ANIL SINGH - La magia del sitar

ANIL SINGH - La magia del sitar

Ricordo di aver ascoltato il suono dolce e ammaliante del sitar quasi ovunque in India, la sua musica adatta a tutte le situazioni e momenti della giornata. Il sitar, uno strumento a corde pizzicate, affonda le sue radici nel Medioevo del subcontinente indiano dove, da allora, ha trovato la sua massima espressione.

Il ricordo più toccante, che riaffiora regolarmente nella mia mente, è del suono del sitar che aleggiava a Varanasi (Benares), sulle rive del fiume Gange, dove vengono deposte le ceneri dei defunti affinché le loro anime possano essere trasportate in cielo e liberate dal ciclo di morte e rinascita. Era una fredda mattina d'inverno, la piccola barca su cui sedevo si muoveva lentamente sulle acque calme e la nebbia avvolgeva il fiume mentre il sole stava timidamente sorgendo. Le rive erano affollate di persone che facevano abluzioni, intonavano canti e davano l'ultimo saluto ai loro cari.

Ho contattato Anil Singh - suonatore di sitar di fama internazionale - dopo un recital tenutosi al City Hall Theatre di Hong Kong. Il suo concerto è stato per me un'esperienza meditativa, altamente calmante e ipnotica, che mi ha fatto rivivere i ricordi del periodo trascorso in India.

Anil suona principalmente musica classica indostana del nord dell'India e la prima metà del recital si è concentrata sui raga classici indiani - che potremmo descrivere come "forme melodiche" - improvvisati da Anil in base alle sue emozioni, al suo umore e all’ambiente che lo circonda. La cosa più sorprendente dei raga è che, pur nella loro improvvisazione, appaiono perfetti, come se l'esecutore avesse praticato gli stessi per ore e ore.

Ero curiosa di saperne di più sulla sua musica e sul suo strumento, e Anil mi ha gentilmente concesso un'intervista.

Anil, ci racconti qualcosa di lei. Quando e come è nata la passione per il sitar?

Ho iniziato a suonare quando avevo circa 7 anni, perché nella mia famiglia la musica era di casa. Mia sorella era una suonatrice di sitar di grande talento e io amavo sedermi accanto a lei e ascoltarla. Quando, in giovane età, morì, mia madre insistette affinché seguissi le sue orme e mi incoraggiò a non abbandonare mai il sitar, qualunque cosa dovesse accadere nella mia vita. Mi mandò da un maestro di sarod (il sarod è uno strumento a corde usato nella musica indostana del subcontinente indiano, ndr), il mio guru Rajesh Chandra Moitra, per ottenere una formazione musicale più disciplinata. È stato un periodo duro ma meraviglioso: mi svegliavo prima dell'alba e andavo lentamente in bicicletta al tempio per esercitarmi. Sono stato anche ammesso alla Banaras Hindu University, dove ho studiato il sitar in un contesto accademico adeguato. Ora sono molto grato di avere il sitar come compagno di vita. La musica è, secondo me, la migliore forma di yoga e attraverso la musica posso toccare i piedi di Dio.

L'improvvisazione è alla base del suonare il sitar e i raga sono il risultato di questo "flusso". Qual è la sua definizione di raga?

Per me, il raga è un'antica forma melodica che aiuta a raggiungere l'illuminazione. A volte, quando suono non mi sembra di farlo; quando chiudo gli occhi vedo Dio ed è come se lui stesse suonando per me. È un'esperienza molto personale, che non si riesce a esprimere a parole: a volte raggiungo questo stato mentale, altre volte no.

Qual è la differenza principale tra i raga dei diversi momenti della giornata e delle diverse stagioni?

La differenza sta, soprattutto, nell'applicazione degli swara (note musicali) o delle loro combinazioni. Nell'antica India, i musicologi meditavano sul suono e lo associavano all'ispirazione proveniente dalla natura, al fine di creare i raga. Si dice che le origini stesse delle sette note provengano da Madre Natura. Ad esempio, la nota "Pa" è molto simile al suono del loyal (cuculo indiano, ndr).

I maestri hanno collegato i raga o ragini a un periodo specifico, in base alla loro osservazione e contemplazione dei minimi cambiamenti nel corpo e nella mente umana durante il ciclo giornaliero, che evoca e stimola diversi stati d'animo ed emozioni. In questo, c’è molta teoria e anche una profonda e preziosa saggezza.

