SANTO GIOFFRÈ – “La Storia è  la rappresentazione vera, concreta e tangibile di tutte le azioni umane”

SANTO GIOFFRÈ – “La Storia è la rappresentazione vera, concreta e tangibile di tutte le azioni umane”

Ho conosciuto Santo Gioffrè – medico, scrittore e politico italiano, autore di diversi romanzi storici – lo scorso anno, in occasione di un evento letterario a Palmi. Con grande gentilezza mi ha accolto nella sua casa per assistere dal suo terrazzo alla Varia, una processione di incredibile interesse folcloristico e religioso per la Calabria, in onore di Maria Santissima della Sacra Lettera, patrona e protettrice della città.

Mi ha subito sorpreso la sua profonda conoscenza storica e la sua grande passione per gli altri popoli. Conversare con lui è un’esperienza avvincente e straordinaria, che ho voluto condividere con i lettori di Ciao Magazine.

Santo, sei un medico ma anche un umanista. Quanto ha influito la tua professione sull'ispirazione letteraria?

La mia professione di medico e l'ispirazione letteraria hanno un elemento in comune inscindibile: la passione e la coscienza sociale.

Svolgendo la mia professione, entro continuamente in contatto con molte persone, con le loro problematiche, le loro fragilità. Ho ascoltato i loro sfoghi, i molti dolori, le poche gioie e questo, probabilmente, ha contribuito ad aumentare la mia sensibilità fornendomi, spesso, elementi e particolari che ho inserito nei miei romanzi. 

Hai rivestito ruoli di rilievo a livello amministrativo e politico. Cosa ti è rimasto di queste esperienze? Mi riferisco, in particolare, al tuo mandato di assessore alla cultura per la provincia di Reggio Calabria.

Le Province erano le istituzioni più sane e più vicine alle problematiche della gente. Ho trascorso 13 anni della mia vita da Consigliere, dei quali nove come Assessore alla Cultura della Provincia di Reggio Calabria. Anni in cui ho ricostruito la mappa dei Beni Culturali e valorizzato il patrimonio documentaristico e delle specificità culturali. È stata un’esperienza umana e sociale molto bella.  La cultura, intesa come conoscenza e formazione, è  fondamentale per ciascuna persona, perché la rende libera e consapevole della realtà in cui si trova. La politica è anch’essa fondamentale, perché ha il dovere e il potere di fornire i mezzi affinché la cultura possa essere patrimonio comune.

Artemisia Sanchez decretò il tuo successo letterario. Puoi raccontarci come hai vissuto la sua trasposizione cinematografica?

La fiction Rai1 Artemisia Sanchez, in quattro puntate, andata in onda la prima volta nel 2008 e, poi, ripetuta tante altre volte, è stata come un lampo improvviso: un fuoco inaspettato che divampa e travolge la placida casa dell’esistenza. È difficile raccontare l’emozione che ho provato nel vedere i miei personaggi uscire dalle pagine del romanzo e diventare vivi innanzi a me... Una  magia!

Ho assistito e partecipato a molte delle riprese nelle varie location scelte (in Calabria, a Matera, sul lago di Bracciano...) e ho conosciuto sia il regista che gli attori – bravissimi – ma, soprattutto, divenni amico di Lucio Dalla, autore della magnifica colonna sonora di Artemisia Sanchez e che ha anche recitato nella fiction. Con lui ho trascorso giornate intere perché era incuriosito e voleva conoscere i motivi ispiratori e le fonti che mi avevano portato a scrivere, come lui la definiva, “una storia intensa, trasgressiva e tanto bella”. Con Dalla rimanemmo sempre in contatto. Ci eravamo sentiti anche la settimana prima che morisse.

Michelle Bonev e Lucio Dalla in “Artemisia Sanchez”

Michelle Bonev e Lucio Dalla in “Artemisia Sanchez”

Nei tuoi romanzi c'è sempre un filone storico territoriale ma Leonzio Pilato rivela anche la tua preziosa educazione letteraria. Ci sono maestri che ti hanno segnato?

