FEDERICO MOCCIA – “L’amore è il motore del mondo”

FEDERICO MOCCIA – “L’amore è il motore del mondo”

In giro per Roma e ormai ovunque, nei luoghi più impensabili e lontani del globo, si vedono i famosi lucchetti lanciati dal successo di Tre metri sopra il cielo, romanzo d’esordio di Federico Moccia.

A diversi anni di distanza dall’uscita del libro, i lucchetti sono diventati il simbolo degli innamorati che si promettono amore.

Moccia è uno degli scrittori più amati ed apprezzati nel panorama letterario odierno, con oltre 10 milioni di copie vendute. Regista, autore, sceneggiatore, la sua scrittura ha conquistato intere generazioni.

Lo scrittore romano è tornato in libreria con il nuovo romanzo (edito da SEM) La ragazza di Roma Nord, un progetto letterario particolare e originale, che tramite il contest narrativo Il cantiere delle storie ha visto la partecipazione dei lettori con le loro poesie e racconti: oltre 1000 i partecipanti, di cui soltanto 8 sono stati scelti dalla squadra editoriale di SEM e dall’autore per far parte del volume. Anche questa volta l’amore è al centro.

È proprio Federico Moccia a parlarci del libro e a raccontarci qualcosa di sé.

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Federico Moccia, che rapporto ha con il successo?

Lo stesso di quel bellissimo aforisma di Khalil Gibran ‘Una radice è un fiore che disprezza la fama’. Cerco il più possibile di essere una radice e considero i miei lettori un dono. La responsabilità verso di loro per me è un obbligo morale. Mi riferisco all’impegno, alla serietà alla sincerità della passione con cui lo scrittore deve affrontare la pagina per restituire al meglio una storia che ha nell’anima e che vuole narrare. Questo per me vale a prescindere dall’età di chi mi legge. Ho sempre pensato che il successo non sia ciò che si realizza nella vita, ma riuscire a ispirare in qualche modo gli altri. Se tutto quello che faccio da anni dà modo alle persone di credere di più nei propri sogni e cercare di realizzarli, per me è il risultato massimo. Sono emozionato, stupito e felice di rappresentare in qualche modo un amico per i lettori di qualunque età. I ragazzi che avevano letto “Tre metri sopra il cielo” quando uscì, ora sono degli adulti e hanno letto le altre mie storie, quelle di Niki, Alex e le Onde, quelle di Nicco, di Carolina, di Sofia, Andrea e Tancredi e ora quella di Alice, la ragazza di Roma Nord. Si dice spesso che "successo" è il participio passato del verbo "succedere" e che quindi è il risultato di ciò per cui si è lavorato. Per questo lo considero un punto di partenza e mai d'arrivo. Il successo è una dimensione che inganna. Per me non ci si può mai sentire "arrivati", perfetti, indiscussi. Per me esiste un solo motto: dai sempre il meglio di te stesso, qualunque sia questo meglio. Bisogna impegnarsi, lavorare sodo, avere idee, realizzarle e quando si è concluso un progetto, bisogna subito passare al successivo, senza gongolarsi e vivere nella bambagia. Perché, semplicemente, la vita è questo: fare e cercare di fare bene. Sono onorato che moltissime persone in Italia e all'estero leggano i miei libri, mi scrivano e mi considerino qualcuno con cui confrontarsi. Lo considero un immenso regalo. Se avere successo significa perdere di vista chi ci ha considerato, sentirsi superiori agli altri, è un approccio che non amo e non mi appartiene. Per me il vero successo è una ricerca continua. Se riesco a far riflettere più persone su tutto questo con i miei libri e film, allora sì, allora ho vinto.

Lei è molto amato anche all’estero, i suoi libri sono stati tradotti in oltre 15 lingue e venduti in tutto il mondo. Che effetto le fa vedere i suoi libri pubblicati in altre lingue?

