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LA TERRA DEI LIMONI - Il Lago di Garda e Malcesine visti da J.W. von Goethe

Kennst du das Land, wo die Citronen blühn?
Conosci tu il Paese dove fioriscono i limoni?
(Johann Wolfgang von Goethe,
Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister )


La nostra è la terra dei limoni, e non solo.

Limoni, di cui la Sicilia abbonda, perché, secondo Johann Wolfgang von Goethe, non si è veramente vista l’Italia se non si è vista la Sicilia.

Limoni come sul Lago di Garda, con le sue famose limonaie che tanto colpirono lo scrittore tedesco il 13 settembre 1786, mentre in barca si recava da Torbole a Malcesine.

Limoni, soprattutto, come rappresentazione idealizzata del Sud Europa, della tanto agognata Italia, dove già il padre dello scrittore tedesco si era recato da giovane, ispirando Johann a visitarla, anche alla riscoperta del classicismo greco-romano.

Il famoso verso in apertura proviene da Il Canto di Mignon, che fa parte del romanzo di formazione Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister (1796), ed è pronunciato dalla ragazzina che Wilhelm incontra tra un gruppo di danzatori di strada. Mignon, di origini italiane, ricorda con nostalgia il suo Paese, rappresentando così la personificazione del desiderio del Sud.

E forse però, al di là di Roma, di Napoli e della Sicilia, c’era un Sud che non distava poi molto dalla terra tedesca e che Goethe ha senz’altro aiutato a pubblicizzare. Un Mediterraneo ai piedi delle Prealpi Gardesane, all’ombra del Monte Baldo o delle non lontane Dolomiti, dove poter ritrovare tutta la Sehnsucht (termine che potremmo rendere in italiano con "struggimento”) dello spirito romantico tedesco.

Quando ai primi di agosto sono arrivata con la mia amica Laura a Malcesine, pittoresco luogo sul Lago di Garda – popolato da moltissimi tedeschi malgrado l’anomalia di questa estate segnata dal Covid-19 – ho pensato a Goethe e a quanto lo struggimento per quell’angolo di Mediterraneo che il Lago di Garda rappresentava nel XVIII, sia davvero cosa del passato remoto, vista la sua accessibilità.

Panorama dal Castello di Arco © Paola Caronni

A parte i limoni, sul Garda c’è un’altra pianta che evoca il Mediterraneo, l’ulivo.  La sera del nostro arrivo, ci siamo recate nella suggestiva cittadina di Arco, poco distante, per un concerto di musica etnica nei giardini del castello, che domina l’intera valle dell’alto Garda donando un panorama da fiaba. Per arrivare in cima, abbiamo camminato tra le molte piante di ulivi incastonate con disarmante regolarità ai cigli della stradina, come se fossimo state in Liguria. In realtà, Arco è ben protetta dalle montagne, e la vicinanza del lago di Garda le permette di mantenere un clima particolarmente mite. Gli ulivi sono autoctoni, e questa è una delle aree più settentrionali in cui queste piante crescono naturalmente.

La performance musicale si è svolta sotto lo sguardo austero della torre del castello, circondata da cipressi imponenti e illuminata da luci a colori alterni che hanno creato un’atmosfera magica, ancor più enfatizzata da un temporalone estivo con scrosci di pioggia e folate di forte vento che hanno scosso cipressi e ulivi, e fatto volare le note del didjeridoo nella valle sottostante. Quella sera, le evocazioni musicali di terre lontane si sono contrapposte a emozioni degne dello Sturm und Drang romantico.

La mattina dopo eravamo prontamente in riva al lago. La nostra vacanza è stata molto breve, e il desiderio principale era di passarla in totale relax. Quindi per i nostri tre giorni ci siamo posizionate in un comodo lido con vista sull’affascinante Castello di Malcesine, che si adagia con grazia sulla roccia per poi scendere con le sue torrette verso l’acqua, che in questo punto è turchese, cristallina, e lambisce spiaggette di finissima ghiaia bianca.

Il Castello Scaligero © Qwesy Qwesy (fonte: www.panoramio.com)

E qui i pensieri sono volati di nuovo a Goethe.

In Italienische Reise (Viaggio in Italia), pubblicato nel 1826, l’autore racconta del suo celebre viaggio in Italia. È il 13 settembre 1786, quando un vento fortissimo, alzatosi sul Lago di Garda, lo costringe a fermarsi per un breve soggiorno a Malcesine. L’esperienza è raccontata dallo scrittore con queste parole:

“Coi soli remi si faticava troppo, e si faceva poca strada; ci fu forza sbarcare a Malsesine, primo villaggio veneziano, sulla sponda orientale del lago. Allorquando si viaggia per acqua, non si può dire oggi sarò qui, o colà. Voglio trarre profitto per quanto io possa di questo soggiorno forzato, per disegnare il castello il quale sporge sul lago, e che fa bellissima vista. Stamane nel passarvi davanti ne ho preso di già uno schizzo”.

