UN TOSCANO ALLA CORTE DI CARLO IV - La lunga amicizia tra Francesco Petrarca e il sovrano boemo

UN TOSCANO ALLA CORTE DI CARLO IV - La lunga amicizia tra Francesco Petrarca e il sovrano boemo

Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel 1304. Era figlio di un celebre notaio fiorentino, per la precisione di Incisa, coetaneo e amico di Dante Alighieri, di nome Pietro di Parenzo di Garzo (ma meglio noto come Ser Petracco) che, proprio come il sommo poeta, si era schierato nelle file dei guelfi bianchi, finendo per essere esiliato da Firenze insieme alla moglie Eletta Canigiani.

Il Petrarca venne quindi al mondo già esiliato dal luogo di cui i suoi genitori erano originari. Oltretutto la famiglia per intero si trasferì ad Avignone (eletta nuova sede papale) già nel 1312, cosa che lo portò negli anni a sviluppare un certo distacco nei confronti della propria terra, in netta contrapposizione con la società medioevale dell'epoca, dove invece era molto forte l'attaccamento al proprio luogo d'origine. Questo facilitò, in Petrarca, la tendenza a viaggiare molto nel corso della sua vita, accettando di svolgere incarichi e di trasferirsi senza indugio in luoghi che allora apparivano remoti, divenendo così uno dei primi veri cittadini del mondo, cosa che non gli risparmiò numerose critiche da parte degli altri artisti e intellettuali suoi contemporanei, come ad esempio lo stesso Boccaccio, che glielo rinfacciò apertamente in una delle sue lettere.

Petrarca e Laura De Noves, Scuola veneziana, c. 1510 (The Ashmolean Museum of Art and Archaelogy)

Petrarca e Laura De Noves, Scuola veneziana, c. 1510 (The Ashmolean Museum of Art and Archaelogy)

Ciò che a noi interessa in modo particolare sono, però, i rapporti che intercorsero tra Francesco Petrarca e Carlo IV di Lussemburgo che culminarono, nel 1356, con il viaggio ed il soggiorno del Petrarca a Praga, quando fu invitato ufficialmente per la prima volta alla corte dell'imperatore boemo.

Quello tra Carlo IV e il poeta aretino fu un rapporto di profonda stima reciproca (e, in un certo qual modo, di amicizia) di grande importanza a livello internazionale, in quanto ebbe come effetto principale quello di condizionare in maniera importante lo svolgersi delle vicissitudini politiche interne al Sacro Romano Impero, che riguardavano quindi gran parte dell'Europa. Petrarca, infatti, aveva preso molto a cuore l'intento di dare il suo fattivo contributo al fine di ripristinare in maniera duratura la pace tra i vari stati che componevano l'impero, e, soprattutto, di soffocare una volta per tutte lo scontro di potere cruento e dannoso che si era venuto a creare tra il papato e l'allora imperatore Ludovico IV, detto dispregiativamente "il Bavaro"; scontro che si stava ripercuotendo negativamente sulla popolazione.

Ma in che cosa consisteva, nella pratica, questo contributo? Fin dal 1346 Carlo IV, del quale Petrarca aveva già grande stima, era stato eletto dal papato (con l'appoggio della corte di Francia) anti-imperatore, in contrapposizione alla figura ufficiale di Ludovico il Bavaro, e sicuramente si sarebbe arrivati ad uno scontro violento tra le armate dei due imperatori, non fosse stato per il fatto che lo stesso Ludovico morì solamente un anno dopo, prima quindi che vi fosse il tempo di passare alle armi.

Dopo la morte di Ludovico, Carlo IV, nella sua veste di imperatore in-pectore, avrebbe potuto partire subito alla volta di Roma, in modo da essere incoronato ufficialmente, tuttavia il sovrano era probabilmente molto preso dalle sue innovazioni in Boemia (basti ricordare, ad esempio, che nel 1348 fondò l'Università Carolina di Praga, la prima a nord delle Alpi) e non si decideva ad intraprendere il lungo viaggio verso la capitale.

Il 24 febbraio del 1351 Petrarca, da Padova, decise quindi di scrivere una lettera a Carlo IV che fosse il più possibile rispettosa ma, al tempo stesso, determinata, per sollecitarlo a non esitare oltre e partire alla volta della penisola, per far valere la propria autorità.

Nella lettera il poeta parla, tra gli altri, a nome del defunto imperatore Enrico VII di Lussemburgo, nonno del sovrano e padre di quel Giovanni di Lussemburgo che Dante Alighieri definiva “il re ideale”, esortandolo a continuare nel suo intento di "prendere Roma e le sue lacrime e farne di nuovo uno stato" essendo lui morto prima di poter portare a compimento questa impresa.

Ricorda, in particolar modo, al nipote che nemmeno lui è immortale e gli consiglia, quindi, di muoversi velocemente, e attraversare al più presto le Alpi perché "Roma chiama il suo promesso sposo e l'Italia il suo salvatore, e brama di essere toccata dai tuoi piedi". L'appello si conclude con una considerazione bellissima: "Per i cattivi non sarai mai abbastanza titubante, mentre per i buoni non sarai mai abbastanza frettoloso. Già questo è motivo sufficiente a che tu ti sbrighi e porti ai buoni la gioia e ai cattivi pena oppure clemenza. Del resto tu sei l'unico a cui Dio onnipotente ha riservato la fama tardiva del mio sforzo inutile".

