CIAO MAGAZINE

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RICORDI DI TERRA DI PUGLIA - Tra bianco e smeraldo

La mia estate pugliese è bianca come la calce che ricopre masserie, campanili e chiese abbaglianti anche di notte, rilucenti sotto la luna; bianca come le facciate delle case di Gallipoli, Καλλίπολις, la “Città Bella”, quell’isola circondata da una cinta bastionata eretta per difendersi dagli invasori.

Gallipoli

L’estate pugliese sa di pescato, polipo, pane di Altamura, orecchiette, melanzane. Parla col suono delle cicale accompagnate dai grilli, anche quando è sera. A toccarla, è liscia come una pietra levigata dalle onde, e ruvida come i sentieri di sabbia e rovi che portano a spiagge selvagge. Profuma di timo e rosmarino selvatico, aneto e oleandri. Promette la visione verde-blu del mare laddove finiscono distese aride o punteggiate di cespugli, ulivi secolari e querce, e non delude mai.

Sono molte le sensazioni e i colori che mi hanno da sempre conquistata in questa terra magica, il ‘tacco dello stivale’ bagnato da due mari, ma questa volta mi sono arresa al bianco e al turchese. Dal lato ionico ho vagato per visitare luoghi a me cari, per riascoltare gli strumenti della pizzica e il suono del griko della Grecía salentina, per seguire i passi veloci della tarantella, e per poi esplorare l’altro mare.

Sono tornata volentieri ad Alberobello, con quelle sue abitazioni cilindriche bianche, coperte da un cono grigio che porta in molti casi simboli dipinti in calce bianca, il cui significato è tuttora un mistero: un po’ pre-cristiani, giudaici, pagani, sembrano essere emersi dalla bomboletta di un writer desideroso di lasciare il segno. Per quanto sia meta ambita e molto frequentata, Alberobello mantiene un’aria di distaccata bellezza antica, e paragonando le foto scattate mezzo secolo fa alle mie, l’unica differenza sembra essere il numero dei turisti. Sono partita dalla chiesa a trullo di S. Antonio e poi scesa al Trullo Sovrano, che consiste di due piani e dalle dimensioni più grandi degli altri, e poi di nuovo risalita, passando questa volta dalle viuzze laterali, osservando il panorama di tetti, fili elettrici e cielo blu. È questo l’angolo di fiaba agreste inventata da chissà quale autore a partire dall’anno mille, quando ancora non esisteva Alberobello, ma c’erano solo trulli sparsi nella campagna, aggregatesi poi in questa zona (patrimonio UNESCO), ferma nel tempo. Tutta la Valle d’Itria è punteggiata da queste singolari dimore, molte delle quali si trovano dove svolgevano la loro funzione primaria di abitazioni di campagna, ed è bellissimo scovarle mentre ci si reca altrove.

(Immagini di Leonardo Yip)

Il bianco riluce maestoso in tutta la sua purezza e nelle sue gradazioni a Ostuni, la Città Bianca per eccellenza, dalle radici preistoriche. Dalla sua piazza percorro le piccole stradine che salgono, scendono e si incrociano, arricchite qua e là da cactus e buganvillea, e che portano chissà dove, mentre scivolo su lastre lisce e lucide, consumate dal passaggio degli uomini. Mi perdo volentieri tra le viuzze, mi giro, e il mare mi guarda. Il mio primo pensiero, da quello scorcio ristretto, è alla Grecia, e per un istante mi sembra di essere tornata a Skyros, l’isola piu’ a sud delle Sporadi, un arcipelago nel mare Egeo.

Dopo pochi giorni, mi trovo invece a Presicce, designato come uno dei Borghi più belli d’Italia. Alle 16:30 mi accoglie una città abbandonata, dominata dal Palazzo Ducale e dalla Chiesa Madre di Sant’Andrea Apostolo dalla facciata barocca bianca (e beige) e dal campanile in stile rinascimentale del XVI secolo. Numerose le case a corte del Cinquecento, ma neanche un’anima in giro. Avrei voluto visitare i frantoi ipogei, quel mondo sotterraneo di trappeti che è una testimonianza dell’importanza dell’economia in passato fiorente della città, e legata all’olio. Ma l’ufficio turistico, custode di quest’altro nascosto mondo, era chiuso. Così trovo rifugio in un carinissimo caffè. Mi guardo intorno. L’arredamento è un elegante alternarsi di legno bianco e turchese, ed è un segno che richiama all’acqua.

Piscine Naturali

Quindi mi dedico all’esplorazione di altri mari. Nell’unico giorno nuvoloso del mio soggiorno, arrivo alle Piscine Naturali di Marina Serra, vicine a Tricase. Il nome è sufficiente a esprimere la bellezza e la trasparenza di queste piscine d’acqua marina incastonate tra alti roccioni e abitate da pesci di svariati colori. Le acque sono accolte da un’insenatura che deriva da una vecchia cava, protetta da scogliere che danno la possibilità di trovare il proprio angolo privato di tranquillità, mentre si ascoltano le onde del mare infrangersi sugli scogli dopo una mattinata di snorkeling.

Infine, durante un giro in barca, vado alla scoperta di grotte e delle loro storie, seguendo la costa del Mar Ionio fino a finis terrae (il ‘limite’ riconosciuto dai romani, ovvero Santa Maria di Leuca), poi entrando nell’Adriatico prima di tornare. La costa è ricca di reperti che risalgono al neolitico, e molte grotte occultavano al loro interno preziosi reperti preistorici, come – nel caso della Grotta Montani – resti di elefante e rinoceronte risalenti a 70.000 anni fa.

Grotta del Soffio

Altre, come la Grotta del Soffio, mi invitano a immergermi per entrare attraverso un piccolo passaggio seguendo il ritmo della risacca, che quando defluisce rilascia sbuffi di spuma bianca creati dalla corrente. Sembra davvero che la grotta respiri, divertendosi a spruzzarmi in viso. Così mi immergo per entrare e non appena riemergo, mi trovo avvolta dallo smeraldo luminoso di un mare addolcito dalle infiltrazioni di acqua dolce che provengono dalle pareti alle mie spalle. È come se ci fosse una luce sotto ai miei piedi, in questa quieta grotta dove tutto sembra riportare alla nostra origine, alla ‘rinascita’, al ventre della madre. E in questa dimensione sacra, lascio che l’acqua mi avvolga e mi protegga, colorando il bianco di questa (troppo breve) vacanza in Puglia di smeraldo e turchese.

In copertina: Alberobello

Leggi qui la versione in inglese:
https://www.paolacaronni.com/paolas-blog/2019/8/31/memories-of-the-apulian-land