DISNEY - L’arte di raccontare storie senza tempo
Avevo già avuto modo di visitare la mostra della Disney in un’altra città ma, quando mi è stato proposto di rivederla a Roma, nello splendido contesto di Palazzo Barberini, ho colto l’occasione al volo.
La mia città, a maggio, accoglie il primo caldo estivo. Cammino sotto il sole cocente con la speranza di potermi godere la mostra al fresco, fino a quando intravedo da lontano il poster dell’esposizione, con Grimilde trasformatasi in una povera vecchietta intenta a porgere a Biancaneve la mela avvelenata, e mi viene subito la pelle d’oca.
Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo, inaugurata a Roma lo scorso 15 aprile e visitabile fino al prossimo 25 settembre, è prodotta dal Gruppo 24 ORE e curata della Walt Disney Animation Research Library, con la collaborazione di Federico Fiecconi, storico e critico del fumetto e del cinema di animazione. L’allestimento prevede un percorso con triplice chiave di lettura.
Al centro dello spazio d’ingresso è posto un enorme libro digitale, sulle cui pagine scorrono le immagini delle più celebri storie della Disney. Il sottofondo musicale non mi è nuovo, tanto che quasi lo canticchio, e vedo intorno a me bambini incuriositi: ho l’impressione di essere tornata indietro con gli anni.
Ogni volta penso a come Walt Disney abbia creato un impero disegnando un semplice topo. Tra le tante leggende a cui ha dato vita, ce n’è una che narra di un’ispirazione che l’artista ebbe su un treno che lo conduceva da New York a Hollywood. Come egli stesso più volte rivelò in seguito, ripensando ai tempi in cui lavorava a Kansas City, si ricordò di un gruppo di topolini che gli venivano a far compagnia infilandosi nel cestino della carta. Uno di questi gli era particolarmente simpatico, tanto che lo teneva in una gabbietta sulla scrivania, e fu così che decise che proprio un topo sarebbe stato adatto per la sua nuova serie animata.
Dopo aver visto le pagine in questo gigantesco libro digitale voltarsi per due volte , mi incammino verso la prima sala, dedicata al Mito.
Il mito è un mondo conosciuto e sconosciuto allo stesso tempo, che affascina l’essere umano a qualsiasi età, carico di simboli, tradizioni e misteri; ma soprattutto, sono i protagonisti di queste storie ad attirare la nostra attenzione, poiché il più delle volte si tratta di esseri dai poteri sovrannaturali, le cui imprese sono segnate da gesta eroiche e fatti straordinari.
Tra i tanti miti a cui gli artisti della Disney hanno dato vita, quello che più mi affascina è Hercules, un vero eroe che non si giudica dalla grandezza della sua forza bensì dalla bontà del suo cuore.
Nella parete a lui dedicata vi sono innumerevoli disegni preparatori, molti dei quali lo raffigurano in ogni singolo dettaglio, ma vi sono anche schizzi del perfido Ade, dio degli Inferi, dal colore dei capelli mutevole, e della bella e sensuale Megara, vestita come una dea greca.
In ogni contorno della figura umana e della scenografia scelta dagli illustratori disenyani, si percepiscono distintamente la forza e l’eleganza dell’arte greca, divinamente affiancate al senso della caricatura.
Entro nella sala successiva, dedicata alla Favola. Chi di noi non ne ha mai letta o ascoltata una? Tra le tante che vengono raccontate ai bambini, quella scelta da Walt Disney e qui maestosamente celebrata è tutta italiana: Pinocchio.
Osservando i vari schizzi per le sequenze di immagini e gli innumerevoli disegni definitivi per l’animazione, scopro che per Disney Pinocchio rappresentò una vera e propria sfida: il problema principale fu rimanere fedele ai temi morali che Collodi aveva saputo magistralmente personificare in ogni protagonista, senza però trascurare l’animo spiritoso, impertinente e monello del burattino.
Ed è così che Pinocchio divenne, nel lungometraggio disneyano, un eroe innocente in cerca della propria strada. Una figura dai tratti dolci, resi tali grazie alla rotondità delle guance, nonché dalla punta del lungo naso e dagli occhi gentili e sinceri, profondi e incredibilmente azzurri.
Nonostante l’origine italiana della storia, si evince più che mai dai disegni delle scenografie come siano stati scelti paesaggi pittoreschi, tipici dell’Europa del nord. Celebre è la sinfonia di C’è una stella su nel ciel, cara alle orecchie dei più piccoli ma emozionante anche per quelle dei più grandi, che accompagna lo spettatore in questo magico percorso.
Segue la sala dedicata alla Leggenda, ricca di storie tradizionali che mescolano la verità storica e l’invenzione, come La spada nella roccia.
Il vero protagonista, in questa sezione, è però Robin Hood, tanto da far da sfondo al pannello introduttivo con uno schizzo a colori del 1973: solo una volpe può ben rappresentare l’eroe inglese che ruba ai ricchi per dare ai poveri.
Robin Hood fu il primo film d’animazione in cui gli illustratori ricorsero a personaggi antropomorfizzati al posto delle persone. Numerosi sono i disegni in cui Little John appare come il migliore degli amici nelle sue dolci forme, mentre gli occhi di Robin sono disegnati magnificamente, tanto da rendere chiaro il suo essere furbo e agile, senza trascurare la dolcezza che lo contraddistingue.
L’ultima sala è dedicata alla Fiaba, alle storie che iniziano con il classico “C’era una volta”, dove la magia affascina ogni senso di chi le ascolta e le vede, e fatine, folletti e sirene la fanno da padroni. Bellissimi i numerosi bozzetti dedicati a Cenerentola e La bella addormentata nel bosco. La mia attenzione è, però, completamente rivolta a Biancaneve e i sette nani.
Nel film d’animazione gli sfondi medioevali incontrano quelli neogotici, traslando tale fusione nei personaggi stessi: ogni nano viene disegnato con una precisione tale da far trapelare la propria esatta personalità nella caratterizzazione fisionomica. Grimilde, la regina cattiva, è bellissima solo in apparenza, mentre in realtà nasconde fattezze di una vecchia megera, quasi a ricordare uno de I due vecchi dipinti da Francisco Goya.
Biancaneve, pura d’animo, appare negli schizzi in tutta la sua eleganza e la sua semplicità, che ben la contraddistinguono dal mondo malvagio nel quale è cresciuta.
Riemergendo dall’universo incantato che mi ha completamente catturata durante il percorso, termino la mia visita e mi dirigo verso l’uscita, passando per una stanza le cui pareti sono specchi, che riproducono all’infinito non solo la mia immagine ma anche quelle di fili argentanti e luci color ghiaccio. Un’atmosfera che mi avvolge in una dimensione onirica e magica allo stesso tempo e che incarna perfettamente lo spirito di questa magnifica esposizione.
In copertina: Cinderella, 1950, Mary Blair, © Disney
immagini per gentile concessione dell’ufficio stampa della mostra