Mi sembra incredibile. Dal momento in cui tutto questo è iniziato, anni fa, il mio orgoglio più grande è sempre stato questo di essere in qualche modo portavoce dell'Italia in tutti i Paesi che hanno acquistato i diritti sui miei libri. Adesso è arrivato anche il momento in cui stiamo uscendo negli Stati Uniti. Mi sento un po’ come Cristoforo Colombo o Amerigo Vespucci. Sto navigando verso gli States alla scoperta di nuovi contesti e mentre grido “Terra!”, sorrido emozionato. Anni fa ho studiato a New York. La città mi aveva colpito tantissimo. Direi che fu un colpo di fulmine. Non è un caso che in alcuni dei miei libri io torni spesso a parlarne. Aspettavo da tanto questo momento. La trilogia di Babi, Step e Gin sbarca negli USA, dopo il successo avuto nei Paesi del Sud America e poi in Spagna, Portogallo, Russia, Bulgaria, Romania e gli altri. Sono orgoglioso e felice. Per me è un confronto costante quello col pubblico, amo moltissimo parlare coi lettori, ascoltare e leggere le loro impressioni, vedere come loro avrebbero voluto che si sviluppassero gli intrecci e trovo molto stimolante capire come le mie storie si adattano alle diverse caratteristiche dei Paesi in cui vengono tradotte e pubblicate, perché le sensibilità sono diverse. Pensiamo a quanti anni sono passati dalla prima edizione di “Tre metri” nel 1992 e poi dal riadattamento successivo, nel 2004; al fatto che i lettori più giovani di allora oggi hanno trenta e quarant'anni. Questo fa capire come certe storie siano davvero senza tempo, spesso ben oltre la volontà di chi le ha scritte. Figuriamoci se avrei mai pensato che divenisse un long seller, o che la frase “Tre metri sopra il cielo” campeggiasse per anni e anni sui muri delle città o venisse scelta come dedica d’amore. Quello che ha molto colpito all'estero è che io abbia pubblicato a mie spese un libro come “Tre metri sopra il cielo”, fenomeno letterario che si è fatto conoscere anche girando fotocopiato e che è considerato un long seller avendo venduto un milione e ottocentomila copie. All'estero sono grandi sostenitori del piccolo imprenditore che crede nella sua idea e investe: ciò è stato sicuramente il mio biglietto da visita. L'altro elemento che ha colpito molto è il fenomeno dei lucchetti: Ponte Milvio improvvisamente è diventato una leggenda, una meta desiderata, un passaggio obbligato nella città di Roma per gli innamorati. Chi ci va trova frasi firmate da nomi stranieri, che si sono recati lì a porre il loro lucchetto e a buttare le chiavi.  Ho incontrato anche due settantenni che hanno buttato la chiave nel Tevere dopo aver "messo al sicuro" il loro amore. Mi arrivano ogni giorno fotografie da ogni parte del mondo che ritraggono lucchetti con sopra le iniziali o i nomi delle coppie che li appendono come promessa d’amore. Le raccolgo con emozione, perché ancora dopo tanti anni non mi sembra possibile. Dei miei libri si parla tanto perché sono stati un vero e proprio caso. Poi perché sono ambientati a Roma, una città nota in tutto il mondo. Giovani e meno giovani trovano nelle mie storie un sentimento in cui qualunque Paese si riconosce.

Come sono cambiati i lettori nel tempo?

