CIAO MAGAZINE

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LETTURE DIVORATE - Una lotta per non perdersi

Gli scorsi due mesi sono stati una montagna russa per le mie letture: dopo un gennaio molto pigro, fatto di poche pagine al giorno, febbraio si è rivelato addirittura febbrile.

La tendenza alla lettura famelica negli anni è pressoché scomparsa; ho imparato ad andare piano, a riflettere, a metabolizzare alcuni passaggi, tornare indietro sulle frasi, prendermi del tempo per riordinare le informazioni. O forse, più banalmente di come mi piace raccontarla, crescendo la lettura ha dovuto spesso lasciare spazio ad attività più urgenti.

Qui di seguito, però, tre titoli divorati come non mi succedeva da molto tempo. Non è solo la velocità con cui li ho letti, comunque, ad accomunarli. Stavolta il filo conduttore è più d’uno: l’adolescenza, innanzitutto, e la violenza poi. Sono due tematiche che, in maniera diversa, in questi tre testi si fondono nella feroce lotta – quella dei personaggi – per non perdersi.

Ti ricordi di Sarah Leroy? di Marie Vareille

L’ho iniziato per combattere l’apatia verso le ultime letture. Da sempre scelgo i coming of age per superare il blocco del lettore. Lo faccio perché sono per me una coccola; raramente mi aspetto di trovare un testo potente. Mi sono sbagliata, stavolta: ho scoperto un romanzo energico, doloroso e tenero.

Anni Novanta. Sarah Leroy conosce Angélique Courtin all’età di sette anni al cimitero di Bouville-sur-Mer, piccolo paese sulla Manica, nel giorno del funerale della sua mamma: le due bambine diventano amiche inseparabili. Nel 2001 Sarah è una nuotatrice talentuosa alle prese con una delicata situazione famigliare, ma Angélique non è più sua amica. In un giorno di fine estate Sarah scompare e la notizia esplode in tutta la Francia. Vent’anni dopo, Fanny Courtin, giornalista di successo a Parigi e sorella di Angélique, torna a Bouville per scrivere un reportage breve ma accurato sul caso di cronaca che ha segnato la sua cittadina, ma l’improvviso e ostinato interesse della figliastra Lilou sulla storia di Sarah sconvolge il piano iniziale.

Questo testo, il primo di Marie Vareille pubblicato in Italia, accarezza generi diversi, dal romanzo di formazione al giallo; tiene compagnia ed è avvincente. Riserva al mare un ruolo da protagonista: è un personaggio anch’esso puro e spaventoso, sognato e temuto. L’aspetto davvero emozionante del libro è, però, l’amicizia complessa e autentica tra le “Disincantate”; non solo per la tenerezza con cui viene raccontata ma anche – soprattutto – per la rabbia, la sofferenza, la violenza che non nasconde. L’amicizia non è un legame perfetto e assoluto; mostra momenti di sconforto e momenti di adrenalina in cui mi trovavo a fare il tifo per le ragazze, a convincermi di essere anche io una di loro: chi ha vissuto ai margini, ha retto all’impossibilità di raccontarsi (o di nascondersi) solo grazie a una mano da poter stringere, non può non amare questa storia.

Splendeva l’innocenza di Roberto Camurri

Questa lettura è il risultato di una cover convincente: prima di leggere la trama avevo già deciso che avrei comprato il quarto romanzo di Roberto Camurri per i colori e l’illustrazione di copertina. Devo ammetterlo, quello che ci ho trovato dentro non è quello che mi aspettavo, ma procediamo con calma.