La lettera di Petrarca sortì il proprio effetto solamente tre anni più tardi, quando finalmente il sovrano decise di scendere nella penisola alla volta di Roma per ricevere ufficialmente la corona imperiale, partendo da Norimberga il 26 settembre, due giorni prima della festa di San Venceslao, figura alla quale Carlo IV era da sempre molto devoto.

Appena il Petrarca venne a sapere dell’arrivo in Italia del suo agognato imperatore, che nel frattempo si era fermato a Mantova (dove aveva subito dato inizio al processo di riappacificazione degli stati ricevendo gli ambasciatori di Milano, Venezia e Pisa), gli scrisse da Milano, dove nel frattempo si era trasferito e svolgeva incarichi per la famiglia Visconti, una lettera carica di entusiasmo, nella quale esprimeva anche la speranza di poterlo incontrare di persona.

Laura prende il cuore di Petrarca, affresco presso la casa del poeta ad Arquà Petrarca (autore sconosciuto)

Laura prende il cuore di Petrarca, affresco presso la casa del poeta ad Arquà Petrarca (autore sconosciuto)

Scriveva il Petrarca: “Per me non sei più re boemo, ma re del mondo! Ora sei già sovrano dell’impero e il vero imperatore. Troverai pronto tutto quello che ti ho promesso, non temere: la corona, il potere, la gloria immortale e anche la strada per il Paradiso!”.

E l’invito non tardò ad arrivare, Carlo IV inviò da Mantova il suo consigliere e uomo di fiducia Sagremor de Pommiers, un francese di origini nobili che militava per legame di parentela al servizio dei Visconti, in modo che recapitasse il suo messaggio al poeta.

Nonostante (come scrive ad un suo amico lo stesso Petrarca) l’inverno iniziasse a farsi più rigido, il nostro non poté certo rifiutare di raggiungere il suo imperatore e si mise quindi subito in viaggio, raggiungendo Mantova in appena quattro giorni, viaggiando, come lui stesso ammette, ogni giorno fino a notte inoltrata, in modo da arrivare al più presto.

Durante il soggiorno a Mantova, Petrarca trascorse un’intera giornata in compagnia del sovrano che tanto aveva atteso. In quell’occasione Carlo IV gli chiese di avere in dono, quando fosse stato completo, una copia della sua opera “De viris illustribus” (Dei veri illustri), richiesta alla quale il Petrarca rispose con queste parole, che lui stesso ci ha tramandato: “Per quanto riguarda me, quest’opera richiede adeguato tempo di vita, poiché le grandi cose non possono essere compiute in fretta. Per quanto riguarda te, imperatore, bisogna che tu sappia che soltanto dopo sarai degno di questo dono e di quel titolo che porta il mio libro. Quando ti aggiungerai agli illustri non solo con la lucentezza del tuo rango e con la corona, ma con le tue azioni e con i tuoi meriti e se vivrai in modo che i tuoi discendenti leggeranno di te come tu leggi degli eroi del passato”.

Poi, dopo aver pronunciato queste parole, Petrarca fece dono al sovrano di alcune monete d’oro e d’argento con le effigi di antichi sovrani (tra i quali spiccava quella dell’imperatore Augusto) e gli disse: “Guarda imperatore, al posto di chi sei arrivato, a chi dovresti assomigliare, chi devi ammirare. Loro sono il tuo esempio, a nessun altro tranne te le avrei date. Il tuo gran potere mi ha spinto a farlo, io conosco benissimo il loro carattere, i loro nomi e ciò che hanno compiuto. Il tuo compito, però, non è soltanto quello di conoscerli, ma di camminare all’interno delle loro orme”. Secondo Petrarca, Carlo IV accettò il suo dono con tale gioia che sembrava non avesse mai ricevuto in vita sua un regalo più bello.

Mentre l’imperatore riprendeva il suo lungo viaggio verso Roma, Petrarca entrò in contatto, per via epistolare, anche con alcuni personaggi di spicco della corte di Praga, tra cui Jan ze Středy, allora cancelliere e vescovo di Neuburg, che divenne poi arcivescovo di Praga e infine cardinale. Tra i due si venne presto a creare un reciproco rapporto di grande stima e affetto tanto che, quando Carlo IV elesse Francesco Petrarca al titolo di conte palatino, conferendogli numerosi privilegi, fu lo stesso Jan a redigere il diploma e ad inviarlo al poeta, racchiuso in una teca d’oro.