Credo che i giovani di oggi e quelli che lo sono stati, a prescindere dalle epoche, abbiano semplicemente voglia di comunicare e confrontarsi. L’amore è davvero il motore del mondo. Ci insegna a costruire, a condividere, a dare valore a quello che troppo spesso ci sfugge. Non siamo nati per essere soli, per chiuderci a riccio, per rifiutare gli altri. L’amore è sorriso. E il sorriso è un valore senza tempo: non significa solo incurvare le labbra verso l’alto, ma averlo dentro. Ogni volta che ho occasione di incontrare da vicino le persone che hanno letto i miei libri o visto i film per me è un regalo immenso, perché riesco a sentire finalmente dal vivo tutte le loro emozioni. C’è confronto, c’è scambio ed è questo che mi aiuta a migliorare e dà un senso al lavoro che ho fatto. Si scrive una storia non per tenerla nel cassetto, ma per condividerla con le persone più diverse, in modo da creare via via un arcobaleno di suggestioni nate dalle molteplici letture. I lettori oggi hanno semplicemente diversi e più strumenti rispetto a prima, ci sono nuove modalità di lettura (penso a ebook e libri on line, ad esempio, o alla grande diffusione rispetto a prima di audiobook di qualità). L’e-book, comunque, al momento non è un vero antagonista del libro cartaceo, ma è comunque un ambito ancora in divenire. La sensibilità di base però non cambia, trova solo più strade d'espressione. Tra il 2001 e il 2016 l’uso di Internet è aumentato in modo esponenziale tra i lettori, ma quando li incontro alle presentazioni o mi scrivono sui social e anche alle rubriche che curo sui giornali, non mi dicono cose così diverse rispetto a 15 anni fa, perché i libri che ho scritto in questi anni cercano di toccare lo stesso tipo di corde. Con loro ho un rapporto bellissimo di cui sono molto soddisfatto e curo con passione.

Secondo lei è diventato più complicato attrarre e coinvolgere i lettori?

Hanno solo più stimoli di prima e la possibilità di leggere storie in modo nuovo, interattivo. È la distrazione del bombardamento da stimoli che in teoria rende difficoltoso leggere con la dovuta attenzione. Alcuni dicono che oggi mancano i grandi referenti culturali, quelli che un tempo consigliavano titoli di valore ed erano considerati una specie di guru. Lettori professionisti con il polso qualitativo della situazione editoriale. Io non credo. Oggi ci sono i book-influencer con migliaia di visualizzazioni, capaci di spostare davvero l'andamento di un libro, quindi i referenti ci sono. Basta solo esplorare. La qualità, la sostanza, lo spessore pagano sempre, quindi non penso che sia diventato più difficile per molti autori stabilire un rapporto duraturo con i lettori rispetto ad anni fa. Non ha senso generalizzare. Quello che conta piuttosto è un invito continuo alla lettura, a frequentare biblioteche e librerie, ad andare alle presentazioni. E occorre l'impegno di tutti i soggetti coinvolti - editori, autori, librai, operatori culturali e istituzioni - affinché queste occasioni siano interessanti e non lasciate al caso e fatte controvoglia tanto per. E bisogna cercare di non basarsi solo sull'editoria commerciale, ma curiosare anche tra tutti i nuovi titoli. Le sorprese non mancano. Senza mai dare ‘la colpa’ di tutto al progresso digitale.

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Il suo nuovo romanzo La ragazza di Roma Nord è un progetto editoriale innovativo e originale: all’interno ha inserito i testi (racconti e poesie) dei lettori. Come le è venuta questa idea?