Si potrebbe dire che un raga è una combinazione di note (in hindi chiamate Sa, Re, Ga, Ma, Pa, Dha, Ni), in un tipico ordine ascendente e discendente. Il tempo di esecuzione di un raga dipende dal vadi (nota dominante) e dal samavadi (nota sottodominante), dalla consonanza e dall'applicazione di shuddha swara (nota naturale), komal swara (nota piatta) e tivra swara (nota acuta). Tuttavia, il sistema è piuttosto complesso, con molti modi alternativi di applicare le note e la relazione con il tempo.

Alcuni raga sono associati a specifiche stagioni. Ad esempio, si dice che il Raga Basant evochi la bellezza dell'arrivo della primavera, applicando entrambe le varianti tivra e shuddha, dando la sensazione che i fiori stiano sbocciando.

Cosa suggerisce a chi è interessato a imparare a suonare il sitar? È uno strumento che può essere approcciato in qualsiasi fase della vita, oppure è essenziale impararlo a suonare da giovani?

Con passione e determinazione, si può apprendere la musica a qualsiasi età. Tuttavia, per la maggior parte degli strumenti, compreso il sitar, si dovrebbe iniziare in giovane età, ad esempio a 8 o 9 anni. In questo modo si ha più tempo per esercitarsi e svilupparne la competenza.

Il sitar è considerato uno strumento particolarmente impegnativo. Questo perché, nel premere sulle corde, si prova parecchio dolore. Tuttavia, con forza di volontà e pratica costante, col tempo questo problema si può superare. Mantenere una mentalità positiva ed esercitarsi regolarmente permette a tutti di apprezzare la ricchezza e la bellezza della pratica del sitar.

Lei vive da tempo a Hong Kong. Qual è la sua esperienza nell'insegnare e nel suonare questa musica meditativa in una città così frenetica e trafficata?

Sebbene Hong Kong sia una città frenetica, sono riuscito a insegnare e a eseguire la mia musica meditativa anche in questo contesto. Tuttavia, solo pochi studenti hanno la pazienza di continuare a studiare. Ci vuole circa un anno per riuscire a comporre qualche pezzo semplice ma è necessaria una pratica costante, anche di 4-6 ore al giorno.

Sono grato al Professor Chuen-Fung Wong per avermi dato l'opportunità di condividere la mia musica, nella sua forma più pura, con il pubblico di Hong Kong. Ho molti ricordi da condividere sulle mie esibizioni in questa città.

Quando pensiamo al sitar, ci viene in mente un grande nome: Ravi Shankar, che negli anni Sessanta ha girato l'Europa e le Americhe suonando la musica classica indiana, aumentandone la popolarità all'estero. Si dedicò anche alla musica occidentale, scrivendo composizioni per sitar e orchestra. Sua figlia, Anoushka Shankar, ha seguito le sue orme. Qual è il suo punto di vista riguardo alla commistione tra la musica classica tradizionale indiana e quella occidentale?

La sensazione è diversa ma apprezzo questa fusione di vecchio e nuovo, a condizione che i musicisti siano sinceri nella loro espressione musicale. Ravi Shankar apparteneva al Maihar Gharana e, fortunatamente, anch'io ne faccio parte, essendo della quarta generazione.

(Il Maihar Gharana è uno stile di musica classica indiana originario delle regioni settentrionali del subcontinente indiano. La scuola è stata creata da Baba Allauddin Khan, uno dei più importanti insegnanti di musica del XX secolo nella musica classica indiana, ello stato di Maihar. Ogni regione ha il suo caratteristico "Gharana musicale”, ndr).

Ha qualche progetto o desiderio imminente legato alla sua musica?

Vorrei creare un'esperienza meditativa per il pubblico, guidandolo in un viaggio spirituale attraverso il mio Sitar. Sarebbe meraviglioso avere una comunità interessata a condividere questa esperienza. Dopotutto, la musica classica indiana è una delle più grandi forme di meditazione.

Le sette note vibrano delicatamente con i chakra interiori. Questo è un modo per sintonizzare la nostra anima con il divino. Mi piacerebbe anche collaborare con altre forme d'arte quando si presenterà l’occasione giusta.

Amazing Grace - Anil Singh

Dopo aver ampliato la mia conoscenza sul Sitar e sui Raga, mi sento pronta a partecipare al prossimo recital di questo strumento. Chiuderò gli occhi, aprirò il cuore, e continuerò i miei viaggi in India anche quando il sitar avrà smesso di suonare.

In copertina: Anil Singh
immagini per gentile concessione di Anil Singh

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