Ma poco dopo, mentre Goethe si gode, disegnando, la tranquillità del luogo, viene scambiato per una spia tedesca alle prese con chissà quali rilevamenti topografici a scopo militare, e solo per poco sfugge all’arresto, salvandosi grazie alla sua dialettica e a un elaborato discorso sulle ‘rovine’. Secondo lo scrittore, anche le rovine medievali, come il Castello di Malcesine, costituiscono un patrimonio, e quindi devono essere considerate di valore alla stregua di quelle greco-romane.

La sua presenza attrae un gruppetto di curiosi, oltre alle rappresentanze cittadine. Goethe intrattiene tutti, e conversa in particolare con il Signor Gregorio, che ha viaggiato parecchio e conosce Francoforte sul Meno, finché questi interviene a favore dello scrittore, come riporta Goethe:

“Signor podestà, finì egli per dire, io sono persuaso che questo signore è persona dabbene, agiata, e colta, la quale viaggia per la sua istruzione. Dobbiamo lasciarlo andare con ogni dimostrazione di cortesia, perché egli possa dire bene di noi a suoi concittadini, ed invaghirli a portarsi a Malcesine, il quale per la sua amena posizione, è meritevole di essere visitato dai forastieri.» Venni in appoggio a queste parole, tessendo gli encomi della contrada, della località, degli abitanti, non senza ommettere di lodare pure, la prudenza e la saviezza delle autorità costituite”.

E così si sviluppa a poco a poco la fama di Malcesine e di tutto il Lago di Garda, ‘magnifico prodotto della natura’.

La ‘via germanica’ era battuta da tutti i turisti stranieri, e attraverso il Brennero portava a Trento, Verona, Bologna e infine a Roma. Ma per arrivare al Lago di Garda bisognava fare una deviazione, e fu proprio Goethe, grazie alla sua curiosità per l’area, ad ‘aprire la strada’ e permettere ai più di godere di questa meravigliosa parte d’Italia, che – come si è detto – era un concentrato di quello che il nostro Paese rappresentava allora: paesaggio superbo, storia, arte, letteratura, clima mite, colori caldi, olive, limoni e persino fichi.

Con una breve passeggiata, un tardo pomeriggio siamo giunte dal lido al centro di Malcesine. In questo piccolo borgo medievale abbiamo scoperto un angolo di gran fascino e tranquillità, che ci ha portate ad ammirare gli affreschi della volta del palazzo dei Capitani , che si apre su una vista spettacolare del lago, a cenare in una tipica osteria, a chiacchierare di arte e bellezza in uno studio fotografico, e a esplorare i negozietti che vendono l’olio d’oliva del Garda e tanti tipici prodotti della zona.

Palazzo dei Capitani © Paola Caronni

Siamo arrivate al castello scaligero purtroppo tardi per una visita, ma già avevamo apprezzato la sua vista, da non molto lontano, in tutte le ore del giorno. Del resto, ogni tanto, è giusto anche concedersi una pausa, che ci permetta di goderci naturalmente i luoghi in cui ci troviamo, pensando alle casuali circostanze che li hanno resi famosi.

 Ammetto che queste riflessioni hanno fatto riaffiorare, inevitabilmente, quella Sehnsucht che provo – come tanti italiani all’estero – vivendo lontana da casa e non potendo giovare appieno delle nostre bellezze, proprio come successe a Mignon:

Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?
Brillano tra le foglie cupe le arance d’oro,
Una brezza lieve dal cielo azzurro spira,
Il mirto è immobile, alto è l’alloro!
Lo conosci tu?
Laggiù! Laggiù!
O amato mio, con te vorrei andare!

Conosci tu la casa? Sulle colonne il tetto posa,
La grande sala splende, scintillano le stanze,
Alte mi guardano le marmoree effigi:
Che ti hanno fatto, o mia povera bambina?
La conosci tu?
Laggiù! Laggiù!
O mio protettore, con te vorrei andare.

Conosci tu il monte e l’impervio sentiero?
Il mulo nella nebbia cerca la sua strada,
Nelle grotte s’annida l’antica stirpe dei draghi,
La roccia precipita e sopra lei l’ondata:
Lo conosci?
Laggiù! Laggiù,
Porta la nostra strada, andiamo o padre mio!

(J. W. Goethe, Il Canto di Mignon. Traduzione di A. Rho e E. Castellani in J. W. Goethe, Wilhelm Meister. Gli anni di apprendistato, Adelphi, Milano 1974)

In copertina: Goethe nella campagna romana
© Johann Heinrich Wilhelm Tischbein

 (English version of this article here)