MICHELE PLACIDO – "Pirandello. Trilogia di un visionario"

MICHELE PLACIDO – "Pirandello. Trilogia di un visionario"

Michele Placido torna in teatro con Pirandello. Trilogia di un visionario, uno spettacolo che unisce tre opere emblematiche del grande drammaturgo siciliano: Lettere a Marta, L'uomo dal fiore in bocca e La carriola.

Con al suo fianco gli interpreti Valentina Bartolo, Paolo Gattini e Brunella Platania, e con la collaborazione della giovane drammaturga Giulia Bartolini, Placido intraprende un viaggio nell'universo pirandelliano, esplorando il confine tra realtà e finzione, le inquietudini dell'essere umano e la potenza visionaria della scrittura.

In questa intervista, l'attore e regista ci racconta il suo rapporto con Pirandello, il significato di questa messinscena e l'attualità del suo messaggio.

Da cosa nasce l'idea di portare in scena Pirandello. Trilogia di un visionario?

L'idea nasce dalla mia passione per Pirandello, un autore che considero eterno e ancora oggi estremamente attuale. Con questo spettacolo ho voluto creare un ponte tra diverse opere, unendo la sua scrittura in una drammaturgia unica che mette in luce le sue tematiche più profonde: l'identità, la fragilità dell'essere umano, il senso della vita.

Il titolo fa riferimento a Pirandello come "visionario". In che senso lo era?

Pirandello era un visionario sia per la sua capacità di anticipare temi che oggi ci riguardano ancora profondamente, sia per la sua scrittura, che sfida le convenzioni narrative e teatrali. Il suo modo di raccontare la realtà è quasi psicoanalitico, indaga l'animo umano con una lucidità impressionante.

In che modo le tre opere scelte dialogano tra loro?

Ho voluto costruire un percorso che mostrasse tre aspetti diversi della poetica di Pirandello. "Lettere a Marta" ci introduce nell'intimità della sua corrispondenza con Marta Abba, svelando il lato più umano dello scrittore. "L'uomo dal fiore in bocca" è una riflessione drammatica sulla vita e sulla morte, mentre "La carriola" ci offre uno spaccato tragicomico dell'esistenza. Insieme, queste opere creano un dialogo intenso sulle contraddizioni dell'uomo.

Pirandello viene spesso associato al concetto di "maschera". Come emerge questo tema nello spettacolo?

La maschera è centrale nella sua opera. Nei testi scelti, i personaggi vivono una continua oscillazione tra ciò che sono e ciò che mostrano di essere. Spesso si guardano dall'esterno, come se fossero estranei a se stessi. Questo riflette un tema universale: la difficoltà di conciliare la nostra identità interiore con l'immagine che diamo al mondo.

Cosa l'ha colpita di più nelle Lettere a Marta?

Questa corrispondenza è un vero e proprio diario dell'anima. Si scopre un Pirandello fragile, innamorato, tormentato. Attraverso le sue parole, si percepisce quanto Marta Abba sia stata fondamentale per lui, non solo come musa ispiratrice, ma come figura con cui confrontarsi e riflettere sulla propria arte.

L'uomo dal fiore in bocca è un testo di grande intensità emotiva. Come lo ha affrontato in scena?

Ho cercato di renderlo con la massima sincerità, senza artifici. È un testo che parla della fine imminente, della frenesia di vivere quando si sa di avere poco tempo. Ho lavorato molto sulla voce e sui silenzi, per restituire il senso di urgenza e disperazione che il protagonista prova.

La carriola ha invece un tono più ironico. Come si inserisce nel contesto della trilogia?

L'ironia è un elemento fondamentale in Pirandello. In "La carriola" vediamo un protagonista che, in un momento di rottura, compie un gesto apparentemente assurdo, ma profondamente liberatorio. È una parabola che ci fa riflettere su quanto siamo intrappolati nei ruoli che la società ci impone.

In che modo la giovane drammaturga Giulia Bartolini ha contribuito alla costruzione dello spettacolo?

Giulia ha portato uno sguardo fresco e contemporaneo su Pirandello, aiutandomi a creare un filo conduttore tra i tre testi. Il suo contributo è stato prezioso nel dare coerenza alla struttura narrativa e nel valorizzare gli aspetti più moderni dell'autore.

Qual è la sfida più grande nel portare Pirandello in scena oggi?

Far emergere la sua attualità senza tradire la sua essenza. Pirandello non è mai retorico, non dà risposte definitive, ma pone domande scomode. La sfida è mantenere viva questa complessità e lasciare che il pubblico si interroghi.

Cosa spera che il pubblico porti con sé dopo aver visto lo spettacolo?

Spero che rimanga la sensazione di aver fatto un viaggio dentro sé stessi, dentro le proprie inquietudini e le proprie emozioni. Pirandello ha la straordinaria capacità di parlare a ognuno di noi in modo personale, scavando nelle nostre fragilità. Se lo spettacolo riuscirà a far riflettere anche solo su una delle grandi domande che Pirandello pone, allora avrà raggiunto il suo scopo.

            Lo spettacolo, prodotto da Goldenart Production, andrà in scena il 15 e 16 marzo al Teatro Era di Pontedera e dal 18 al 23 marzo al Teatro della Pergola a Firenze.

In copertina: Michele Placido
immagini di Azzurra Primavera
per gentile concessione del Teatro della Toscana

FRANCESCO BONGARRÀ – Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra

FRANCESCO BONGARRÀ – Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra

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