Io sono un romanziere storico: genere letterario difficile, tanto che l’Italia ha avuto, sempre, pochi scrittori in questo campo.  Amo la Storia sopra ogni altra cosa. Sicuramente, tutto ha avuto inizio con la mia formazione classica, l'amore per i miti greci e per Omero.  L'Iliade e l'Odissea rappresentano le basi, imprescindibili, su cui si fondano e si sviluppano i generi letterari di tutti i tempi. 

Sempre tra i tuoi lavori, L'opera degli ulivi è un po' il prosieguo di Terra Rossa: credo che debbano essere letti negli istituti superiori per indirizzare i giovani a una presa di consapevolezza di quanto si possa essere condizionati da norme implicite. Hai incontrato molti studenti. Li incontrerai ancora?

Sì, ho incontrato molti studenti di varie scuole secondarie e università. Ho notato il loro interesse attraverso le domande che mi rivolgevano. È  stata un'esperienza bellissima che spero di poter ripetere ancora, appena usciti dalla pandemia. Riguardo alle due opere citate, a volte i periodi storici appena passati sono quelli più trascurati. Gli anni Settanta e Ottanta furono gli anni cruciali della nostra esistenza e le sconfitte che la società italiana subì allora mostrano, ora, i loro nefasti effetti.

La scrittura è un modo di fare memoria. Quanto conta la documentazione e quanto la fantasia?

La Storia è  la rappresentazione vera, concreta e tangibile di tutte le azioni umane. Lo scrittore di romanzi storici ha come unico riferimento, quando si accinge a scrivere, le fonti. La ricerca delle fonti è imprescindibile nel romanzo storico che può raccontare storie, inventando, ma senza mai discostarsi o manipolare le fonti. La consultazione e lo studio dei documenti storici è un lavoro necessario, impegnativo e fedele. La fantasia è complementare, arricchisce e rende affascinanti le storie attraverso l'agire dei vari personaggi, ma deve essere bene incasellata nelle fasi storiche e non può oltrepassarle, altrimenti non sarebbe credibile. Proprio questo passaggio rappresenta la difficoltà maggiore dello scrivere romanzi storici.

Hai costruito una chiesa pur essendo ateo. Cosa ha significato per te? Dare nuovo lustro al tuo luogo di nascita, Seminara o, piuttosto, lanciare un segnale di tolleranza e di accoglienza?

La motivazione che mi ha spinto a costruire la chiesa ortodossa di Seminara (la prima in Italia dopo 800 anni), tra il 2001 e il 2004 è, innanzitutto, storica. Volevo recuperare la memoria basiliana che si era persa, lanciare una sfida a me stesso e a un territorio popolato da un mondo amorfo, silenzioso, sconfitto… Poi, anche per rispetto, tolleranza e accoglienza verso il diverso, fatto di immigrati di religione ortodossa.  Ho anche pensato che la chiesa, com’è già stato in passato, potesse divenire un punto di forza e di arricchimento culturale, oltre che sociale ed economico per il territorio, e in effetti in questi anni ha avuto migliaia di visitatori.

Emerge, da ogni tua pagina, un profondo rispetto verso Costantinopoli e la Siria. Colpisce il tuo essere cosmopolita pur essendo profondamente radicato nel tuo territorio. Anche tu sogni un mondo senza confini? Oppure politica e letteratura sono come i fatti e le parole, e non si incontrano mai?

Certo! Io ho sempre sognato e auspicato un mondo senza confini, muri, barriere e sopraffazioni. Purtroppo, però, sono consapevole che è un'utopia. Il mondo è  un mercato selvaggio, dominato dai potenti, e la globalizzazione lo ha inasprito ed ha marcato sempre di più le differenze sociali, culturali, politiche ed economiche; ha arricchito i pochi e impoverito i molti. A livello ideale, comunque, nessuno ci può impedire di sognare e pensare alla repubblica democratica naturale auspicata dal grande Tommaso Campanella nella sua Città del Sole.

In copertina: Un ritratto di Santo Gioffrè ad opera di Andrea Valere
immagini per gentile concessione dell’intervistato

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