IL PIRANDELLO DIMENTICATO – Intervista ad Alfonso Veneroso
Nel marzo 2018 ci lasciava Pierluigi Pirandello, ultimo erede diretto di quella famiglia che vide tra i suoi membri il più illustre Luigi, drammaturgo e premio Nobel nel 1934. Si è scritto di tutto sulla vita e le opere di Luigi ma molto poco si sa del figlio Fausto, padre di Pierluigi e pittore illustre che, con la sua arte, ha attraversato parecchi decenni del '900. Poiché dimenticare è perdere la memoria, la storia e, insieme ad esse, l'arte, perché non lasciare ricordi che siano la testimonianza del nostro passaggio terreno? Nasce così e viene pubblicato da De Luca Editori d'Arte, Roma, alla fine del 2017, Il Pirandello dimenticato, scritto a quattro mani da Pierluigi Pirandello e Alfonso Veneroso.
Una auto-biografia di tre generazioni attraversate dall'arte e dalla storia, che non poteva rimanere soltanto tra i ricordi dell'ultimo erede diretto di questa straordinaria famiglia. Un uomo fuori dal comune che, a pochi mesi dal compiere novant'anni, era ancora a presentare il suo libro e avrebbe continuato a farlo se la morte, improvvisa e inattesa, non lo avesse colto. Insieme a lui, se n’è andata la miriade di racconti familiari che erano custoditi gelosamente tra le pieghe dei suoi ricordi.
Parliamo di auto-biografia non per un refuso di stampa, ma perché è la cifra che segna il percorrere, il ricordo nel libro, dell'ultimo lembo della famiglia: “ultimo”, come talvolta amava definirsi Pierluigi. Un percorso di vita che ha attraversato tre generazioni, regalando ai contemporanei e ai posteri uno scrigno di intimità che, altrimenti, sarebbe rimasto patrimonio solo di pochi.
Abbiamo incontrato Alfonso Veneroso, coautore del libro. Nella vita è un regista ed un attore teatrale e cinematografico di grande spessore. Anch'egli, inoltre, come Luigi Pirandello è siciliano e originario della provincia agrigentina.
Quando nasce l'idea della biografia e a chi l’ha avuta?
È nata circa un paio di anni fa. Ci siamo incontrati a cena con Pierluigi e sua moglie Giovanna e mi è venuto in mente che tutta questa memoria, questo tesoro che egli deteneva, non dovesse andare perduto. Gli ho quindi chiesto se era disponibile a rilasciare un'intervista che trattasse in maniera approfondita il corso di tre generazioni di Pirandello. All'inizio mi ha detto che ci avrebbe pensato; poi, dopo circa un mese, mi ha richiamato per dirmi che era d'accordo, consegnandomi anche una settantina di pagine di appunti. Si trattava di un centinaio di ricordi non connessi tra loro che, uniti ad una serie di colloqui e di interviste informali realizzate in seguito, hanno poi dato origine al libro.
C'era la consapevolezza che sarebbe stato comunque difficile tirare fuori tutti i ricordi? Hai riscontrato qualche ritrosia da parte di Pierluigi?
Sì, indubbiamente. Il carattere di Fausto era estremamente difficile, quindi tra i ricordi si celavano molte ombre: angoli nascosti di cui Pierluigi parlava con estremo pudore. A qualcosa abbiamo accennato, evitando di porre in luce le questioni più intime. Abbiamo esposto i ricordi in maniera tale che non occultassero ma che, nel contempo, neanche calpestassero la memoria della famiglia, rispettando quell'intimità a cui tutti abbiamo diritto.
Come si è convinto, Pierluigi, a scrivere queste memorie? C'è stato un momento cruciale, qualche spunto particolare?