Sono abituato da anni a coinvolgere i miei lettori in vari modi. Dai social ai laboratori fino agli incontri. Ho grande stima e rispetto per chi legge i miei libri e mi segue dai tempi di "Tre metri sopra il cielo" e ce l'ho anche per la loro creatività. In quasi venti anni di presentazioni in Italia e per il mondo, i miei lettori mi dicono sempre che anche loro hanno una storia da raccontare. Ascolto le loro impressioni, leggo ciò che condividono con me, compresi momenti particolari delle loro vite. Mi scrivono spesso con la stessa sensibilità di un autore di valore. Per questo è stato lanciato questo contest. L'esperimento narrativo "Il Cantiere delle Storie" è un'idea unica e particolare nel panorama editoriale italiano. È nata quando ho proposto alla mia casa editrice SEM il progetto de "La ragazza di Roma Nord". Da quel momento con grande entusiasmo tutto l'iter si è messo in moto, con risultati davvero incredibili e oltre ogni nostra aspettativa. In passato ci sono stati dei tentativi di romanzo corale, ma tra autori già affermati. Oppure autori che hanno aggiornato i lettori durante la stesura del libro, facendosi ispirare da loro. Invece io ho chiesto ai miei lettori di contribuire direttamente alla scrittura dell’opera. Ho letto con attenzione tutti gli elaborati che sono arrivati (oltre 1000) e ho fatto una prima selezione. Mi sono basato su contenuti, capacità espressiva e attinenza al contesto del romanzo, in particolare al punto in cui li avrei poi inseriti contestualmente a ciò che stavo scrivendo, in modo che il risultato finale fosse armonico. Poi, procedendo "a imbuto", ho continuato a valutare la prima scrematura e ho stretto la cerchia. Infine, dopo altri vari passaggi di valutazione, sono arrivato alla rosa dei finalisti. A quel punto, anche con la preziosa collaborazione di SEM, abbiamo decretato gli otto vincitori. Ma ripeto, sono davvero grato a tutti i partecipanti, perché ognuno a suo modo mi ha regalato grandi emozioni. Ho cercato di dar loro l'occasione di vedere i loro nomi scritti su una copertina che adesso è in tutte le librerie. Come in molti sanno, quando proposi "Tre metri sopra il cielo" non lo volle nessun editore e quindi lo pubblicai a pagamento. Il successo è arrivato dopo dodici anni facendomi conoscere in tutto il mondo. Volevo dare a tutti la possibilità di pubblicare insieme a me. Così sono nate otto storie da altrettanti lettori, selezionate tra oltre mille elaborati, una partecipazione che mi ha commosso ed emozionato. Spero che ognuno dei partecipanti continui a coltivare la sua passione e magari un giorno possa vedere il proprio libro sugli scaffali delle librerie. Ne sarei davvero felice e se questo esperimento contribuirà anche solo in minima parte a farlo accadere, ancora meglio.

L’amore è sempre al centro dei suoi libri. Come viene concepito questo sentimento dai giovani di oggi?

Nella biblioteca universale del mondo, fatta dai libri che ciascuno di noi, prima, ora e in futuro leggerà, l’amore è stato raccontato in quasi tutte le sue sfumature. Io ho solo aggiunto la mia. Non ho mai seguito schemi precisi, non ci sono eroi ed eroine, cavalieri e principesse pur in chiave moderna. Le storie d’amore si leggono perché dentro ci siamo noi. Le storie ci danno risposte a domande che nemmeno abbiamo il coraggio di porci. Attraverso i personaggi ci conosciamo meglio e magari comprendiamo di più le persone con cui abbiamo a che fare. Oggi cambiano i modi, gli strumenti, tutto è più rapido, ma ricordiamoci che il senso profondo dell'amore resta quello di sempre, anche quando non sembra. E se lo tradisci arrivano i problemi, ora come decine di anni fa. L’amore ti fa fare qualcosa che normalmente non faresti mai, ti trasforma o, come amo dire, ti rende ciò che sei davvero. È magia in questo senso. Secondo me ci appassiona tutto quello che sa di verità. Ascoltare due persone che parlano d’amore è un insegnamento formidabile. Attraverso l’amore e i suoi sviluppi abbiamo una mappa della nostra società. Mi definiscono “scrittore generazionale”, ma io ci sto stretto. Non per la mia stazza fisica, ma proprio perché non amo i limiti delle definizioni. I giovani sono intensi, pieni di emozioni, domande, risposte da cercare, dubbi e volontà. Sono un universo magnifico in evoluzione. Io non faccio altro che osservarli con rispetto, pronto a farmi stupire ogni volta di più, anche grazie ai miei figli che stanno crescendo. Esistono, sono reali, per questo poi molti ragazzi si riconoscono in loro e molti genitori ritrovano i loro figli, quello che non svelano, nelle pagine che scrivo. Cerco sempre di essere onesto e diretto nel mio raccontare, realistico, anche quando lo spaccato che mostro sembra relativo. Ma non lo è. I giovani prendono quello che occorre loro per emozionarsi e crescere. E sarebbe sciocco pensare di essere i loro unici referenti. Lo dicono sempre i bravi allenatori: “squadra che vince non si cambia”. Quello che penso è che non bisogna tradire il proprio stile sforzandosi di essere un autore che non si è. Quando si è trovata la propria voce è bello seguirla. Amo le nuove sfide ma mi piace che mi si possa sempre riconoscere, in qualche modo. E la mia “cifra stilistica” vorrei che fosse sempre la realtà come miglior fonte di ispirazione, se non l’unica. Mi lascio trasportare dai miei ricordi di ragazzo e dalle storie che osservo e che mi vengono raccontate. Cerco di trovare un filo rosso che unisca le varie generazioni perché c’è e si chiama amore.

