ESTEBAN ROEL - Attore, regista, produttore e fondatore dell'Istituto del Cinema di Madrid
Esteban Roel nasce a Monterrey, Nuevo Leon (Messico). Lavora inizialmente nel teatro, esplorando soprattutto l’area di improvvisazione. Nel 1991 fonda, insieme a Hector Bonilla, la Latin American Improvisation League (LLI) dove sono nati grandi attori sia della scena messicana che del cinema e della televisione internazionali. Nel 1995, Roel si trasferisce a Madrid con una borsa di studio di Manolo Fabregas e in seguito a Venezia, dove vive per un po’ prima di rientrare brevemente nel suo paese. Torna in Spagna nel 1997, dove si stabilisce per creare l’Istituto del Cinema di Madrid. Tra i suoi collaboratori c’è Juanfer Andrés, con il quale ha co-diretto tre cortometraggi e il film Musarañas, prodotto da Alex de la Iglesia. La pellicola, che si avvale di un cast di altissimo livello con nomi del calibro di Macarena Gomez, Nadia de Santiago e Hugo Silva, racconta di un vicino di casa sfortunato che, dopo una caduta debilitante, si ritrova intrappolato nel pazzo mondo di clausura di due sorelle. Nel 2017, Roel apre un secondo Film Institute a Las Palmas, nelle Isole Canarie. Durante la sua carriera ha anche diretto e prodotto diversi spettacoli teatrali, sia in Messico che in Spagna.
Buongiorno Esteban, grazie di avermi incontrata. Qual è la differenza tra lavorare in Messico, dove hai iniziato, oppure in Spagna o in Italia?
Ci sono molte differenze. Ogni paese, ogni regione addirittura, ha un approccio diverso ed una maniera diversa di preparare lavori teatrali o cinematografici. Di conseguenza, anche il lavoro degli attori si svolge in maniera differente. Credo che una delle distinzioni principali sia nel senso dell’umorismo, che può variare moltissimo a seconda del luogo. Proprio per questo, non è sempre facile trovare nel cast attori stranieri. Quindi mi ritengo molto fortunato, sia per aver avuto l’opportunità di studiare e lavorare in Spagna sia, successivamente, per la mia esperienza nella commedia dell’arte italiana, avvenuta a Venezia durante gli anni Novanta. Sono stati momenti davvero molto importanti per la mia formazione professionale e, soprattutto, decisivi nell’indirizzare la mia carriera. Lo dimostra il fatto che, a distanza di 22 anni, continuo a vivere e lavorare in maniera stabile in Spagna.
La prima parte della tua carriera si è concentrata principalmente nel teatro di improvvisazione ma, dopo il tuo trasferimento a Madrid, hai iniziato a lavorare nel cinema come attore, produttore e regista. Quale di queste è la tua vera passione?
Sinceramente, non posso dire di avere una preferenza specifica, e non me la sentirei di scartare una disciplina a favore di un’altra. Debbo molto al teatro di improvvisazione: mi ha insegnato tantissimo e, a sua volta, dopo il mio trasferimento a Madrid, mi ha permesso di poter insegnare quanto appreso ad altri colleghi. Molte delle cose che si fanno oggi a Madrid, nel campo dell’improvvisazione, sono attribuibili proprio alla mia “scuola”.
In seguito, però, ho dedicato sempre più tempo al cinema, ampliando la mia esperienza anche come direttore e scrittore, fino ad arrivare oggi al mio ruolo di impresario e produttore. Credo che nel mondo del teatro e del cinema, soprattutto all’inizio, non sia facile emergere e farsi conoscere, quindi bisogna essere preparati ad accettare i ruoli più disparati, dando il meglio di sé in ogni situazione, anche quelle meno ideali.
Negli anni Novanta hai vissuto a Venezia per un periodo. Che ricordo hai della tua esperienza in Italia?
Ho un ricordo bellissimo, anche se – potrà sembrare assurdo – la difficoltà maggiore, all’inizio, l’ho avuta con il cibo. Nel senso che, come dicono gli amici locali, “a Venezia è meglio non andare al ristorante, perché invece di mangiare, ti mangiano”. Ovviamente il detto si riferisce ai prezzi astronomici che caratterizzano la maggior parte dei ristoranti, soprattutto nel centro storico della città. All’epoca condividevo un appartamento con un gruppo di studenti armeni e la mia disponibilità economica era limitata; pian piano, però, esplorando un po’ la città, ho iniziato a trovare i luoghi migliori per fare la spesa e, dopo qualche tempo, quando le persone nei negozi o al mercato hanno capito che non ero un turista ma un residente, la situazione è migliorata moltissimo. Ricordo di aver suscitato non poche sorprese a causa delle quantità enormi di peperoncino che acquistavo: essendo messicano, consumo peperoncino come se fossero fagioli!
Spesso le persone mi parlavano in dialetto veneto e, anche se a volte stentavo a capirli, in qualche modo, usando i gesti, alla fine riuscivamo sempre ad intenderci: con molti si era stabilita quella particolare familiarità che supera anche la barriera linguistica.
Anche dal punto di vista professionale il mio soggiorno a Venezia mi ha dato molto: ho, infatti, avuto l’opportunità di studiare la commedia dell’arte italiana, che è davvero molto vitale e di cui continuo, ancora oggi, a fare tesoro.
C’è qualche attore o regista italiano che ti piace particolarmente, o con il quale ti piacerebbe lavorare?