Ero convinta di leggere di una storia d’amore a diciotto anni, quella tra Luca e Valentina; una storia goffa, incerta e calda come l’estate del 2001, che si preparano ad affrontare dopo il diploma. Questa promessa viene mantenuta in parte, perché il libro si squarcia su due piani temporali paralleli: quello della rabbia, dell’amore e della violenza dell’estate del G8 a Genova, e quello del presente monotono, piatto e asfissiante. Protagonista di entrambi è Luca, che si perde tra i ricordi del primo amore e i conti con la sua vita vent’anni dopo: una relazione che definirla tale è un eufemismo, una quotidianità vacua e un amico, Alessio, da salvare. Ma perché? Cosa sta scontando Luca? Nessuno spoiler, è chiaro fin dalle prime pagine che tra i due ci sia un rapporto di debito, e al lettore non resta che cercare di capire cosa sia successo, come ricostruire la storia incompiuta dei due adolescenti innamorati e dei due amici profondamente segnati. La risposta, che collega i due piani temporali e restituisce un quadro completo di Luca, è testimone del corteo che ha segnato un’intera generazione.

Ed è proprio per questo che ne parlo: perché non mi sono fidata subito del romanzo ma mi ha ricordato, prendendomi in contropiede, qual è la vera forza della scrittura: raccontare, ricostruire dai pezzi rotti, tornare indietro a recuperare frammenti battendo gli stessi sentieri dell’andata. Splendeva l’innocenza scatta l’istantanea di un’innocenza, appunto, strappata via, dei fiori recisi sull’asfalto di Genova.

Adorazione di Alice Urciuolo

Ultima (piacevole) fatica di febbraio è stato il primo romanzo di Alice Urciuolo. Per quanto mi riguarda, già uno dei miei libri preferiti: ne sono rimasta completamente folgorata.

A Pontinia, nella provincia di Latina, è appena iniziata l’estate. Diana e Vera, amiche inseparabili ma diversissime, hanno sedici anni e la sola voglia di fare più bagni possibili. Diana è molto timida, insicura, vive con l’incubo che qualcuno noti la sua voglia (che le copre parte della coscia e del gluteo); Vera è spregiudicata, spavalda, attraente. Diana è innamorata del fratello di Vera, Giorgio, che però non la prende in considerazione a causa della sua timidezza, preferendo relazionarsi unicamente alla cugina Vanessa, ragazza bellissima e intransigente che è mal vista da Vera ma adorata da chiunque altro. Intanto, i ragazzi e il loro gruppo, silenziosamente cercano di non dimenticare l’amica Elena, uccisa da quello che era il suo fidanzato, e si preparano ad affrontare i tre mesi più caldi dell’anno senza sospettare quanto di loro cambierà in quell’estate.

Adorazione è un abilissimo romanzo corale: ciò che mi ha conquistata dell’esordio di Alice Urciuolo è la fluidità con cui la voce narrante si concentra di volta in volta su un personaggio diverso; non si tratta di semplice polifonia ma di saper rendere tridimensionali i personaggi mettendo in luce le loro ambiguità con dettagli talvolta teneri, talvolta detestabili: i protagonisti di Urciuolo sono deboli, frizzanti, persi, ingenui fino alla cattiveria, egoisti e innamorati.

La scrittura è sincera, senza aspettative di creare buoni e cattivi. Non c’è spazio per la banalità della dicotomia. Il capolavoro di questo processo è Vanessa: presentata come eterea, inarrivabile, capricciosa e fortunata: si disconosce lei stessa, si modifica, cresce sotto lo sguardo del lettore, perdendosi salvo arrendersi all’incertezza per sbocciare in forma nuova. In ultimo, il ricordo silenzioso dell’indicibile – letteralmente – violenza di cui sono stati testimoni indiretti l’anno prima si scontra con le convinzioni, i sogni e la quotidianità dei ragazzi, che cercano di capirci qualcosa in più (dell’accaduto e di loro stessi), a un anno di distanza.

Adolescenza e violenza, dunque. Spesso la prima è sinonimo di curiosità, espediente per il viaggio, la scoperta, la rinascita; ma quando fa da specchio alla seconda, allora questi due temi fusi insieme mi restituiscono l’immagine dei vasi ricolmi di steli e colori: recidere un fiore è un atto deturpante, ma il risultato emoziona. Chissà perché.