Quanto influisce la sintesi comunicativa interpersonale attraverso i social?

Va gestita e compresa a fondo. Non deve diventare un sostituto della comunicazione a tutto tondo. Il web è uno strumento come tanti altri. Amarsi solo in chat non è sufficiente, perché di fatto non è vero amore, è solo un inizio, una possibilità che poi va sviluppata e vissuta dal vivo, occhi negli occhi. Va fatta misurare con la realtà fisica ed emotiva, messa alla prova senza la protezione di un monitor, di uno schermo e di una tastiera. Quello che conta è essere consapevoli di quello che ci accade e che facciamo, in modo che accada senza subirlo.

Leggere aiuta a scrivere meglio? Se dovesse dare un consiglio agli aspiranti autori, quali tra i libri classici consiglierebbe?

Leggere aiuta a vivere e pensare meglio e quindi sì, anche a scrivere e comunicare con gli altri. La bellezza di leggere molto, di prendersi il tempo che serve (perché il modo c'è sempre, senza scuse, anche quando si ha una vita complicatissima, anche a costo di farlo solo per pochi minuti al giorno, ma con continuità), di spaziare e non fossilizzarsi solo su un genere, è quello che ci rende vivi e migliori, perché ci permette di conoscere più punti di vista sulle cose. Posso solo suggerire ciò che ho amato io, premettendo che ognuno deve e può farsi il percorso di lettura più adatto ai suoi gusti. L'amore è in tutte le storie, anche quando non espressamente dichiarato o esplicito. Quando ero un ragazzo non frequentavo solo i compagni di scuola e quelli che giocavano a calcio con me o coi quali andavo in giro. Non mi innamoravo solo delle ragazze in carne e ossa. Non mi confrontavo solo coi miei genitori e le mie sorelle. Avevo anche altre ragazze, altre famiglie, altri amici. Si chiamavano Martin Eden, Holden Caulfield, Huckleberry Finn, Weedon Scott, Alice, James Gatz, Momo, Caspian, Boka, Geréb, Nemecsek e molti altri nomi ancora. In ognuno vedevo un pezzetto di me, com'ero e come volevo essere, a ognuno di loro facevo fare qualcosa che non mi riusciva e imparavo osservandoli. Non erano fatti di carta. Erano con me. Mi portavano in giro, mi facevano arrabbiare e ridere e qualche volta mi davano consigli su come conquistare una ragazza o combinarne qualcosa. Dovessi fare un elenco, direi: La memoria del cuore di Kim e Krickitt Carpenter; Le parole che non ti ho detto di Nicholas Sparks; P.s. I love you di Cecelia Ahern; Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald; Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald; Martin Eden di Jack London; Alta fedeltà di Nick Hornby; Le braci di Sándor Márai; Follia di Patrick McGrath; Norwegian Wood di Haruki Murakami.

In copertina: Federico Moccia
immagini per gentile concessione dell’intervistato

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