SANDRO BOTTICELLI – L'artista dell'armonia e della bellezza ideale
Un museo a cielo aperto, circondato da colline e caratterizzato da un clima temperato: questa è Firenze, indubbiamente tra le città d'arte più belle del mondo. Fin da quando ero una giovane matricola di Beni Culturali, ho sempre desiderato visitarla e assaporarne la tanto decantata magnificenza.
Inaspettatamente, un giorno arriva il mio momento. Poco prima della partenza è d'obbligo creare un itinerario, in cui non può ovviamente mancare la Galleria degli Uffizi.
Solo dopo essere giunta davanti alla biglietteria, realizzo davvero che tutto ciò non sta accadendo solo nei miei sogni. Varcata la soglia della Galleria, le prime sale appaiono una più bella dell’altra e non resisto al pensiero di quello che ancora mi attende.
Sono qui con il desiderio ben preciso di ammirare l’operato del grande Sandro Botticelli il quale, proprio attraverso i suoi magnifici quadri, inizia a parlarmi. Il mio primo incontro è con la maestosa ed elegante Primavera, una delle opere dell’artista da me preferite.
Per me, Sandro Botticelli, Firenze è sempre stata un porto sicuro e a lei ho voluto riservare tale quadro. La mia Primavera nasce nel 1482, periodo in cui ero appena rientrato in città dopo un soggiorno a Roma. Tra ninfe danzanti e un prato fiorito, la protagonista assoluta è Venere che, con il suo amore divino, ha il potere di sublimare gli istinti.
“Che bellezza disarmante”, penso.
Mi trovo davanti a uno dei capolavori del Rinascimento italiano, simbolo di eleganza ed armonia. Un po’ quello che il maestro Botticelli cercava all’interno di tutte le sue tele. Voltandomi, scorgo su un’altra parete La nascita di Venere (in copertina), punto di arrivo dell’ideale di bellezza botticelliano. La dea appare perfetta nella sua imperfezione e sembra quasi una metafora della vita: bella, malgrado le avversità.
Ritengo che questo soggetto possa ben suggellare ciò che voglio trasmettere. Venere non è solo la dea dell’amore fisico e profano ma può essere anche l’allegoria di un sentimento più puro, che alimenta l’energia del mondo. Per me, la bellezza vera è sinonimo di semplicità e solo grazie ad essa si può vedere la ricchezza dell’esistenza.
C’è una dolcezza così palpabile nel tratto del Botticelli, che pare che le sue donne traspaiano attraverso la tela stessa. I lineamenti irregolari, le spalle e le teste sproporzionate, i fianchi larghi, scompaiono lasciando il posto a un’armoniosa unicità, a una bellezza soggettiva che solo chi sa guardare oltre l'apparenza può pienamente apprezzare.
Un terzo quadro completa la triade mitologica: Pallade e il Centauro, sempre degli anni Ottanta del ‘400. La scena appare così pacata che non sembra delineare un conflitto tra il centauro ed Atena; ancora una volta, la delicatezza dei tratti ha la meglio su qualsiasi istinto carnale ed esprime un mondo interiore, dettato dalla ragione.
Botticelli, però, non è solo questo e ho modo di accertarmene subito, osservando il resto della sala degli Uffizi a lui dedicata. L’artista era noto anche per i suoi lavori a tema religioso, comprendenti le Madonne con bambino. Qui ho la possibilità di osservarne alcune, come la Madonna del Magnificat del 1481 (sotto a sinistra) e la Madonna della Melagrana del 1487 (sotto a destra) che, a un primo sguardo, non sembrano nemmeno dello stesso autore.
Ho tentato e ritentato innanzitutto di trovare un personale equilibrio stilistico. Nella Madonna del Magnificat, del 1483, la mia attenzione era focalizzata sul rendere il momento più solenne possibile, con una geometria che forse ha cristallizzato troppo i gesti. Ma poi, pian piano, ho acquisito più libertà di movimento ed ecco che quattro anni dopo è nata La Madonna della Melagrana.
Ulteriore elemento che riscontro, mentre mi muovo tra un’opera e l’altra, è legato alle influenze che Botticelli ha subito e che l'hanno aiutato a capire chi volesse diventare. Un pensiero più maturo, che si ritrova nel Ritratto d'uomo con medaglia di Cosimo il Vecchio, ispirato alla ritrattistica fiamminga, fino ad un modus operandi più cupo, presente nella Calunnia del 1495.
Sono conscio della complessità iconografica di questo mio lavoro ma mi trovavo in un momento di particolare crisi. Attraverso i forti contrasti luministici e una chiara espressività dei volti, ho cercato di riversare nella Calunnia il mio dissidio, prendendo ancora una volta spunto dalla mitologia.
Il titolo del quadro grida eloquenza: Botticelli si ispirò al soggetto dipinto dal pittore antico Apelle, in risposta a una grave accusa di cospirazione che gli era stata rivolta. Osservo lo sconsiderato Re Mida sulla sinistra, davanti al quale sta in piedi la personificazione del Livore che tiene in braccio la Calunnia. Sembra tutto perduto ma, dalla parte opposta, ecco la Nuda Veritas: l’unica che può tenere testa all’ingiustizia.
Il mio giro per la Sala sembra giunto al termine. Dando un’ultima occhiata a questa bellezza, ringrazio il Maestro: altrettanti capolavori mi aspettano. È stato un excursus interessante, che mi ha ricordato quante emozioni riesca a trasmetterci l’arte e quanto sia un toccasana per l’anima.
In copertina:
La nascita di Venere (1485), Galleria degli Uffizi, Firenze
(immagine di Pietro Zanarini)