ALDO AMATI – Ambasciatore d’Italia in Polonia
Aldo Amati è nato a Bergamo nel 1961. Dopo una laurea in Lingue e Letterature Straniere a Bergamo, nel 1982, e una in Scienze Politiche presso l’Università Statale di Milano, nel 1985, è entrato in carriera diplomatica nel 1987, iniziando il suo percorso professionale alla Farnesina presso il Servizio Stampa e Informazione. Dopo missioni a Mosca, Londra, Washington, Tokyo e Praga, nonché diversi incarichi alla Farnesina, dal 2018 è Ambasciatore d’Italia in Polonia e gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.
S.E., è giunto a Varsavia dopo un’esperienza molto positiva in Repubblica Ceca. Qual è stato l'impatto con questa nuova realtà?
La Polonia è una realtà di quasi 40 milioni di persone, con una società molto variegata e divisa tra città e provincia che coltivano sogni diversi, se così si può dire. La crescita del Paese è impressionante. Ormai Varsavia assomiglia più a Toronto che a una città europea, le multinazionali sono dappertutto e gli aiuti dell’Unione Europea hanno visibilmente trasformato il “look” della Polonia. In meno di trent’anni si è assistito a un salto impressionante in termini di benessere, qualità della vita e nascita di un tessuto economico molto articolato. Tra l’altro, è nato un mercato interno di consumatori molto importante e in grado, in qualche misura, di attenuare eventuali crisi esogene.
Repubblica Ceca e Polonia sono confinanti ma quanto si assomigliano, effettivamente, le due culture?
In termini culturali direi che i polacchi sono i più “latini” dei popoli slavi, con pregi e difetti. In Repubblica Ceca è percepibile che la tradizione imprenditoriale che aveva fatto della Cechia un attore industriale importante già dai primi decenni del secolo scorso, non è mai scomparsa. Ai polacchi, che hanno più una tradizione contadina, va dato il merito di essere riusciti a fare il salto dal comunismo al capitalismo con grande intelligenza, senza dare vita a troppi “oligarchi” che fanno il brutto e cattivo tempo e condizionano anche la politica. Ciononostante, vi sono grandi somiglianze soprattutto tra le regioni occidentali della Polonia e la Repubblica Ceca che orbitano decisamente – a livello economico – attorno alla Germania e intrattengono anche molti scambi culturali.
Quanta attenzione c'è, in Polonia, nei confronti di arte e cultura?
È percepibile in Polonia un grande orgoglio dopo che la scrittrice Olga Tokarczuk ha vinto il premio Nobel per la letteratura del 2018. In qualche modo lei incarna la capacità dei polacchi di varcare i confini della realtà attraverso un’immaginazione fervida, indispensabile per superare gli orrori dell’ultima guerra mondiale, le spartizioni dei secoli scorsi, il periodo comunista e la povertà degli anni subito dopo la caduta del muro di Berlino. Il passato vive ed è presente ovunque; è continua la riflessione su quanto la cultura polacca sia stata privata di una componente essenziale quale quella ebrea dopo l’Olocausto e la fuga dal comunismo della comunità ebraica. Esistono cinque o sei città con più di 700mila abitanti che hanno contatti con tutto il mondo, fanno parte della cultura europea a tutti gli effetti e mettono in scena attività culturali davvero invidiabili.
Parlando invece di economia, i rapporti con l'Italia appaiono floridi, vista la presenza in Polonia di oltre 3500 aziende italiane. Come si sta lavorando per mantenere questa forte collaborazione?
Le aziende italiane – soprattutto quelle piccole e medie – sono venute qui perché c’erano tutti i presupposti per prosperare: la vicinanza al mercato tedesco, salari più bassi, un sistema fiscale e costi dell’energia decisamente attrattivi e la voglia dei polacchi di uscire da una situazione di indigenza e di tornare a contare al Centro dell’Europa. Esiste un Sistema Italia (Camera di Commercio italo-polacca, l’ICE, i Consolati onorari, Confindustria Est) che si adopera vivacemente per sostenere le nostre aziende grandi (Brembo, Marcegaglia, Generali, Mapei, Cremonini, Leonardo, ecc.) e piccole – veri e propri pilastri della nostra presenza in Polonia – in un mercato che sta cambiando rapidamente. Il Primo Ministro polacco Morawiecki guarda al tessuto imprenditoriale italiano fatto al 90% di PMI, come a un esempio da seguire per l’internazionalizzazione delle imprese polacche e auspica una relazione strutturata anche politicamente. Non dimentichiamo che le nostre aziende danno lavoro a più di 90mila polacchi e questo ci viene ampiamente riconosciuto dalla dirigenza di questo Paese.