Credo che le cose accadano perché devono accadere. Pierluigi non aveva mai ricevuto, in precedenza, una proposta di questo genere ma desiderava lasciare delle memorie e l’ho capito perché, dopo il nostro colloquio iniziale, fu lui a sollecitarmi. A ottantanove anni, inevitabilmente, ci si sente alla fine di un percorso e lasciare delle memorie era un'esigenza che Pierluigi, forse, covava nel profondo. Quindi, io credo di aver soltanto innescato la miccia: da lì è poi nato il suo interesse.
Anzi, come già accennato, mi ha addirittura anticipato, nel senso che una parte dei ricordi, incoraggiato dalla moglie Giovanna, erano già stati redatti in un periodo in cui lui era già in pensione, affinché non andassero perduti. Alcune memorie erano estremamente precise nella sua mente, nonostante l’età avanzata. Altre, invece, credo si siano salvate proprio grazie a quegli appunti. Alla fine, tutto è coinciso: la mia volontà, la sua volontà e, probabilmente, l'orientamento generale delle stelle.
Quale eredità ci lascia questo libro?
È una memoria profonda di uno spettatore privilegiato della famiglia Pirandello: prima un bambino, poi un adolescente, un uomo e, infine, un anziano. I ricordi che attraversano le tre generazioni assumono diverse prospettive in base all'età. Questo, a mio avviso, è un elemento prezioso, perché molti saggi sono stati scritti su Luigi Pirandello ma, nessuno di questi, riporta le impressioni di un membro della sua famiglia. In questo senso, credo che la testimonianza di Pierluigi sia davvero preziosa.
Come diceva Tomasi di Lampedusa nell’introduzione ai suoi racconti: “Se tutti scrivessero, se noi avessimo anche le memorie di una cameriera, sarebbero un tesoro prezioso”. In questo caso abbiamo una persona colta, intelligente e sensibile, che ci ha offerto due prospettive: una verticale, che va dal nipote al padre ed al nonno, ed una orizzontale, che attraversa la vita di Pierluigi bambino, ragazzo, adulto e, infine, anziano.
Nel marzo 2018 Pierluigi muore. Rileggendo il libro dopo la sua morte, hai l’impressione che sia cambiato qualcosa?
Assolutamente sì: quello che prima era solo un punto di vista ora è una biografia. I ricordi di Pierluigi su suo nonno Luigi, la vita e l'arte di suo padre Fausto, la nascita dei quadri e l'emozione che sta dietro ogni loro percorso, i rapporti familiari: tutto questo rappresenta una biografia emotiva, ironica, che è quella di Pierluigi. Parlando di quelle persone, in realtà, egli ci parla di se stesso.
Quindi ci dice cose nuove sulla famiglia Pirandello?
Ci illumina soprattutto sul carattere dei tre personaggi: Luigi, padre affettuoso ma con un rapporto conflittuale con un figlio introverso; Fausto, pittore introverso ma, nel contempo, estremamente duro con i figli, così com’è stato con se stesso: un uomo attanagliato dal dolore di doversi confrontare con un padre inarrivabile, un artista sensibile ma anche l’autore di scritti di incredibile profondità, che lasciano intravedere doti letterarie non comuni; e infine Pierluigi, una persona estremamente dolce. Ritratti così intimi poteva offrirli soltanto un membro della famiglia: il risultato è una biografia familiare carica di emozioni e ricordi.
Che cosa ha significato, per te, questo libro?
Per me è un'iniziazione. Avevo già scritto dei testi di teatro ma era la prima volta che mi cimentavo in un libro-intervista: mi sono sentito un po' come uno chef che ha potuto creare una pietanza usando materie di prima qualità. I ricordi di Pierluigi mi hanno permesso di realizzare un'opera originale, cimentandomi nella scrittura più di quanto io non faccia normalmente. Il mio ambito operativo è quello della oralità; l'attore utilizza la parola mentre qui ho dovuto confrontarmi con la scrittura, con la memoria, cercando di distribuire i ricordi in un unico flusso che attraversasse le tre generazioni della famiglia Pirandello. E non è stato facile.