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TOMMASO BASILI - Dall'Impero al Paradiso

Il nome di Tommaso Basili ricorre sempre più spesso nel panorama televisivo e cinematografico, sia italiano che internazionale.

L’attore, originario di Tempio Pausania in Sardegna, nasce nel 1980 da padre marchigiano trapiantato negli Stati Uniti e madre nata e cresciuta nelle colonie franco-portoghesi del Madagascar. Trascorre l’infanzia tra Milano e il lago di Como, per poi proseguire gli studi superiori in Svizzera, negli Stati Uniti e in Spagna, dove si laurea.

Il suo approccio alla recitazione arriva tardi, formandosi prima per tre anni a Milano, presso il Michael Rodgers Acting Studio, e poi a New York, presso lo Stella Adler Studio of Acting.

Le sue prime esperienze professionali lo vedono impegnato in diversi spot pubblicitari diretti da registi eccellenti quali Gabriele Salvatores, Stefano Sollima, Silvio Muccino, Luca Lucini, Fausto Brizzi, Francesco Fei, Sidney Sibilia e Tom Hooper.

Il suo primo ruolo ufficiale arriva con 1993, fiction targata Sky Atlantic. Dopodiché prende parte al film Il Vegetale e alla fiction di Rai1 La Strada di Casa 2.

Successivamente ottiene ruoli sempre più rilevanti, come nella fiction di Canale 5 L’Isola di Pietro, con Gianni Morandi. A gennaio approda su Netflix, nella serie americana girata in Turchia dal titolo L’Impero Ottomano (Rise of Empires: Ottoman), dove interpreta il ruolo di Costantino Paleologo XI, ultimo imperatore dell’Impero Romano d’Oriente.

Attualmente è nel cast de Il Paradiso delle Signore 4, acclamata serie televisiva in onda su Rai Uno, con il ruolo di Ennio Palazzi, giovane imprenditore del nord Italia, oltre che nella fiction Don Matteo 12, dove interpreta un architetto dalla vita assai complicata. Presto lo vedremo anche in Medical Report, un nuovo progetto in uscita a marzo su Rai Uno, accanto a Luca Argentero e Matilde Gioli.

Tommaso, la prima parte della tua vita ed i tuoi studi hanno avuto luogo in un contesto multiculturale. Solo dopo aver conseguito la laurea in Spagna ti sei avvicinato alla recitazione. Come è maturata questa decisione? 

È stata una decisione cui sono arrivato in punta di piedi, quasi scusandomi con me stesso. Per qualche ragione era difficile per me ammettere che avrei voluto intraprendere questa strada. Ma, ancora prima di ciò, c’è stata tantissima confusione sul cosa volessi realmente fare nella vita, e alcuni timidi e goffi approcci verso l’arte della recitazione. Poi ci sono stati diversi indizi, strada facendo, che mi hanno dato la determinazione di seguire il mio istinto. È un’eterna scoperta, un continuo cercare di migliorarsi senza avere certezze future.

Cosa ti ha attratto di questo mondo?

Ci sono tante cose che mi attraggono di questo mondo, da sempre. L’audiovisivo in generale mi ha sin da piccolo affascinato. L’abbinamento tra immagini e musica è un qualcosa dal potere immenso: dal cinema, alla pubblicità stessa. Infatti come tesi di laurea (non so quanto sia riuscito nel mio intento, ma il tentativo era sincero) mi sono focalizzato sull’utilizzo della musica nella pubblicità televisiva negli anni ‘80. E poi il cinema, lo story-telling e la capacità unica che il cinema ha di rendere straordinario anche l’ordinario, come dire, poetizzando ogni aspetto della vita. Il cinema mi regala lo stesso stupore nell’osservare la realtà di quando ero bambino.

Una volta intrapresa questa strada hai dovuto ricominciare daccapo con la tua formazione, che è avvenuta tra Milano e New York. È stato faticoso?

