SARABETH LEVINE - La pioniera del social brunch a New York
New York, la fantastica megalopoli che non dorme mai, è stata definita la più grande collezione di viaggi nel mondo e non credo esista una definizione migliore.
Perché quando vivi questa meravigliosa città, che tu sia un turista di passaggio o che tu decida di farne parte per tutta la vita, la prima cosa percettibile è quanto la sua essenza sia fondamentalmente costituita dalla molteplicità culturale dei suoi abitanti; è il suo essere un luogo d’incontro di tantissimi popoli e la sua capacità di abbracciarli ed accoglierli tutti – nessuno escluso – che la rendono tale.
Un posto, dove la differenza tra gli individui non è misurata dal colore della pelle, dalle diverse origini, usanze o costumi, ma solo dall’impegno che ci si mette nel fare e nell’avanzare; una sensazione bellissima e spaventosa, perché se da una parte dona speranza e consapevolezza che non esiste altra meritocrazia se non quella di cui ciascuno è dotato, dall’altra affida solo a noi stessi e alla nostra completa responsabilità la capacità di riuscire e di uscirne - in qualche modo - vincenti o perdenti.
Ed è proprio in questa moltitudine di informazioni, colori, profumi e sapori che puoi imbatterti nelle storie più inverosimili o incontrare persone tanto diverse da noi ma così estroverse da rendere molte dissomiglianze un arricchimento per tutti; incontri che diventano parte essenziale della scoperta di questa città, nonché il motivo per cui decidiamo di percorrere tanta strada.
Credo fermamente che ogni viaggio ci renda sempre un po’ più curiosi di quello che normalmente siamo e ci inspiri sempre ad andare un po’ più in là del nostro quotidiano tran tran; e spesso, quando rientriamo dai nostri vagabondaggi, è proprio questo interesse nuovo che ci conduce non solo ai ricordi di quanto vissuto ma anche a curiosi pensieri su cosa stia facendo – in questo specifico momento – quella determinata persona, conosciuta per caso in un luogo improbabile, che vive dall’altra parte del mondo. Ed è quello che mi accade quando penso a Sarabeth Levine.
Autentica self made woman, insignita del James Beard Foundation Award per Outstanding Pastry Chef of the Year – un riconoscimento spesso definito come l’Oscar della gastronomia – è attualmente al timone di una delle più redditizie compagnie alimentari degli Stati Uniti, che vanta oltre 20 ristoranti tra New York, Corea del Sud, Taiwan, Nagoya e Dubai, Sarabeth ha iniziato la sua attività di Jam maker nel 1981, producendo marmellata di arancia con una ricetta di famiglia, datata oltre 200 anni, nel suo appartamento di New York.
Ebbene sì: tutto è iniziato da una marmellata!
Le sue meravigliose creazioni sono prevalentemente incentrate sulla pasticceria americana: pancake, waffle, muffin, biscotti, torte, marmellate e composte di frutta. Ma Sarabeth, oggi, è molto di più: incontrandola in quello che è forse il più caratteristico tra i suoi punti vendita all’interno del Chelsea Market mentre ancora, da dietro le quinte, dirige un’intera squadra di collaboratori, con i suoi capelli bianchi argentati e le ciocche viola saluta, sorride calorosamente ed autografa il suo libro a chiunque, come fosse un vecchio amico. Come se i suoi 20 ristoranti – di cui 12 dislocati a New York tra Park Avenue, TriBeCa, Upper East, West Side e Central Park – non portassero il suo nome.
A New York non c’è persona che non abbia gustato, almeno una volta, il suo famoso brunch del fine settimana; non c’è un newyorkese che non si metta in fila – tranquillamente e rispettosamente – per acquistare i suoi prodotti o per pranzare in uno dei suoi negozi.
E se ci chiediamo il motivo di tanta inimmaginabile pazienza – non propriamente newyorkese – la risposta la troviamo nel modo in cui Sarabeth ha reso la tradizione gastronomica americana un autentico inno di sapori e gusto, esaltando e migliorando solo quanto di buono ed invitante essa può offrire.
Non solo, definita la “pioniera del social brunch nella Grande Mela” i suoi locali, i Sarabeth’s, sono il perfetto luogo dove gustare la tipica colazione newyorkese. Molti nomi noti del grande cinema, tra i quali Taylor Swift, Kristen Stewart e Brad Pitt, sono stati visti cenare nei suoi ristoranti, per non parlare del suo cammeo – o meglio, il cammeo delle sue mani – nel film È complicato.
Il film è una commedia brillante, esilarante e divertente, con i due grandi protagonisti, Meryl Streep e Alec Baldwin, che interpretano rispettivamente i ruoli della proprietaria di una bakery e di un avvocato; molte sono state le riprese effettuate in uno dei Sarabeth’s ed in alcune scene la Levine ha sostituito direttamente l’attrice; in una intervista ha confessato di aver insegnato alla stessa Meryl Streep a “far rotolare i croissant” e che in alcuni momenti erano le sue mani ad essere riprese e non quelle della protagonista, tanto da arrivare a definire questa circostanza come “l’esperienza di pasticceria più pazzesca che avesse mai vissuto”; sicuramente tale evento ha concorso a rendere i suoi ristoranti come punto di riferimento per le celebrità, ma non ha modificato il suo rapporto con i clienti, verso i quali e senza distinzione alcuna, riserva lo stesso trattamento piacevole, cordiale, attento alle esigenze e disponibile.
Un’autenticità elegantemente genuina e, se vogliamo, ben poco social la quale, nata dalla passione per marmellate e conserve ha dato origine, nel tempo, ad un vero e proprio impero. Un cammino iniziato nel 1981, sicuramente non facile ma percorso con sentimento, determinazione e anche tanto amore: “amare ciò che faccio rende felice gli altri”: questa è la sua forza e la sua filosofia. “Altrimenti – ha dichiarato in un’intervista – se non amassi ciò che faccio il mio sarebbe solo lavoro”.
In copertina: Sarabeth Levine
(Immagine per gentile concessione di: www.sarabeth.com)