Proprio a Jan ze Středy si deve in gran parte l’invito, che il Petrarca ricevette qualche tempo dopo, di fare visita all’imperatore a Praga. L’occasione per intraprendere il viaggio si presentò finalmente nell’estate del 1356, quando il poeta venne inviato alla corte imperiale come ambasciatore di Galeazzo Barnabò Visconti. Il motivo del viaggio non è del tutto certo, la famiglia Visconti (potentissima a Milano, tanto che ancora oggi ritroviamo il loro stemma nobiliare, ovvero il famoso “biscione”, in tante realtà aziendali lombarde, come ad esempio il gruppo Fininvest e Mediolanum, l’Alfa Romeo e il vecchio stemma dell’Inter) non era certo grande amica dei Lussemburgo. Addirittura si dice che, dietro al tentativo di avvelenamento che lo stesso Carlo subì durante il suo primo viaggio in Italia per conto del padre, quando aveva ancora 15 anni, ci fosse proprio lo zampino della famiglia Visconti. Tuttavia, in quegli anni nel nord Italia, stava prendendo forma una lega anti-viscontea e, secondo alcune fonti, il Petrarca fu inviato proprio al fine di intercedere presso l’imperatore, affinché intervenisse in proposito.

Petrarca si mise quindi in viaggio verso Basilea e, dopo aver fatto tappa nella cittadina svizzera, partì finalmente alla volta di Praga, che raggiunse grossomodo alla metà di luglio, dopo un viaggio durato una ventina di giorni, e dove soggiornò per circa un mese. Così come si può solo ipotizzare il motivo di questa missione, non si sa se essa ebbe successo o meno. Di sicuro il soggiorno a Praga fu, per il Petrarca, un’ottima occasione per rinnovare il suo rapporto di amicizia con Jan e per guadagnarsi la stima e il favore di altri influenti membri della corte reale, in particolare quella dell’imperatrice Anna di Schweidnitz, seconda moglie di Carlo IV (la prima, Bianca di Valois, era deceduta nel 1348) e madre del suo successore Venceslao, in quanto il primo figlio dell’imperatore era morto da piccolo.

Questo rapporto di cordialità e stima tra il Petrarca e i membri della corte reale, ma anche di grande apertura nei confronti di territori all’epoca considerati “barbari” da un punto di vista prettamente culturale e letterario, è testimoniata da quello che lui stesso scrisse, l’anno successivo, in una lettera inviata all’Arcivescovo di Praga, Arnošt z Pardubic: “Ricordo bene con quale aspetto, con che animo e con quanta cortesia tu, l’anno scorso, hai saputo legare a te questo straniero che conoscevi soltanto di nome. Rammento con quanta gentilezza mi ripetevi spesso: “ti compatisco, amico, perché sei venuto tra i barbari”. E io, invece, confesso di non aver visto nulla di meno barbaro e di più umano di Cesare e di alcuni di quei sommi uomini che non sto qui a nominare, sommi e degni di maggior menzione e, per quanto posso dire io, cortesi ed affabili come se fossero nati nell’antica Atene.

Ma com’era Praga quando la vide Petrarca? Sicuramente molto diversa da quella che conosciamo oggi: il quartiere della Città Nuova era solo un piccolo embrione di quello attuale; la Città Vecchia era ancora cinta dalle mura, circondate a loro volta da un profondo fossato che oggi è il grande viale che congiunge Náměstí Republiky (Piazza della Repubblica) con Piazza Venceslao e che comprendevano il possente edificio in pietra dove si trovava la corte reale, accanto all’odierna Porta delle Polveri, che venne però costruita solo nel secolo successivo. Il municipio della Città Vecchia, con la famosa torre dell’orologio, era stato edificato da meno di vent’anni, ma il celebre orologio astronomico (realizzato solo nel 1410 e perfezionato poi nel 1490) non esisteva ancora. Non era possibile attraversare la Moldava a piedi. Il ponte di Giuditta, infatti, ovvero il primo ponte di pietra costruito a Praga, era già crollato a seguito di una inondazione, ma i lavori per la costruzione del Ponte Carlo sarebbero partiti soltanto l’anno successivo: ovvero il 9 luglio del 1357. I lavori di costruzione della cattedrale di San Vito, uno dei maggiori simboli di Praga, erano stati iniziati solo una decina d’anni prima e la chiesa era quindi ancora lontanissima dall’essere completata (l’intero processo di costruzione ha attraversato diversi secoli). Il castello, in vece, si presentava ancora in stile medioevale, con delle possenti mura al posto degli odierni palazzi. Il Quartiere Piccolo era caratterizzato dalle case dei contadini e da grandi appezzamenti di terreno agricolo e pascoli, che si estendevano fino a raggiungere la base delle mura del castello. Infine l’elegante quartiere di Vinohrady, dove tanti italiani residenti a Praga hanno oggi la loro abitazione, era ancora interamente occupato dai celebri vigneti reali che gli hanno dato il nome.

Dopo quel primo viaggio a Praga, Petrarca fu invitato alla corte reale altre due volte ma, per vari motivi, non ebbe più la possibilità di tornarvi.

(Articolo pubblicato sul Volume 4 di CIAOPRAGA)

In copertina: Testa di Francesco Petrarca di profilo, (ca. 1840-1849), autore sconosciuto, Musei Civici di Lecco, Galleria Comunale d'Arte

LUCA VANNUCCI - Direttore del Laboratorio di Immunoterapia presso l’Accademia delle Scienze di Praga

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MARIA IACUZIO - Presidente dell'Italian British Association

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