.

Proprio questa sarà l’ambientazione che farà da sfondo a Il Grande Gastby, il suo terzo romanzo, pubblicato nel 1925 a Parigi: un lavoro che non ha, all’inizio, una grande cassa di risonanza ma che in seguito passerà alla storia per essere una delle opere più importanti della letteratura americana.

Nel 1934, proprio nel periodo in cui Zelda verrà rinchiusa in un istituto a causa della sua schizofrenia, Fitzgerald pubblica Tenera è la notte. Dopo una lunga battaglia con l’alcolismo l’autore muore a 44 anni, nel dicembre 1940, lasciando la sua quinta novella Gli Ultimi Fuochi (The last tycoon), incompiuta. L’opera verrà terminata da Edmund Wilson e pubblicata postuma.

L’autore con Zelda e Scottie

Il Grande Gastby: il ‘romanzo perfetto’

Nel romanzo vengono trattate varie tematiche ma, indubbiamente, quella della giustizia costituisce il perno centrale di tutta la storia. Il cuore umano è volto alla costante ricerca della bontà ed è proteso verso il miglioramento di un mondo imperfetto. È proprio questa ricerca costante che mantiene l’essere umano in movimento: un movimento che, spesso, contempla le inevitabili cadute e che tormenta la mente quando non si riesce a compiere quel che ci si prefigge.

In una trama complessa, che si presenta come un disilluso affresco della società americana negli anni che precedono la crisi del ‘29, il romanzo, considerato un vero e proprio manifesto dell’Età del Jazz, narra la storia di Jay Gatsby, miliardario misterioso e ambiguo arricchitosi in maniera sospetta. Ossessionato dalla figura dell’amata Daisy, Gatsby simbolizza tutti i miti e le contraddizioni del “sogno americano”.

Definito da molti critici come il ‘romanzo perfetto’, cosa ci insegna veramente Il Grande Gatsby ? Alcuni protagonisti muoiono inseguendo un ideale e lo fanno senza aver portato a termine tale ricerca. In realtà, niente di ciò che accade è davvero giusto, eppure questo meraviglioso capolavoro è letto, apprezzato e commentato ormai da quasi un secolo, dando vita anche a diverse trasposizioni cinematografiche.

La storia è una sorta di specchio in cui viene riflessa l’Età del Jazz, come definiva Fitzgerald gli anni Venti: un’eco del mondo reale in cui si viveva in quell’epoca. Questa è un’età che fa presagire la decadenza che avverrà negli anni Trenta, tutta basata sull’apparenza e la ricchezza.

Nelle feste di Gatsby si possono ritrovare tutti gli elementi che contraddistinguono la vita di quel periodo: timidezza, sfiducia, gioia, presunzione, rabbia, violenza, danno e lacrime. Un mondo basato sull’apparenza che, spesso grazie all’alcool, trasforma le persone in un’illusione e in un magnifico sogno.

I personaggi si nascondono dietro una maschera: per questo le emozioni vere, quelle che si provano durante i momenti in cui la maschera cade (come ad esempio, nella storia d’amore tra Gatsby e Daisy), possono semplicemente svanire nel nulla. Basta indossare di nuovo la maschera e tutto tornerà come prima, o anche meglio.

Forse, il maggiore insegnamento che possiamo trarre da Il Grande Gatsby è che il passato non si può ripetere: le variabili cambiano e non sono quasi mai controllabili dall’uomo. Si possono ottenere tante cose, nella vita, eppure possiamo continuare a sentirci vuoti perché non possediamo l’unica cosa che davvero vogliamo, quella che ci spinge ad andare avanti.

Il libro ci dice che le cose belle esistono e, se non ci si prende cura di loro, svaniscono presto per non tornare più. È quindi necessario impegnarsi affinché ciò che ci importa davvero rimanga con noi. Spesso il mondo è ingiusto ma è proprio da tale mancanza, unita alla ricerca della perfezione, che hanno origine grandi storie come questa.

La vita sarebbe sicuramente meno emozionante, se fosse perfetta…

In copertina:
Leonardo Di Caprio nel film Il Grande Gatsby (2013)

immagine © Warner Bros