UMBERTO DONATO DI PIETRO - Poeta e scrittore
Innamorato delle donne, della poesia ma soprattutto della sua Roma, Umberto Donato Di Pietro regala a chi lo segue, sui social e non solo, pensieri e parole che ‘sentono’ romano oltre il tempo e lo spazio. Controllore del Traffico Aereo presso l’Aeroporto di Ciampino per molti anni, dopo aver abbandonato e intrapreso l’attività di commercialista scrive alcuni trattati fiscali, trampolino di lancio verso generi meno tecnici e più umanistici. Autore di romanzi quali “Il mistero della spilla”, “Il velo bianco” e “Il senso della vita” (ambientato proprio a Praga), Di Pietro è però soprattutto un poeta: tra le sue numerose raccolte ricordiamo infatti “La Valle”, “Parlo alla Luna”, “Gocce di pensieri” e ultima, in ordine di tempo, “Fiori di campo”. La sua intensità lo porta ad essere vincitore di molti concorsi in versi a vari livelli, incluso il Festival Internazionale di Poesia Estemporanea "Il Federiciano" che, nel 2016, arriva ad insignirlo del titolo di «custode» del “Paese della Poesia”, attualmente associato al piccolo borgo calabrese di Rocca Imperiale.
Quando è iniziato il suo rapporto con la scrittura? Un tutt’uno tra prosa e poesia o due avventure differenti?
Di sicuro sono due avventure differenti. Il primo rapporto con la poesia è iniziato circa nove anni fa, dopo la scomparsa della compagna di tutta la mia vita. Mi sono ritrovato come perduto e ho cominciato a trovare consolazione scrivendo poesie, quasi tutte dedicate a lei. Era come se potessi parlarle di nuovo.
Prima di allora non avevo mai scritto nulla: esercitavo una professione razionale, non creativa, e l’idea di comporre in versi era di sicura l’ultima nella scala delle possibilità. Ma quando si è concretizzata ha dato il via anche ad altre esperienze.
Dopo la pubblicazione di quindici raccolte poetiche, infatti, ho voluto cimentarmi anche nella narrativa, scoprendo una bellissima esperienza che ha prodotto, ad oggi, ben quattro romanzi. Scrivere una storia è come ritrovarmi fianco a fianco ad un amico, vivere due vite -la sua e la mia- e sentire, quando ci si ‘separa’, come se stessi perdendo per sempre una parte di lui, della nostra vita insieme.
In ogni caso, anche nei momenti dedicati alla narrativa la poesia rimane un momento fisso, quotidiano: la sua composizione è per me inarrestabile come un fiume in piena.
Finalista con menzione di merito in diverse competizioni poetiche nazionali e internazionali, nonché collaboratore ad antologie e "Custode" del Paese della Poesia: si aspettava tutto questo riscontro da parte degli “addetti ai lavori”?
No, sinceramente non me lo sarei mai aspettato. Ottenere questi riconoscimenti si è rivelato un grande stimolo nel continuare a scrivere e a sperimentare.
Proprio a Rocca Imperiale, Paese della Poesia, ho avuto la fortuna di aggiudicarmi qualche estemporanea, genere di competizione che prediligo e dove è giunto inaspettato il riconoscimento di "Custode".
Che senso ha, secondo lei, scrivere e parlare di poesia oggi, e soprattutto in Italia?
Mala tempora currunt, direbbero i latini. Stiamo vivendo momenti di ansia e di terrore e le menti sono rivolte agli atroci accadimenti che, ormai con una certa frequenza, si verificano. Sono comunque del parere che una poesia, uno scritto o una riflessione, possano regalare un colore nuovo alle cose ed ai sentimenti, cambiandone prospettiva o facendone riscoprire delle nuove.
Come definirebbe il suo rapporto coi lettori?
Ottimo, un rapporto di assoluta fiducia. Loro percepiscono, attraverso i miei scritti, le emozioni, i sentimenti, le passioni e le ansie che fluiscono dal profondo attraverso la penna, senza pudore e senza schermi. I riscontri arrivano anche direttamente sui social, dove sono presente ed attivo attraverso un’interazione familiare quotidiana.
A quale dei suoi lavori è più legato? Perché?
