CARLO PETRINI - Dallo Slow Food all'Università di Scienze Gastronomiche
Carlo Petrini, conosciuto come Carlin dai piemontesi, è nato a Bra in provincia di Cuneo e, con un’idea di giustizia agricola sostenibile e rispettosa delle identità, ha lentamente conquistato il mondo.
Per lui, mangiare non è solo un atto di sopravvivenza: è un'espressione di italianità.
Con Slow Food, attivo oggi in 150 paesi, Terra Madre con le sue comunità del cibo in 120 nazioni, il suo rinomato Salone del Gusto, e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha rivoluzionato la percezione dell’enogastronomia e del suo impatto su territori, agricoltura, ambiente e tutela dei saperi.
È amico di Carlo d’Inghilterra, ambasciatore della FAO e tra gli eroi del nostro tempo secondo Time Magazine. È stato anche indicato da The Guardian tra le 50 persone che possono salvare il pianeta. Lei come si definirebbe?
Non mi piace autodefinirmi. Se devo scegliere un aggettivo, direi ‘appassionato’. La passione è stata l’elemento distintivo per tutto ciò che riguarda l’agroalimentare.
Cosa immaginava di fare da grande e come è arrivato a costruire Slow Food, varie manifestazioni e l’Università di Pollenzo?
La mia strada è legata alla specificità del territorio dove sono nato. I miei genitori volevano che mi dedicassi a una professione tecnica, ma io avevo un’inclinazione più umanistica. Dopo l’istituto industriale mi iscrissi a Sociologia, che mi aiutò a capire meglio gli aspetti culturali e politici del territorio. Ho visto nella vicina Francia un modello di valorizzazione del territorio che poteva essere replicato nelle Langhe. Così, ho seguito corsi di formazione enogastronomica e ho iniziato a lavorare in questo settore. All’epoca non c’era la sensibilità che c’è oggi, ma sapevo che qui c’erano le stesse potenzialità della Borgogna.
Come si arriva a realizzare un progetto come Slow Food? Non basta solo un’intuizione, vero?
La mia formazione personale è stata segnata dall’impegno associativo. Quando ho iniziato, ero già dirigente dell’ARCI, l'Associazione Ricreativa Culturale Italiana. Lo spirito associativo era fondamentale. Creare la Guida dei Vini e la Guida delle Osterie d’Italia erano passi per costruire credibilità. Quando abbiamo deciso di acquistare l’area di Pollenzo sembrava un’impresa impossibile ma, grazie allo spirito associativo e al sostegno di 300 persone e molte imprese del territorio, ci siamo riusciti. Oggi abbiamo un’Università, la Banca del Vino e l’Albergo dell’Agenzia. La forza del sistema associativo coincide con il senso di comunità.
Come ha fatto Slow Food a raggiungere una dimensione internazionale?
La gastronomia come scienza e come elemento sociale ha aperto relazioni internazionali. Terra Madre, nata nel 2004, ha permesso di coinvolgere comunità di agricoltori di paesi poveri, evidenziando che anche loro hanno un’identità gastronomica di valore. La rete si è allargata da 40 a 150 paesi. Per avere successo a livello planetario, serve un’intelligenza affettiva, non rigide gerarchie. Le comunità situate nei vari continenti si autodeterminano. La crescita delle associazioni dimostra che l’approccio è positivo, non solo per il PIL, ma per la coscienza ambientale e la giustizia sociale, come scrivo nel mio libro Buono, Pulito e Giusto.
L'Università di Scienze Gastronomiche è nata in Italia “per caso”?
È un progetto che mancava all’Accademia mondiale. Oggi, dopo vent’anni, 17 facoltà in Italia portano il nome di 'Scienze Gastronomiche'. La multidisciplinarietà e l’approccio olistico all’enogastronomia erano novità vent’anni fa. Questo ci ha reso internazionali. Se avessi creato una scuola gastronomica italiana, sarebbe rimasta legata al solo territorio. Invece, il nostro approccio ha generato reti e connessioni consolidate.
Proprio nel 2024 ricorre, tra l’altro, il ventennale dell’Università di Pollenzo e di Terra Madre. Si sente un eroe?
Esageruma nen (non esageriamo, ndr), come diciamo noi piemontesi. Ci sono tanti eroi nascosti che non hanno visibilità. Il movimento è più complesso di un leader carismatico. Io ho avuto la possibilità di lasciare la presidenza di Slow Food Italia quindici anni fa e di Slow Food International quattro anni fa. Oggi c’è Barbara Nappini ma anche Edward Mukiibi, che contribuisce a ridimensionare l’eurocentrismo. Come fondatore, devo lasciare spazio alle nuove idee, anche a quelle che magari non condivido.
Quali sono i progetti e i desideri per il futuro dell’Università di Pollenzo?
Il desiderio è mettere in sicurezza l’Università nella sua dimensione internazionale. Oggi il 40% degli alunni non è italiano, vorremmo arrivare al 60%. La gastronomia deve diventare meno eurocentrica. Penso a corsi online, per permettere a tutti di beneficiare della formazione. Vorrei anche introdurre l’educazione alimentare in tutte le scuole del mondo. C’è grande ignoranza, oggi, e dobbiamo trasmettere valori e tradizioni che un tempo si imparavano in famiglia.
In copertina: Carlo Petrini © Jennifer Olson