Ce ne sono molti, anche se al momento mi riesce difficile sceglierne uno in particolare. Sicuramente, tra quelli che mi hanno più colpito, ci sono Aldo, Giovanni e Giacomo che, pur avendo caratteristiche molto diverse tra loro in qualche modo, con la loro unione, hanno trovato un equilibrio incredibile: mi fanno un po’ pensare alla penisola italiana, così diversa da una regione all’altra ma, proprio per questo, immensamente ricca di cultura. Mentre ero a Venezia ho avuto modo di esplorarla un po’ e mi è piaciuta tantissimo. Durante un periodo di vacanza, partendo da Brindisi con il mio zaino in spalla mi sono diretto in Calabria, poi in Sicilia, in traghetto a Napoli e infine in Liguria, prima di rientrare a Venezia in tempo per la ripresa delle lezioni a settembre e con quindici chili in meno! Quella terra e quei profumi sono ancora vivi nei miei ricordi.
Nel 1997, dopo un breve periodo in Messico, il rientro in Spagna. Fu allora che nacque l’Istituto del Cinema di Madrid. Ci puoi dire qualcosa in merito?
In effetti, quello fu un periodo piuttosto importante della mia vita, perché a un certo punto mi ritrovai a dover decidere cosa fare “da grande”. All’epoca avevo 27 anni e tutta la vita davanti. A quell’età, pur non essendo più dei bambini non ci si sente ancora veramente adulti. Per me, quello è stato il momento giusto per pormi delle domande. Avevo tre opportunità: restare in Messico, tornare in Italia oppure trasferirmi nuovamente a Madrid. In tutti i casi mi si prospettavano opportunità di carriera interessanti, quindi avevo davvero l’imbarazzo della scelta. Alla fine è prevalsa Madrid, una città che già conoscevo bene e di cui mi ero innamorato fin dal primo istante in cui vi avevo messo piede. Mi sono immerso nuovamente nel teatro di improvvisazione, poi nel cinema e infine, nel 2002, è nato l’Istituto del Cinema di Madrid. Oggi la nostra offerta accademica conta 12 corsi di diploma della durata di due o tre anni ed un vasto programma di laboratori e seminari. Insomma, credo proprio che Madrid si sia rivelata la scelta vincente!
E poi la filiale di Gran Canaria…
Sì, l’Istituto del Cinema delle Canarie è un altro successo che mi rende molto orgoglioso. Sono uno dei quattro soci del centro di Las Palmas e credo che questo sia davvero un momento favorevole per lo sviluppo del cinema nelle isole. Le istituzioni stanno promuovendo moltissimo il settore, favoriti anche dalle risorse naturali di cui dispongono. Alle Canarie si, trova, infatti, una grandissima varietà di paesaggi: dall’oceano alla montagna, dalle foreste ai paesaggi lunari di Lanzarote; a questo si debbono aggiungere delle strutture ricettive di tutto rispetto, con una moltitudine di alberghi e ristoranti che si possono facilmente trasformare in set cinematografici. L’unica cosa che mancava era l’esperienza nel settore. La gente ha voglia di imparare ma, fino a poco tempo fa, non vi erano strutture per farlo. Pertanto il nostro know-how, in questo contesto, si sta rivelando davvero prezioso.
Nel 2014 il debutto del lungometraggio Musarañas. Com’è nata la storia?
A dire la verità, l’idea di Musarañas ha un’origine poco romantica: volevamo realizzare un cortometraggio a basso budget e questa storia ci è sembrata ideale, visto che si svolge interamente all’interno di un appartamento e del pianerottolo antistante. Esisteva già un cortometraggio realizzato da nostri studenti e, insieme a Juanfer Andrés – mio socio e co-regista della pellicola – ci è sembrata l’opzione migliore per il nostro progetto. In quel periodo Carolina Bang, moglie di Alex de la Iglesia, era una delle nostre studentesse e si offrì di produrre la pellicola. A quel punto fu Alex stesso ad innamorarsi della storia e a volersi incaricare della produzione: Musarañas divenne, quindi, la prima pellicola di Alex de la Iglesia nella veste di produttore. Grazie ad una combinazione di fattori, primi tra tutti una storia forte ed un cast davvero eccezionale – il film è stato accolto molto bene sia dal pubblico che dalla critica e Macarena Gomez, la protagonista, ha ricevuto anche una nomina al Premio Goya (l’Oscar spagnolo, ndr). Ora Paramount sta pensando ad un remake della storia e presto sapremo se Musarañas approderà anche ad Hollywood. Direi che posso ritenermi davvero felice.
Se dovessi dare un consiglio ad un giovane attore o regista che è all’inizio della sua carriera, cosa gli diresti?
Di armarsi di grande pazienza ma, soprattutto, di non perdere mai la passione. Molti consigliano di inseguire i propri sogni; questo, però, specialmente nel nostro settore, può rivelarsi molto pericoloso. Ho visto persone farsi guidare esclusivamente dai sogni e, se le cose non vanno bene, si rischia di perdere il controllo. Se invece si è innamorati del proprio lavoro e si hanno sia la pazienza che la passione necessaria per perseguire i propri traguardi allora, qualunque cosa accada, rimarrà sempre un’esperienza di vita.
Progetti per il futuro?
Al momento stiamo lavorando ad una nuova collaborazione con Alex de la Iglesia: il suo secondo film come produttore. Stavolta la trama si svolge in un piccolo villaggio e, in qualche modo, la scenografia ricorda vagamente i film di Sergio Leone: un altro italiano che ammiro moltissimo, malgrado mi sia stato riferito che sul set fosse davvero intrattabile!
Ci sono in cantiere anche altri progetti ma è ancora troppo presto per parlarne. Sicuramente, però, nel mondo del cinema non ci si annoia mai.
(Intervista pubblicata su L'Italoeuropeo Magazine il 1 maggio 2018)