SCOZIA - Un connubio perfetto tra natura e uomo
“Please, move away! You can’t stay here!” – Perfetto, sono ad Edimburgo da cinque minuti e queste sono le prime parole che scambio con uno scozzese. Ottimo inizio, direi. Che siano tutti così irascibili? Beh, devo ammettere che nei dieci giorni di soggiorno in questa terra ricca di storia e di leggende ho effettivamente capito che lo scozzese “tipo” non è molto paziente con chi non rispetta regole e divieti, ma sa essere anche estremamente gentile, simpatico e disponibile ad aiutare se necessario. In poche parole, è come i luoghi in cui abita: a primo impatto possono sembrare aspri e selvaggi, ma appena un raggio di sole fa capolino tra le nubi, rivela colori e atmosfere romantiche e terribilmente sublimi.
Ma cominciamo dall’inizio, la prima tappa del mio viaggio nella terra di William Wallace è stata proprio la sua capitale, Edimburgo, incantevole città piena di stimoli e in fremente movimento. La prima impressione che si ha arrivando è olfattiva; il centro è infatti permeato da un gradevolissimo odore di malto dovuto alla presenza di fabbriche di birra. La birra è una componente fondamentale della cultura scozzese, quindi non stupitevi di incontrare nei pub persone con due boccali di birra contemporaneamente (e soprattutto, non cercate di reggere il loro ritmo). Il piatto tipico è invece il fish and chips, mangiato a tutte le ore e, letteralmente, in tutte le salse. Ricordo un take-away preso d’assalto alle tre del mattino: praticamente, il nostro cappuccino e cornetto post-discoteca.
Passeggiando per le viuzze tortuose della Old Town (patrimonio dell’Unesco) circondate da palazzi alti e scuri ho da subito avuto l’impressione di immergermi nel mondo di Harry Potter; d’altro canto la stessa Rowling ha ammesso di essersi ispirata alla capitale scozzese per le sue opere, in particolare a Victoria Street, per la sua Diagon Alley. Camminando lungo questa strada, sulla quale si affacciano edifici colorati in stile georgiano e negozi ispirati proprio alla saga, si arriva a The Elephant House (la Casa dell’Elefante) nella quale l’autrice ha scritto molte delle pagine che hanno appassionato i lettori di tutto il mondo. Si racconta che scrivesse in questa caffetteria per la vista sul maestoso guardiano della città, il castello di Edimburgo, imponente sulla sommità della collina vulcanica chiamata Castle Rock.
C’è qualcosa di epico e drammatico allo stesso tempo nello scorgerlo, nel pensare a quanta vita, morte e distruzione abbiano visto queste pietre, ricche di opere e storia. All’entrata è ancora perfettamente visibile il ponte lavatoio sul quale svetta il motto “Nemo ne impune lacessit” (Nessuno mi sfida impunemente). Impossibile non provare un viscerale brivido di paura scendere lungo la schiena immedesimandosi nei soldati che se lo trovavano di fronte al momento di un attacco.
Ma al giorno d’oggi il gigante subisce ben altri tipi d’assedio: è infatti il sito più visitato della Scozia, ed a gran ragione. Vanta infatti, tra le altre cose, l’esposizione degli Honours of Scotland (le Insegne di Scozia) uno dei più antichi insiemi di insegne regali della cristianità, musei e mostre e il più antico edificio della città, una cappella risalente al XII secolo.
L’unica via di accesso al castello era, ed è ancora oggi, la grande Esplanade, che nel mese di agosto diventa la sede del Military Tattoo, la più grande parata militare al mondo. Durante questa manifestazione la spianata del castello è animata dai Pipers che suonano le accorate melodie di battaglia dei famosi reggimenti di highlander scozzesi mentre meravigliosi giochi di luce vengono proiettati sul castello stesso. Questa musica ha il dono di portare indietro nel tempo e di comunicare l’ancestrale voglia di indipendenza e libertà che ha reso la Scozia famosa in molti libri e film. Ancora oggi sul castello svetta infatti, insieme alla Union Jack, il Saltire scozzese: la bandiera bianca e azzurra simbolo della Scozia fin dall’anno Mille.
Ad onor del vero, addentrandosi nel nord e nelle Highlands, questo sentimento di libertà si percepisce ancora di più, tant’è che è molto comune trovare esposta solo la croce di Sant’Andrea su sfondo blu. Procedendo verso nord, infatti, si ha la sensazione di abbandonare la civiltà ed entrare in un mondo atemporale, dove esistono solo montagne immense e fiere, che si specchiano in laghi scuri e misteriosi trapuntati da castelli antichissimi. Compaiono all’improvviso, dietro un promontorio o su di un’altura: te ne accorgi solo quando ci sei vicino, ma loro sono stati sempre lì ad aspettarti e a continuare la missione di guardiani per cui furono costruiti.
La numerosa presenza di fortezze, ormai purtroppo in gran parte ruderi, è decisamente retaggio e conferma delle terribili condizioni di incertezza e pericolo in cui si è trovato a vivere il popolo scozzese, diviso in clan spesso in lotta fra loro. Particolarmente toccante è stato visitare il sito della Battaglia di Culloden, luogo della tragica battaglia finale tra clan giacobiti e giubbe rosse inglesi per la restaurazione del principe Stuart.
Probabilmente uno dei luoghi più utilizzati come a livello cinematografico è il castello di Urquarth, a Loch Ness; tuttavia, quello che ha suscitato in me e nelle mie compagne di viaggio le emozioni più forti è stato il castello di Dunnottar, innalzato sopra un promontorio affacciato sul Mare del Nord.
Percorrendo il ripido sentiero sono stata assalita da un subbuglio interiore, un misto di incredulità, soggezione e riverenza per ciò che mi si apriva davanti agli occhi. Alla base dell’insenatura, con le onde del mare che s’infrangono sugli scogli a destra e sinistra e la porta d’accesso che torreggia dall’alto, ho avuto la seria impressione che il percorso fosse stato scelto appositamente per incutere timore e sottomissione in tutti coloro che si avvicinavano. Benché per la maggior parte siano rimaste solo rovine, il luogo trasmette ancora la fierezza di coloro che lo hanno abitato e che vi hanno combattuto strenuamente nei secoli. È bello fingere di tornare indietro nel tempo affacciandosi da una delle finestre ancora integre, guardando le affascinanti falesie sferzate dal vento e bagnate dal freddo mare.
A proposito di mare, la Scozia è ricca di isole e durante il viaggio ho visitato l’Isola di Skye, un luogo davvero magico, collegato alla terraferma da un futuristico ponte. Effettivamente, già percorrendolo si è attraversati da una scossa di adrenalina, come preavviso dei paesaggi iconici e drammatici che si apriranno da lì a poco davanti ai nostri occhi.
Skye, con le sue catene montuose, i chilometri di coste drammatiche ed i pittoreschi villaggi dei pescatori, dimostra come in Scozia ci sia un connubio perfetto tra natura e uomo, dove sembra veramente di entrare in contatto con lo spirito di Madre Natura. La quale, a volte, sa essere anche molto dispettosa, come quando, meteorologicamente parlando, si attraversano tutte le stagioni nel corso di una giornata. Dopotutto però, citando il simpatico Scott incontrato durante un’escursione: “Four seasons in a day… It’s Scotland!”. Ecco, tutto questo è la Scozia: un mondo di magia, storia, folclore e paesaggi maestosi e sublimi dove potersi meravigliare, entusiasmare, perdere e poi, eventualmente, ritrovarsi.
In copertina: le Highlands scozzesi in autunno