Logicamente, sono legato a tutti: è come chiedere ad un padre quale dei suoi figli prediliga. Il romanzo in cui mi identifico di più è sicuramente il primo che ho prodotto, “Il mistero della spilla”, uno spaccato di vita vissuta, dove narro il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 che, sfortunatamente, ho visto con i miei occhi. Avevo solo sei anni ed ancora oggi, sebbene a distanza di tanti anni, mi capita di commuovermi al solo ricordo. Come può vedere mi sto commuovendo anche adesso parlandone con lei. Rifuggo dall’assistere a spettacoli pirotecnici, mi sconvolgono i forti temporali estivi: sono accadimenti che mi fanno rivivere quei terribili momenti.
La rinascita sembra essere il filo conduttore della storie della sua narrativa. Rinascita come trasformazione o come rinnovamento?
Entrambe: come trasformazione ma anche come rinnovamento. A esempio, nel romanzo che ho appena citato il personaggio, attraverso le vicende vissute durante la guerra, si trasforma dal ragazzo semplice, spensierato e un po' sprovveduto che era in un uomo forte e responsabile, che la guerra non è riuscita ad inaridire ma, al contrario, ha fatto crescere e riflettere sul vero significato della vita. Un uomo che è ancora – e qui il rinnovamento – in grado d'amare e di essere di conforto al prossimo, mantenendo sempre la genuinità e semplicità propria del laborioso e onesto mondo contadino. Nel racconto si succedono poi una serie di personaggi che dimostrano, pur in diverse vesti, che anche durante l'orrore di un conflitto mondiale è possibile conservare quell'umanità che gli individui non dovrebbero perdere mai, in nessun momento e a nessun prezzo. A dimostrazione che, nonostante la disperazione che una guerra porta con sé, c’è sempre una possibilità di ritrovare la speranza di rinnovamento per una vita migliore.
Le sue origini, e la città di Roma in particolare, in che piega del suo scrivere si nascondono o prendono vita?
La città che ho amato non esiste più. Intendo nei caratteri umani, dal momento che sono totalmente cambiati, mentre la sua bellezza rimane indiscutibilmente meravigliosa, come la sua lingua. Ho composto diverse poesie in dialetto romanesco: in alcune ne ho esaltato la maestosità, altre invece suonano come un lugubre lamento per tutte quelle cose e per quei contatti umani che, ahimè, non ci sono più.
Invece Praga e la sua scrittura dove si incontrano e come convivono?
Praga è una città che ricorre spesso nei miei sogni. Alcuni capitoli del mio romanzo sono ambientati proprio in questa città, ma sono solo frutto di fantasia, non avendo mai avuto modo di poterla visitare davvero: la conosco soltanto attraverso il web. Ricordo che qualche anno fa, avendo io l’hobby della videografia, creai un video in omaggio alla città, tanto era ed è il mio vivo desiderio di poterla vedere. Chissà, forse un giorno appagherò questo mio sogno e potrò percorrere quelle strade, quelle piazze, così come le ha percorse fantasticamente il protagonista della mia storia.
Riportando il titolo di un suo romanzo, qual è per lei il senso della vita?
Il senso della vita è sempre qualcosa di soggettivo. Lo si esprime innanzitutto nel modo in cui la si vive, cosa da essa ci si aspetti. Il suo significato lo troviamo in tutte le cose che ci circondano, alle quali diamo il giusto valore, componenti senza le quali il creato stesso non sarebbe che un vuoto nulla. Credo comunque che il vero senso della vita sia semplicemente l’amore, quell’amore che riusciamo a trasmettere in ciò che ci circonda; esso può avere un nome o essere semplicemente una traccia sulla neve, oppure lo sguardo di una donna innamorata o quello di uno sconosciuto che ti dà la risposta che cercavi. Penso si possa ricondurre semplicemente a questo.
A Romolè te vorebbe dì 'na cosa!
ma noi stamo tanto a parlà
de 'sti beduini che martratteno
'e donne, ma tu ce lo sai
che puro oggi noi popolo de civili
penzamo che 'a donna deve
da esse sottomessa a l'omo?No nun m'enterompe che
me fai perde er filo, e
piantella de ciancicà ste fusaje
stamme a sentì quanno parloIo penzo che er Creatore
a la donna nun j'abbi messo
'na costola ma la mejo
parte der cervello nostro
perché si ce fai caso è più
mejo de noi ner fa raggionamenti!Ma che me stai a dì che so ruffiano?
Guarda che io da quanno so
sortito dar ventre de mi matre
che vedo 'a donna come 'n fiore
portatrice de senno e tanto ammore
e de 'a donna ce so nato 'nnammorato.
In copertina: Umberto Donato Di Pietro
(Articolo pubblicato su Ciaopraga, Vol. 6)