MARIA IACUZIO - Presidente dell'Italian British Association
Maria Iacuzio è di Mercato San Severino, Campania. Laureata in Scienze Politiche all’Università degli Studi di Salerno, si è trasferita in Inghilterra nel 1998. In seguito, si è occupata di ricerca economica, ha vissuto a New York nel 2004 ed ha lavorato come assistente Editor presso Il Sole 24Ore. Rientrata a Londra, ha studiato presso la Canterbury Christ Church University ottenendo il PGCE, l’abilitazione postlaurea all’insegnamento. Giornalista freelance, insegnante part-time e madre di due bambini, Maria non ha mai perso la voglia di promuovere e far conoscere meglio l’Italia. Questa forte passione l’ha portata a fondare, nel 2013, l’Italian British Association (IBA), un’associazione impegnata nella promozione della lingua, della cultura e dell’arte italiana.
Perché ha deciso di trasferirsi in Inghilterra?
Vinsi una borsa di studio post-laurea per l’Università di Reading, offerta dall’Università degli Studi di Salerno. Dopo due anni di ricerca sarei dovuta rientrare in Italia per tentare la prova di dottorato in Storia dei Partiti Politici, cattedra presso la quale collaboravo come assistente volontaria. Tuttavia, il piano originale mutò dopo aver conosciuto la disponibilità e “non arroganza” del mondo accademico inglese e dopo aver personalmente sperimentato la fluidità e meritocrazia lavorativa di questo paese.
Giornalista e scrittrice, esperta di comunicazione e pubbliche relazioni, insegnante, rappresentante politica e mamma: un vero vulcano! Come riesce a conciliare tutti questi impegni?
Ho sempre una “to do list” piuttosto lunga e spesso devo ritagliare e rimandare degli spazi che originariamente avevo dedicato a me. Devo darmi sempre delle priorità e provare ad eliminare le cose che non portano a nulla di costruttivo. In poche parole, per me il tempo è preziosissimo. Ho sempre avuto una visione utilitaristica del tempo, sin da ragazza. Anche nelle mie relazioni sociali mi piace avere incontri per parlare di idee o in funzione di qualche progetto comune, da organizzare per il futuro.
Nel 2013 ha dato vita, insieme ad un gruppo di donne italiane, all’Italian British Association. Com’è nata questa idea?
Ci siamo accorte che portavamo avanti già vari progetti, in particolare per i bambini, provando a creare occasioni per la promozione e la pratica del bilinguismo. Avevamo voglia di dare una maggiore forza e visibilità anche a progetti per le donne, oltre all’orgoglio di ben rappresentare il nostro paese in Inghilterra.
Qual è l’aspetto più gratificante del progetto IBA?
La possibilità di interagire e conoscere tante persone stupende accomunate dall’amore per l’Italia. Siamo seguite, infatti, sia da tanti entusiasti cittadini britannici, sia da italiani che cercano la possibilità di confrontarsi ed interagire con altri connazionali. Siamo conosciute dalle istituzioni locali, che apprezzano moltissimo il nostro lavoro volontario. Abbiamo creato un ponte tra le due culture e promuoviamo l'integrazione e l'immagine dell'Italia in quelle sedi. L’IBA, negli ultimi tre anni, si è occupata di numerosi progetti a promozione dell’immagine dell’Italia, spaziando dalla promozione dell’arte italiana, alla tradizione, alla lingua, alla socializzazione attraverso i nostri aperitivi e notti di gala, agli interscambi, alla promozione della letteratura italiana, ai problemi degli italiani all'estero, offrendo consulenza e informazione anche su tematiche come harassment sul lavoro e a casa, a protezione dei nostri connazionali.
E quello più frustrante?
L’assenza di risorse, sia economiche che umane, per portare avanti iniziative di qualità con una frequenza maggiore. Nell’ultimo anno abbiamo infatti diminuito il numero di iniziative a causa dei problemi di salute di alcuni membri dello staff direttivo.
A partire dal 2014 è stata eletta Vice Presidente dei Comites. Vuole raccontarci alcune suo impressioni su questi enti per gli italiani all’estero?
Sarebbe auspicabile, dal mio punto di vista, un rinnovamento sia del Comites (Comitato degli italiani residenti all’estero), che ha funzioni meramente consultive, sia del CGIE (Consiglio Generale degli italiani all’estero). Sono enti che per molti versi si presentano farraginosi nell’era digitale; in particolare il meccanismo di funzionamento del CGIE, lo rende lento e lontano da una rapida risposta ai problemi reali degli italiani all'estero.
Ritiene che l’attività da lei svolta in questo ambito abbia fatto una differenza per la comunità italiana in UK?
Spero di sì. Ho partecipato ad una serie di iniziative specifiche per gli italiani all’estero, come ad esempio: l’organizzazione di eventi informativi per i pensionati italiani a Surbiton e Kingston in materia di IMU (Imposta Municipale Unica), nel maggio 2016; gli incontri informativi sull’avvio di richieste pensionistiche e di esenzione o riduzione del canone Rai per gli italiani all’estero, anche tramite social media; la presentazione di importanti mozioni, insieme a Luigi Reale e Mariapia Tropepe, come la richiesta di aumento di personale al consolato di Londra che, dopo Buenos Aires, è quello che segue il maggior numero di italiani all’estero.
Qual è l’atmosfera che si respira, dopo la decisione a favore del Brexit?
Delusione ed incertezza per il futuro. Purtroppo ci sono tutti i segnali di uno spostamento a destra del mondo politico ma il Regno Unito, in particolare, che è stato sempre identificato con la tolleranza e l’accettazione delle diversità, ha sorpreso con il risultato referendario. I nostri connazionali e i cittadini europei residenti in UK sono molto preoccupati per il futuro, non esistono certezze su cosa e come cambierà per noi. Per la prima volta, anche se residenti di lungo termine in questo Paese, ci sentiamo stranieri.
Attualmente, a quali progetti sta lavorando?
Sto preparando una mostra intitolata “Italian Pows in England and a story of friendship”, che verrà allestita a partire dal 9 marzo, e resterà per un mese, presso il Museo di Kingston-Upon-Thames. Mi sto anche interessando di conservazione e salvaguardia di documenti storici: un’attività alla quale sono giunta in maniera casuale, ma che mi sta appassionando sempre di più, L’estate scorsa, infatti, l’IBA ha ricevuto in donazione un carteggio epistolare fra 3 militari italiani (soldati detenuti nel campo di prigionia di Hodnet, in Shropshire) e Ronald Harris, rappresentante degli NCC (Non Combatant Corps), responsabile del campo. Una storia d’amicizia molto bella, che continua quando i tre soldati rientrano in patria. Le lettere descrivono alcuni momenti difficili della vita nel campo, oltre alle difficoltà economiche incontrate dopo il rientro in patria. Sono molto orgogliosa che, grazie all’IBA, questo carteggio storico sia rientrato in Inghilterra dalla Danimarca, dove il figlio del signor Harris risiede. È importantissimo evitare la dispersione di materiale storico. Infatti, dopo la mostra, la documentazione verrà da noi depositata presso uno degli archivi di guerra inglesi.
(Intervista pubblicata sul Volume 3 di CIAOPRAGA)
In copertina: Maria Iacuzio, fotografia di Milena Cull