ISOLANA - Linosa tra mare, silenzi e nostalgia
Molti mi chiedono come sia possibile un legame così viscerale con la mia terra. Già, perché?
Perché a Linosa per arrivarci non fai semplicemente check-in, atterri e arrivi. Se ci vuoi andare devi affidarti al mare, sempre che a lui vada bene, sempre che non ci sia troppo maestrale che “u cumannanti attracca sempri a pozzolana, dopo che allo scalo c’è bunazza fradicia!”.
E il viaggio è lungo, mih quanto è lungo. Ma quanto bello è, uscire sul ponte della nave, alle prime luci dell’alba e vederla lì? Una sagoma inconfondibile, con i vulcani e le lucette, che se la guardi da sud sembra un petto femminile, il petto di una madre che ti accoglie. Una madre particolare, dura, ma che non la scordi.
A Linosa quando cammini senti il rumore dei tuoi passi, senti il rumore che fa l’aria a contatto con le ali dei gabbiani. Se cammini dopo “u passu” di pomeriggio una moto che passa ti fa sobbalzare, perché sei solo. Solo con i fichi d’india, solo con i capperi e te stesso. A Linosa i silenzi sono più belli, e le parole più profonde. E che tu ti giri a destra, a sinistra, dove vuoi, non fai più di cento metri che già vedi il mare. E il mare se non l’hai visto lì forse non puoi dire di averlo mai visto davvero. Blu. O verde, ai faraglioni per esempio è verde “dove si tocca” e ci sono le pietruzze, e se sollevi le pietre ci trovi le stelle marine minuscole, e le lascerai lì istintivamente.
A Linosa impari a fare i tuffi. Dallo scoglio rosso, a Pozzolana. Dalla banchina di Mannarazza. E non ogni giorno vorrai fare il bagno, alla fine, sei lì, il mare lo vedi e ti basta, ci sono linosani che il bagno non lo fanno mai. Che devono fare il bagno quando l’acqua di mare l’hanno nelle vene?
A Linosa è tutto più pulito, le scarpe le togli e cammini scalza. Acchiani o paisi a prendere il pane, incontri qualcuno, ti prendi il caffè, due ore dopo sei a casa e il pane l’hai scordato. Chiedi al vicino, che tanto l’ha, “A vo anticchia i racina? O du ficu?”.
A Linosa le case sono colorate, gialle, rosse, bianche. Sono colorate e piccole e per carità bellissimo il Liberty, ma i palazzi non li capirai mai. E a che servono le comodità della città se poi non puoi sederti sui marciapiedi dopo pranzo “o friscu?”.
Linosa in un giorno la vedi, ma una vita per conoscerla non basta. Ogni metro ha un nome, ogni luogo una storia da raccontare. La conosci la storia della grotta du cuccareddru? E di sera se alzi gli occhi al cielo ti vengono le vertigini, perché le stelle sembrano quasi farsi afferrare. E la Via Lattea non la puoi descrivere a parole. Se pensi a Linosa di notte pensi alle turriache, al loro verso e a quanto ti manca quando non lo senti, e se non lo senti è perché c’è la luna. A Linosa al tramonto a via da mannarazza è d’oro.
A Linosa saluti tutti, che tu sia isolano o turista, questo è inevitabile. “Ciao scià!” E scià vuol dire “fiato”, fiato mio. È un bel saluto se ci pensi. I nomi non li sai, qualche soprannome non te lo spieghi, ma le facce le sai. Sempre quelle, sempre lì. Le rivedrai, già lo sai, quando stai partendo con quel groppo in gola che sai che verrà. U cori nivuru, si chiama. A Linosa non è facile, ma è tutto più. Ecco perché.