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ALBERTA LAI - Intervista al Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura a Praga

Avevo intervistato Alberta Lai, da qualche settimana nuovo Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Praga, circa dieci anni fa quando ricopriva lo stesso incarico a Vancouver in Canada. Decidiamo per una ‘chiacchierata/intervista’.

Inizierei dalle prime impressioni dell’arrivo a Praga!

Mi sono insediata a fine agosto. Devo dire che è la prima volta che mi trovo a dirigere un Istituto con una sede così ampia, così bella, così prestigiosa e anche così bisognosa di attenzioni. Mi sono resa conto che una parte delle mie energie sarà da dedicare alla cura di questa sede, che naturalmente ci dà grande prestigio e grande visibilità. Tutti i praghesi conoscono la sede dell’Istituto, forse non ne conoscono nel dettaglio la storia ma, se si nomina l’Istituto mi rendo conto che è un’istituzione molto nota in città. Credo che ciò sia dovuto anche all’opera indefessa del mio predecessore (Giovanni Sciola n.d.r.) che ha lavorato tanto e bene e per giunta per un periodo piuttosto lungo, perché ha avuto il privilegio di dirigere quest’Istituto per sei anni.

Ero già stata a Praga come turista negli anni Novanta.

Alberta Lai - Direttore dell’IIC Praga

L’ha trovata cambiata?

Ho trovato i monumenti restaurati, e poi è cambiata la prospettiva! In quel caso ero di passaggio, adesso c’è la prospettiva di trascorrere qui qualche anno. Quindi anche le cose che si osservano sono quelle che ricercano qualcosa di familiare, o di particolare, o che ti possano far sentire a casa, o che ti diano delle emozioni.

Quello che mi ha colpito di più in queste prime settimane, partecipando ad alcuni eventi organizzati dall’Ambasciata, è stata la presenza italiana ma anche la partecipazione da parte dei cechi e la circostanza che tutti parlano l’italiano e lo parlano bene. Spesso non perché abbiano ragioni familiari che li legano all’Italia ma proprio per l’amore per la cultura o per la frequentazione con il nostro Paese. Ho lavorato in Norvegia, Canada e Stati Uniti e soprattutto in Canada e Stati Uniti le nostre comunità non parlano più l’italiano già dalla seconda, terza generazione. Anche nelle coppie miste il coniuge canadese o americano non sempre impara l’italiano. La conoscenza della nostra lingua, qui, mi sembra di ottimo auspicio perché significa che c’è un pubblico pronto ad apprezzare la cultura italiana con gli strumenti per poterla conoscere e approfondire.

Poi ho notato che c’è una scena musicale vivacissima! Nella programmazione dell’Istituto il settore musicale è preponderante, ovviamente perché la musica è priva di barriere linguistiche e anche perché Praga è una capitale della musica europea. Naturalmente continuerò ad inserire nella programmazione culturale concerti, non solo di musica classica ma vorrei dedicare attenzione anche alla musica contemporanea e jazz.

Capisco che c’è una grande ammirazione per la cultura classica italiana ma una delle missioni dell’Istituto è anche quella di far conoscere l’Italia contemporanea. È importante far conoscere grandi personaggi della cultura italiana, grandi scrittori, con un’attenzione anche ai talenti emergenti.

Praga è ‘Città creativa’ Unesco per la letteratura, Milano lo è per l’Italia. Il network delle città creative si sta dimostrando molto interessante.

Per quanto riguarda la letteratura il successo dei quattro romanzi di Elena Ferrante ha risvegliato, laddove ce ne fosse stato bisogno, l’interesse per la letteratura italiana contemporanea. I volumi sono stati tradotti in tutti i Paesi europei; sulla scia di questo successo si sono moltiplicate le traduzioni di romanzi di autori contemporanei in ceco, per cui tutti sono alla ricerca di una nuova Ferrante, quella che negli Stati Uniti chiamano Ferrante fever. Credo quindi sia un momento molto importante e che sia il caso di seguire questa scia di interesse e lavorare sul settore della letteratura. Mi hanno detto che qualche giorno fa è uscita la traduzione in ceco della Paranza dei bambini (Piraně, n.d.r.) di Saviano. Ho incontrato un paio di rappresentanti di editori cechi che mi hanno presentato una lista di autori italiani che verranno tradotti nei prossimi mesi.

La Biblioteca dell’Istituto è frequentatissima

Sì anche questa è una novità. Di solito le biblioteche degli Istituti di cultura non sono molto frequentate perché difficilmente ci si può permettere la figura di un bibliotecario che si occupi dei prestiti ecc. A Praga è molto bello, sui mezzi pubblici si incontrano persone che invece di guardare il telefonino leggono un libro. Sembra di essere tornati indietro di vent’anni. Ci sono tanti segni, quindi, di interesse culturale diffusissimo. Credo ci siano tutte le condizioni per poter lavorare bene.

Contenta?

Sono molto contenta! Naturalmente dagli Stati Uniti alla Vecchia Europa c’è un bel salto. Mi sento a casa perché intanto mi sento vicinissima all’Italia e poi mi sembra che in qualche modo questa cultura mi appartenga.

Devo capire, per poter ben calibrare gli eventi che andremo ad organizzare, qual è il background culturale medio del pubblico che frequenta l’Istituto Italiano di Cultura. In Canada e negli Stati Uniti, non potevamo dare per scontato nulla. Si parla di Dante e la gente non lo sa collocare nel tempo (…) anche gli ospiti accademici dovevano semplificare la comunicazione.

In queste settimane ho potuto apprezzare anche il profondo legame di amicizia che c’è fra i due Paesi. Non sono delle frasi fatte che si sentono dire nelle occasioni ufficiali, mi sembra che ci sia un profondo legame di amicizia e di stima reciproca, per cui sarà bello lavorare perché penso che il pubblico abbia grande curiosità ed affetto per l’Italia. Non dico che in Canada e Stati Uniti non ci fosse interesse, amore, per l’Italia, ma in questo caso ci sono affinità che in altri Paesi in cui ho vissuto non ho avvertito.

L’Istituto ha un ruolo fondamentale, consentire ad un Italiano che vive qui di avere un rapporto costante con il Paese di origine ed essere luogo di incontro della comunità: ciò passa attraverso gli ‘uomini’ che ne fanno parte.

Sono fortunata: ho uno splendido staff!

Vorrei aggiungere ancora una cosa. Io vengo dalla Sardegna. In Sardegna siamo molto ospitali ma di poche parole, chiusi, abbiamo una gran paura di essere invadenti e quindi siamo molto riservati. Mi sembra che anche i cechi, nel loro essere di poche parole e non molto espansivi, manifestino non un mancato interesse, ma un segno di riservatezza. In questo, sensazione ancora epidermica, mi sembra di ritrovarmi.

In copertina: La cappella degli italiani a Praga (dettaglio)
Immagine di Danilo De Rossi