TAI O - Il villaggio di pescatori fuori dal tempo
In un momento in cui Hong Kong sta passando dall’intenso attivismo delle proteste antigovernative all’ansia per una possibile epidemia da coronavirus, mi sono ritagliata un po’ di pace e serenità a Tai O, un piccolo villaggio situato sull’isola di Lantau.
I pescatori hanno iniziato a risiedere a Tai O fin dalla dinastia Ming, e un tempo la sua popolazione ha raggiunto il picco di trentamila abitanti. Ora invece, a causa del declino della produzione di sale e pesce salato, gli abitanti rimasti sono circa duemila.
C’è chi ha definito Tai O come una piccola "Venezia d'Oriente". A me ha invece fatto sorgere altri ricordi. Ci sono luoghi che riportano immediatamente alla memoria altri, per i quali proviamo un costante senso di nostalgia. Con loro sviluppiamo un legame speciale e a volte inspiegabile. A loro riserviamo momenti magici e personali. Altre volte sentiamo il bisogno di parlarne, di scriverne perché, come diceva Joan Didion, 'A place belongs forever to whoever claims it hardest, remembers it most obsessively…’ (Un luogo appartiene per sempre a coloro che lo rivendicano più profondamente, lo ricordano più ossessivamente…).
Così, mentre facevamo una gita sulla piccola barca che prometteva l'avvistamento non solo del villaggio visto dal mare, ma anche di rari delfini bianchi cinesi (che non abbiamo visto), un primo scorcio di Tai O mi ha riportato nel mio amato Myanmar (di cui ho scritto qui), precisamente sul lago Inle. Mi sono rivista seduta sulla lunga e traballante barchetta mentre ci dirigevamo dall'infinita distesa del lago verso i suoi piccoli canali, ricchi di rigogliosi orti – verdi isole galleggianti di frutta e verdura idroponica – ritagliandoci un passaggio tra i giacinti d'acqua, avvicinandoci alle mille attività che caratterizzavano ogni edificio ben piantato nell’acqua.
Tai O mi è sembrata quindi così familiare, tranne forse per gli striscioni pubblicitari in cinese. Siamo passati davanti a un ristorante bianco su palafitte decorato con lanterne rosse e a case di vari colori con esposti mandarini e crisantemi gialli sui balconi, o vasi di orchidee viola che penzolavano sotto le tende da sole verdi, mentre le barche dei pescatori riposavano allineate vicino alla riva.
Ed ecco che in uno 'split second' (e vorrei proprio utilizzare questa espressione: un secondo spezzato, frantumato in attimi, impercettibili per la loro brevità) mi sono ritrovata sul lago birmano, tra i motori sputacchianti e gracchianti delle imbarcazioni locali.
L'incantesimo si è presto rotto, e siamo scesi non dove eravamo saliti, ma sul molo che porta al Tai O Heritage Hotel, una bella costruzione bianca in stile coloniale che risale al 1902, quando fungeva da stazione di polizia marittima sulla piccola collina accanto al punto di sbarco dei traghetti, e il cui compito era di esercitare controllo sull’isola di Lantau ma anche di respingere eventuali pirati. La stazione di polizia ha poi cessato di operare, ed è stata restaurata nel 2009 dalla Hong Kong Heritage Conservation Foundation Limited, che l’ha convertita in un boutique hotel di sole nove stanze.
Il Tai O Heritage Hotel è situato su una collina che si affaccia sul mare. Vanta lunghi portici e una grande terrazza con un lussureggiante e centenario albero di Banyan. Mentre passeggiavo, ho pensato che Somerset Maugham si sarebbe sentito perfettamente a suo agio a scrivere i suoi suggestivi romanzi ambientati in Asia in questo gioiellino panoramico in stile coloniale.
Ma la "vera" Tai O vive nelle strade del villaggio situato a breve distanza, seguendo una piacevole passeggiata lungo la baia. Le mangrovie sono sparse in mezzo al mare piatto come alberi in miniatura abbandonati per sbaglio in acqua da un Creatore distratto. Il sentiero passa attraverso case argentate con lucide pareti di alluminio, orti, un piccolo ospedale, una scuola elementare, l'ufficio postale e i bagni pubblici ospitati in una struttura bianca che assomiglia quasi a una piccola chiesa greca.
Una volta raggiunto il centro del paese, dall'odore nell’aria è emerso chiaramente ciò che maggiormente contribuisce all'economia isolana: il pesce essiccato. Di molti prodotti ittici secchi è stato per me impossibile indovinare i nomi, o immaginarne la forma originale. Altri erano appesi al soffitto e ondeggiavano come amuleti sacri destinati a scacciare guai. C’erano anche cartilagini gialle, tonde, lunghe e dalle svariate forme. Sembrava quasi di essere entrati in uno spazio dedicato a installazioni artistiche. E invece, tutto quanto esposto costituisce prelibatezza rara, da consumare facendola rinvenire in una zuppa o saltandola in padella con altri ingredienti.
Mentre a pranzo ci siamo gustati un piatto di noodles fritti, non poteva mancare il rituale propiziatorio della Danza del Leone, tipica del periodo del Capodanno cinese e di buon auspicio per il business. Lo scaltro leone, comandato da due esperti e con la ‘coda’ retta da un bambino, si è fermato a visitare ogni negozio e ristorante, distribuendo fortuna ai commercianti e ricevendo in cambio 'lai see', bustine rosse contenenti denaro, e foglie di lattuga, di cui si ciba. Abbiamo completato il pranzo e la nostra gita con il 'taufu fa', o 'fiore di tofu', un dolce caldo dalla consistenza di un budino morbido e vellutato da provare con una spolverata di zucchero rosso.
Il ritmo della vita di Tai O è molto lontano da quello della città. Qui la gente non corre, ma passeggia, e va in bicicletta. I bambini giocano indisturbati nella strada principale, poiché l'isola è tutta pedonale. L'odore di pesce essiccato si mescola ai calamari alla griglia e agli spiedini di 'fishball', alle gelatine di fiori di Osmanthus e di datteri rossi – tipici ‘street food’ locali. Si ha l'impressione che sia molto difficile per i residenti fare buoni affari e non solamente sbarcare il lunario vendendo snack o pesce essiccato o gestendo semplici ristorantini. Nonostante l'indiscussa unicità del luogo, il giorno della nostra visita c'erano pochissimi turisti e ancor meno acquirenti.
Forse la risposta sta in quanto altro gli abitanti di Tai O desiderano dalla vita. La pace, una routine lenta, e ciò che quell'angolo di isola offre sono già a loro disposizione. Non lontano, su un pezzo di terra che una volta era mare, si trova uno degli aeroporti più trafficati del mondo. Quanti sono stati tentati di partire, di volare verso altre destinazioni, o perlomeno di far parte della frenesia della città? Ma forse, più semplicemente, per loro non c'è altro posto che Tai O da amare, da rivendicare profondamente.
In copertina: Tai O
Immagini ©Danilo De Rossi