IL CARNEVALE DI MAMOIADA – Tra mito e tradizione
Quando chiudo gli occhi, riesco ancora a sentire il freddo pungente di quando, di recente, ho partecipato al mio primo Carnevale di Mamoiada. Ancora oggi mi accompagnano le sonorità e i colori di quel giorno, rimasti impressi nella mia mente.
Il Carnevale di Mamoiada, in provincia di Nuoro, è senza dubbio uno dei più noti e caratteristici d'Italia, un punto di incontro tra mistero, fascino ed energia. Vivere questa esperienza in prima persona, dopo averne sentito tanto parlare, mi ha fatto sentire come una bambina al suo primo giorno di scuola: incerta su come si sarebbe evoluto, ma piena di entusiasmo.
Di buon mattino, sono arrivata in paese e la mia prima tappa è stata la Bottega Mameli, uno dei luoghi in cui le maschere mamoiadine prendono vita. Siamo stati accolti da Daniele, figlio del fondatore della bottega, Ruggero Mameli. Per oltre trent'anni, Ruggero ha scolpito il legno creando maschere che sono vere e proprie opere d'arte, ancora indossate oggi dai Mamuthones e dagli Issohadores, i protagonisti principali di questo particolare carnevale.
Mentre Daniele ci illustrava le varie fasi del lavoro, il mio sguardo è stato attratto dalle maschere dai tratti aquilini dei Mamuthones, che giacevano sul tavolo a fissarmi. Questo incontro visivo mi ha permesso di notare la marchiatura a fuoco "Mamuthones-Mameli-Mamoiada", che garantisce l'autenticità, l'origine dalla bottega e l'unicità di ciascuna maschera.
Dopo aver lasciato la bottega, accompagnata dal frastuono delle strade del paese, sono giunta all’Associazione Culturale Atzeni-Beccoi, il cuore pulsante del carnevale di Mamoiada. È qui, come ci ha raccontato la nostra guida Manuela, che nel 1975 Costantino Atzeni fondò il primo gruppo di Mamuthones e Issohadores.
Con il mio gruppo, siamo scesi dalle scale che ci hanno condotto al luogo dove avviene la vestizione dei Mamuthones, i quali indossano pelli di pecora nera (mastruca) e "sa carriga", ovvero l'insieme di campanacci di varie dimensioni da posizionare sulla schiena, che possono pesare fino a 40 chilogrammi.
Nonostante lo spazio fosse ridotto per contenerci tutti, i miei occhi hanno subito catturato un intero universo, pronto a manifestarsi in tutta la sua potenza. Mantelli e campanacci, infatti, non hanno tardato a riapparire nel pomeriggio, durante la vera e propria sfilata.
Vestiti con cura e con indosso la maschera nera, i Mamuthones si sono allineati in due file parallele, pronti ad ascoltare le indicazioni del "guidatore", che dirige il passo. Al segnale di partenza, i decisi salti dei Mamuthones si sono sincronizzati al tintinnio dei campanacci, con un ritmo cadenzato di un passo in avanti, uno indietro, e così via.
Seguendo questo schema, le due file hanno eseguito tre salti sul posto, per poi fermarsi brevemente e ripetere il ciclo. Il momento di sospensione causato dall'incertezza non ha impedito che questo rituale potente e fragoroso mi catturasse immediatamente.
Successivamente, mi sono adattata al passo delle altre figure, in netto contrasto con i Mamuthones. Vestiti con maschera bianca, copricapo, corpetto rosso, camicia e pantaloni bianchi, ecco gli altri personaggi imprescindibili di questa manifestazione: gli Issohadores. Con salti agili, hanno avanzato e hanno iniziato a lanciare una fune verso le donne, come segno augurale.
Osservando attentamente questo movimento ipnotico e ben orchestrato, ho avvertito di essere coinvolta in una sorta di processione religiosa, scandita dal passo di volti misteriosi e coperti, simili e unici allo stesso tempo.
“Mamuthones e Issohadores: due facce della stessa medaglia, quasi come luce e oscurità.” Questo pensiero mi è balenato in mente, probabilmente ispirato dalla contrastante varietà cromatica. Nonostante la gravità dei loro vestiti scuri, i solenni Mamuthones sono apparsi agili tanto quanto i loro compagni dalle vesti colorate, con movimenti il cui significato resta ancora oggi incerto.
Colma di curiosità e ammirazione, dopo aver concluso il rituale, hanno preso avvio le mie riflessioni. Pur così diverse, queste creature mistiche narrano una storia che affonda le sue radici nei tempi antichi.
I loro passi, lungi dall'essere casuali, delimitano un confine tra morte e rinascita, uomo e animale, inverno e primavera. Sono il simbolo di un’isola che nel corso dei secoli ha subito dominazioni straniere, portando sulle spalle il peso di un’identità forte, che ha saputo resistere alle avversità.
Sulla via del ritorno, ho ripensato al solenne e ipnotizzante suono dei campanacci, alle silhouettes variegate e leggiadre degli Issohadores, all’entusiasmo delle persone attorno a me. Tutti questi frammenti si sono uniti per comporre un’immagine dai contorni nitidi, che mi ha fatto sentire ancor più orgogliosamente parte di questa meravigliosa terra sarda, ricca di affascinanti tradizioni.
In copertina:
Mamuthones © Mamuthones.it