Lo scorso anno si sono celebrati i 100 anni di relazioni bilaterali tra i due Paesi. Quali sono stati gli eventi più importanti che nel corso del secolo hanno marcato questa amicizia?
A questo proposito mi piace sempre ricordare, a titolo di esempio dell’amicizia che ci lega alla Polonia, che il governo polacco in esilio dopo l’invasione nazista del settembre 1939, non ha mai dichiarato guerra al regime fascista nonostante le robuste pressioni del governo inglese. Ciò ha una ragione di carattere soprattutto umanitario: subito dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale il nostro Ministro Ciano fece aprire una serie di consolati in Polonia che aiutarono attivamente a salvare un bel numero di polacchi e di ebrei dai campi di sterminio. Questo è solo un esempio, ma negli anni ‘20-‘30 del secolo scorso Pilsudski dialogava armonicamente con Roma. Il dialogo non è mai cessato, nemmeno negli anni bui del regime comunista, alimentato in molti casi anche da eventi sportivi che ci vedevano confrontarci in sfide epiche come quelle tennistiche o sui campi da calcio in occasione dei mondiali negli anni ‘80. Ma la Storia va ben più indietro e, ad esempio, l’Ottocento ha visto italiani e polacchi sostenersi reciprocamente per la conquista dell’Indipendenza, tanto che i due inni nazionali contengono riferimenti reciproci all’amicizia tra i due popoli.
Una domanda di carattere personale: la sua carriera diplomatica, in oltre trent’anni, l'ha portata a fare il giro del mondo. Quali ricordi l'accompagnano di questa straordinaria esperienza?
Certamente ho fatto disastri in ogni sede dove sono stato…..: a parte le battute è stato un percorso assolutamente felice, di cui conservo ricordi indelebili. Ero a Mosca quando il Presidente Eltsin saliva sul carro armato a segnare la fine del golpe nel 1991, ho visto l’ascesa a Londra di Tony Blair e del New Labour che ha avuto un impatto anche sul nostro centro-sinistra, ho vissuto in pieno a Washington la reazione americana all’attacco alle Torri Gemelli e il percorso decisionale che ha portato alle guerre in Afghanistan e Iraq, ho vissuto un periodo giapponese di grande fascino che mi ha portato anche in molti Paesi asiatici. E la doppia esperienza slava in Cechia e Polonia mi ha aiutato a capire le specificità di un mondo – quello centro europeo – che non è mai stato sufficientemente compreso in Europa occidentale, creando talora gravi incomprensioni e minando in parte l’unità della UE.
Quali obiettivi si prefigge per il suo attuale incarico?
L’Italia deve guardare alla Polonia non soltanto come mercato imprescindibile per le nostre aziende, ma la deve considerare attore indispensabile per il futuro dell’Europa, soprattutto dopo l’uscita del Regno Unito dall’Europa. Auspico quindi un dialogo politico più continuo, senza pregiudizi e senza ergersi a paladini di una superiorità morale o giuridica, ma cercando di capire da dove vengono certe prese di posizione e guardando agli equilibri europei che ci dovrebbero orientare ad essere più creativi e aprire nuove alleanze strutturate per difendere i nostri interessi. Qui in Polonia si apre anche un’importante fase di “transizione energetica” e mi prefiggo di far comprendere alle nostre realtà del settore che qui si apre un cantiere enorme di possibili collaborazioni e che, da parte polacca, c’è grande simpatia verso di noi e il nostro know-how sulle fonti di energia alternative. Culturalmente, il terreno è quanto mai fertile e, dopo aver portato i Virtuosi della Scala nel 2019, nei prossimi due anni vorrei mettere in piedi una grande mostra sull’arte contemporanea dei due Paesi, portare il Design italiano e promuovere su tutto il territorio polacco la vera cucina italiana, che anche qui viene spesso “deformata”.
Tra le sue passioni vi sono lo sport e la musica. La sua vita a Varsavia le permette di coltivarle?
Non si può smettere di coltivare gli amori di una vita. Parlando di sport, l’età talvolta purtroppo mi ricorda di non passare certi limiti, ma ho ripreso a giocare a pingpong con un professionista che mi ha fatto tornare la voglia dopo tanti anni. Ogni tanto anche corsa, tennis e golf, ma il tempo è tiranno e devo confinare le attività nel week end. Quanto alla musica, le stagioni musicali dedicate a Chopin e Penderecki riempiono le serate di Varsavia e sono molto vicino all’attività di direttori di orchestra italiani come Massimiliano Caldi, molto noto da queste parti. Ma ci sono anche locali jazz e di musica blues e funky nel quartiere di Praga che sono punti di grande feeling musicale.
In copertina: L’Ambasciatore Aldo Amati
immagine: https://ambvarsavia.esteri.it