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ISOLA DEL MOZAMBICO – Un viaggio tra pietra corallina e foglie di palma

Nel 1998 José Forjaz, il più importante architetto mozambicano, scrisse un saggio ricordando le idee e le visioni di Alexandre Lobato (1915-1985) sull'Isola del Mozambico. Lobato, infatti, è stato lo storico che ha raccontato in modo più dettagliato l'arrivo dei portoghesi nell'Oceano Indiano.

Entrambi gli studiosi ci aiutano a capire l'Isola del Mozambico, il suo fascino e i suoi problemi.

"È che quest'isola, che era una ed ora è un'altra, mantiene un fascino sorprendente che, se è facile da sentire, non è facile da penetrare, capire e trasmettere", afferma Forjaz.

Un ponte di tre chilometri, costruito alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, collega l'isola alla terraferma. In realtà, la distanza tra le due è di gran lunga superiore. Il Mozambico ha tante isole, ma solo lei, la Muhipiti antica, è “l’Isola”. Una metonimia che denota un universo a parte.

Lobato, scrive Forjaz, "lo percepiva nei ritmi del giorno e della notte, nell'opposizione tra le due coste e le due religioni, nella seta sotto il bianco della polvere di m'siro [sul volto delle donne], nella pietra corallina intagliata dai muratori di Diu che, nell'Oceano Indiano, imitavano le copie di un'architettura più mediterranea che atlantica, nei rossi e gialli che venivano a sposarsi [proprio] qui dall'India, dall'Europa e dall'Africa".

Durante il tour delle meraviglie dell'isola, sono i bambini che ci accompagnano, diventando le nostre guide. Sono la fonte di storie che ci lasciano a bocca aperta, perché per loro il mondo è l’Isola mentre tutto il resto è leggenda.

Killer Bee, otto anni e mezzo metro di altezza, ci dice che aveva preso l'aereo da solo per andare a Maputo ma era tornato indietro perché solo sull'isola si vive bene.

Alito, raccoglitore di perline di professione, giura su Dio che le perline raccolte sulla spiaggia sono esseri viventi, che crescono e si moltiplicano nel mare. E dev’essere vero, considerata la quantità di perline ancora vendute nelle strade dell'isola, anche tenendo presente che non sono infinite le stive delle navi affondate nel canale, nel loro tragitto da Venezia verso l’India, nei secoli passati.

Invece Amade ci racconta la storia di Luís de Camões, il poeta del XVI secolo che passò di qua e che perse un occhio in una rissa “in discoteca”, perché la sua ragazza venne importunata da un altro uomo.

Oggi l'Isola mantiene un primato particolarmente rilevante ed esemplare: la coesistenza pacifica tra le religioni. Musulmani, cristiani e indù condividono in pace, con saggezza, i loro spazi culturali. 

Qui possiamo ammirare la prima moschea dell'Africa Australe, il primo tempio indù e la prima cappella cattolica. Nell'ordine, sono le testimonianze delle egemonie economiche e culturali del passato.

Dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, nel 1991, dalla fine della guerra civile nel 1992, l'Isola è stata oggetto di ricerche e analisi per il recupero delle attività economiche tradizionali, degli edifici cittadini in pietra corallina e delle capanne di macúti (foglie di palma). Queste ultime stanno lentamente dando spazio a case costruite con materiali convenzionali.

Molti edifici e palazzi sono stati restaurati, nel rispetto della struttura tradizionale, e tanti ospitano piccoli hotel de charme, bed & breakfast, ristorantini dove gustare la straordinaria arte culinaria locale, per un turismo lento, rilassato, sulle note del tufo, la danza tradizionale delle donne che si muovono al ritmo delle onde del mare.

Non sarà stato anche per questo che il famoso cuoco Anthony Bourdain ha girato uno degli episodi del suo programma televisivo proprio all’Isola del Mozambico dove, ci disse, “c’è il cibo più buono del continente africano”?

Gamberi, aragoste e pesce pappagallo freschissimi, oppure la matapa di sirisiri, un piatto che consiste in portulaca di mare, latte di cocco e anacardi: una fusione di sapori e colori incredibile!

Nel XVII secolo, l'Isola era anche il principale luogo di partenza degli schiavi. Oggi, un giardino della memoria ricorda le condizioni disumane a cui erano sottoposti, in una cornice di vegetazione e acqua, con alcune sculture che li commemorano, rivolte verso l'Oceano Indiano.

Alito ci racconta la triste storia che ha sentito da suo nonno, uno dei régulos (autorità tradizionale) della città di Macúti. Questa era la città vecchia, dove erano relegati i neri che non potevano vivere nella città di pietra. Rua da Saúde, dove sorge lo scenografico edificio dell'Ospedale, era la linea di demarcazione tra le due città: i bianchi e i neri, i ricchi e i poveri, i coloni e gli indigeni.

E allora, immergiamoci in questo luogo fuori dal tempo seguendo le parole di José Forjaz:

Curiosamente, mentre l'Isola si sgretola, mentre le strade ritornano al loro substrato corallino e roccioso, mentre i profili prismatici e cristallini delle architetture si arrotondano e si accucciano tra gli alberi di fico appesi, quasi alati, mentre i colori brillanti e accecanti si uniformano nel marrone seppia della pietra e della sabbia, mentre un'isola muore, un'altra nasce... era un'isola, ora è un'altra.

È questa l’essenza della storia dell’Isola del Mozambico. Una delle tante vite possibili della magica Muhipiti, dalla luce radiosa e dalla storia antica.

In copertina: donna con volto cosparso da polvere di m'siro
immagini © Ana Roque de Oliveira