Sì, lo è stato. Ma più che altro perché sono il mio peggior nemico, quindi attraverso lo studio della recitazione ho dovuto fare i conti prima con me stesso e poi, eventualmente, con dei testi e dei personaggi. A Milano ho avuto un maestro straordinario: Michael Rodgers (leader di primo piano nella formazione per attori, ndr). È stata quasi una scuola di vita e poi di recitazione. New York invece mi ha regalato quel dinamismo tipico degli americani, capaci di essere estremamente seri e meticolosi attraverso il clima del gioco.

A livello professionale sei partito subito molto bene, con degli spot pubblicitari d’autore. Com’è avvenuto il passaggio alla televisione e al cinema?

La pubblicità mi ha dato modo di capire come funzionasse un set, cosa volesse dire stare davanti a una telecamera e osservare grandi professionisti all’opera. Nel frattempo studiavo ed era un bel modo di passare dall’aula al lavoro. Il passaggio dalla pubblicità alla televisione avvenne quando Paolo, il mio agente, decise di credere in me e di aiutarmi ad avere la mia prima occasione. È tanto importante che qualcuno creda in te, soprattutto agli inizi, quando si è ancora più fragili. Sono eternamente grato a tutti quelli che mi hanno dato una possibilità, e la lista è lunga.

Dopo una serie di partecipazioni a fiction di matrice italiana è arrivato il ruolo di Costantino nella serie Netflix Rise of Empire: Ottoman. Una produzione internazionale, in cui sei l’unico italiano nel cast. Come ti sei preparato per questo ruolo e che tipo di difficoltà hai incontrato, durante le riprese, rispetto alle tue esperienze precedenti?

Devo essere sincero, ho avuto forse poco più di due settimane per prepararmi per il ruolo di Costantino XI. Ero nel panico più totale! Per un personaggio complesso, realmente esistito ma di cui si hanno poche fonti storiche a disposizione, e per una storia così densa di avvenimenti, ho cercato di rendermi la vita il più semplice possibile e mi sono focalizzato su alcuni aspetti base del personaggio, in primis la voce. Dovevo decidere il suo timbro, e la sua camminata: non doveva certo essere quella di un ragazzotto dei giorni nostri. E avevo anche il timore di finire a rappresentare l’archetipo dell’Imperatore e quindi un qualcosa di stereotipato e, di conseguenza, finto. La verità, spero, l’ho trovata nel mezzo. Le difficoltà sul set, devo dire, sono state pochissime. Mi sono trovato molto bene con tutti. Tanto lavoro, ma con grande entusiasmo, e a volte tante ma tante risate: a tal punto che spesso è stato snervante cercare di tornare seri.

È la prima volta che interpreti un personaggio storico? 

Sì, e non potevo volere di più.

C’è molta differenza nel modo di lavorare italiano, rispetto ad un contesto internazionale?

Non ho trovato particolari differenze. In Italia le pause pranzo sono più lunghe!

Al momento sei anche impegnato nel Il Paradiso delle Signore 4, dove interpreti il ruolo di Ennio. Puoi dirci qualcosa di più su questo personaggio?

Ennio Palazzi è un uomo determinato, romantico, un sognatore. Ma anche un pragmatico imprenditore. Mi piace molto questa sua dualità, specialmente se immersa in quel mondo, quello dell’Italia anni ‘50/’60 dove essere garbati non era un optional. Credo che Il Paradiso delle Signore faccia un lavoro magistrale nel rappresentare questo aspetto della società di quel tempo, e molto altro. Sono contentissimo di farne parte. Oltretutto, c’è un clima lavorativo fantastico e credo che i risultati della serie lo dimostrino!

Altri progetti in cantiere?

Ho un progetto in cantiere ma per scaramanzia preferisco non parlarne.

Un sogno nel cassetto?

Continuare a crescere lavorando.

In copertina: Tommaso Basili
immagini per gentile concessione dell’intervistato